Caos vaccini, ma la Lombardia fa l’accordo con Confindustria

Nel pieno della bufera sui ritardi e i disservizi nelle vaccinazioni la Regione Lombardia si gioca il diversivo dell’annuncio ad effetto: siamo i primi a vaccinare in azienda. L’accordo è un favore a Confindustria Lombardia che ottiene di vaccinare i dipendenti delle aziende a lei associate appena sarà possibile, ed è stato sottoscritto insieme a Confapi e Anma, l’associazione nazionale medici d’azienda e competenti. Una fuga in avanti della giunta lombarda che anticipa il piano nazionale in arrivo a giorni dal commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo.

Scavalcando i sindacati, Confindustria e Regione Lombardia fanno da apripista a livello nazionale per accordi simili. La delibera votata dalla Giunta Fontana prevede la possibilità di vaccinare i dipendenti tramite i medici aziendali. «L’azienda organizza il reclutamento alla vaccinazione, ovvero raccoglie le adesioni dei lavoratori che intendono vaccinarsi in azienda» è scritto nella delibera. Particolare che potrebbe aprire problemi di privacy per i lavoratori che non intendono vaccinarsi.

Le dosi saranno quelle piano massivo nazionale, la delibera non indica un momento d’inizio della campagna. Tutti si augurano che per quel momento anziani e categorie fragili abbiano ricevuto la loro dose, in Lombardia non è scontato visto il caos con cui sta procedendo la campagna per gli over 80 e nelle zone più colpite dal virus come il bresciano. Fontana e Moratti promettono che saranno rispettate le priorità che verranno indicate dal piano nazionale, ma nei fatti avviano un percorso rivolto alle categorie produttive. Tornano alla mente le parole di Letizia Moratti sui vaccini da distribuire alle regioni che producono più Pil.

Esulta il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, l’uomo che più avversato le zone rosse in questa regione. «Questo protocollo è l’espressione della volontà di ripartire della Lombardia mettendosi alle spalle il triste capitolo della pandemia».

Esclusi i sindacati da questo accordo, che protestano. Cgil, Cisl e Uil parlano di «decisione ingiustificata fuori dai protocolli condivisi». Ma perché questa accelerazione? «Serve a coprire le mancanze sul piano vaccinale, è un’accelerazione senza alcuna ragione» dice Elena Lattuada, segretaria generale della Cgil Lombardia. «Spetterà al governo decidere come vaccinare, chi, quando, con quali modalità. Non c’era alcuna urgenza in questa fase, pensassero invece a vaccinare chi ne ha diritto in questo momento e aspetta da settimane».

A livello nazionale è stato avviato un percorso che coinvolge anche le parti sociali, quanto fatto in Lombardia indica una modalità e un approccio alla gestione della pandemia: noi annunciamo, chi vuole aggiungersi se vuole lo farà dopo. «Era necessario aspettare il piano nazionale. Noi non siamo stati consultati e contesto quando detto da Letizia Moratti in conferenza stampa a proposito del coinvolgimento dei sindacati» dice ancora Lattuada. Ma cosa faranno ora i sindacati? «Continueremo a lavorare per il protocollo nazionale e per renderlo operativo anche nei luoghi di lavoro. Questo protocollo vede solo il protagonismo delle aziende, è un problema» conclude Lattuada.

La delibera è stata inviata al Commissario nazionale Figliuolo che farà le sue considerazioni. Intanto altre due regioni governate dalla Lega, Veneto e Friuli, manifestano interesse. L’Assessore alla Sviluppo economico Guido Guidesi si augura addirittura che il governo «possa copiare» il patto lombardo. «Non andiamo a cambiare il piano nazionale e le priorità. Quello che facciamo è attualizzare una ricetta che storicamente è stata vincente: fare squadra tra pubblico e privato, nella speranza che gli altri e il governo ci copino».

Le premesse non sono delle migliori. L’ultima segnalazione del caos vaccinale lombardo arriva dal centro di Antegnate, in provincia di Bergamo, dove ieri erano previste mille vaccinazioni alla popolazione over 80 e ai cittadini con più di 60 anni dei comuni maggiormente colpiti del Basso Sebino, ma gli sms che il sistema informatico dovrebbe inviare per avvisare le persone non sono partiti e così dalle 8.45 è stato il deserto e gli operatori sanitari sono stati trasferiti alle attività ordinarie.

di Roberto Maggioni

da il Manifesto dell’11 marzo 2021

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