Avviso ai naviganti «giallo-rossi»: l’occupazione che cresce è quella precaria
Puntuale, come il sole che sorge al mattino, arriva un governo e una maggioranza che festeggiano l’aumento dell’occupazione. Stavolta è il turno della nuova combinazione Pd-Cinque Stelle che celebrano l’aumento del precariato in nome del Jobs Act e del decreto dignità. Due provvedimenti presentati come opposti, ma in realtà convergenti. E il Jobs Act resterà come prima.
Puntuale come il sole che sorge al mattino la maggioranza di turno, e i ministri al seguito, festeggiano i dati Istat su un aumento dell’occupazione.
Per motivi opposti, ma in fondo convergenti, Maria Elena Boschi del Pd ieri ha detto che l’aumento dell’occupazione registrato nel secondo semestre del 2019 è stato causato dal Jobs Act: «È suo il merito se la disoccupazione è sotto il 10 per cento. Quando arrivammo noi [nel 2014, ndr.] eravamo al 13». La neo-ministra del lavoro Nunzia Catalfo ha sostenuto invece che i dati sono «l’ennesima testimonianza della bontà delle misure che come Movimento 5 Stelle abbiamo messo in campo nei primi 14 mesi alla guida del paese». Si desume del «decreto dignità» che ha effettuato una modesta manutenzione sui termini e le clausole dei contratti a termine, restando del tutto organico all’impostazione del Jobs Act che ha deregolamentato il lavoro precario e ha abolito l’articolo 18. Una legge che non è stata abolita nei «14 mesi» pentaleghisti, va ricordato.
Boschi non ha specificato quale occupazione è aumentata, Catalfo invece si è soffermata solo sui «permanenti» . Un post su Facebook dei Cinque Stelle ha proposto la somma totale degli occupati in più, 130mila,tra permanenti e a termine indicati dall’Istat. Il tasso di occupazione è salito al 59,1%, si è ridotto il numero dei disoccupati: meno 260 mila in un anno, -9,3%, Tutto bene, allora, qual è il problema? Il problema è che la struttura del mercato del lavoro e di quello produttivo, modellata e amplificata dal Jobs Act entrato in vigore il 7 marzo 2015, e che la nuova maggioranza non ha intenzione di modificare, non è cambiata. Capirlo non è difficile. Basta leggere la sintesi del rapporto sul sito dell’Istat a metà del terzo paragrafo. Non è difficile. «Si arresta la crescita degli occupati a tempo pieno mentre prosegue l’aumento del tempo parziale – si legge – l’incidenza del part time involontario è stimata al 64,8% dei lavoratori a tempo parziale (+1,2 punti).
Alla crescita dell’occupazione soprattutto nel Nord e più lievemente nel Centro (+0,7% e +0,1%, rispettivamente) si contrappone, per il terzo trimestre consecutivo, il calo nel Mezzogiorno (-0,3%)». Dopo un rimbalzo dell’occupazione dipendente, che non ha intaccato in numeri assoluti il lavoro a termine, siamo in «una fase di sostanziale ristagno dell’attività economica confermata, nell’ultimo trimestre, da una variazione congiunturale nulla del Pil». Significa stagnazione, l’occupazione naviga a vista. Come il governo.
di Roberto Ciccarelli
da il manifesto del 13 settembre 2019
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