«Cultura aziendale tossica». Contro i licenziamenti vicepresidente di Amazon si dimette

Tim Bray, uno dei vicepresidenti di Amazon, ha rassegnato le sue dimissioni a seguito dei licenziamenti di dipendenti rei di avere sollevato preoccupazioni riguardo la sicurezza dei lavoratori durante la pandemia.

«Rimanere un VP di Amazon avrebbe significato approvare delle azioni che disprezzavo – ha scritto Bray in un post sul suo blog – Così mi sono dimesso». Nel suo lungo post Bray ha affermato che i licenziamenti sono «progettati per creare un clima di paura» e ha lanciato accuse pesanti alla società di Jeff Bezos, affermando che è inaccettabile licenziare e denigrare i dipendenti che organizzano delle proteste perché preoccupati per la situazione lavorativa durante la pandemia.

Nei giorni passati Amazon si era difesa affermando che i lavoratori stavano «diffondendo disinformazione e notizie false su quanto fatto dalla società».

Secondo Bray invece queste notizie sono vere: «Licenziare chi denuncia degli illeciti – ha scritto l’ex VP – non è solo un effetto collaterale delle forze macroeconomiche, né è intrinseco alla funzione dei mercati liberi. È la prova di una vena di tossicità che attraversa la cultura aziendale, e non voglio né servire né bere quel veleno».

Bray era il vicepresidente del dipartimento di cloud computing di Amazon, Amazon Web Services. La decisione non è stata indolore e Brady lo sottolinea: «Con gli stipendi dell’high teach e le azioni che mi venivano date, licenziarmi probabilmente mi costerà oltre un milione di dollari (al lordo delle imposte), per non parlare del miglior lavoro che abbia mai avuto, lavorando con persone terribilmente brave. Quindi, sono piuttosto giù di morale».

Perdere tutti i benefit però non lo ha fermato. Bray ha spiegato che la sua prima mossa era stata quella di indirizzare il suo disappunto «attraverso i canali appropriati e seguendo la procedura» perché «i vicepresidenti non dovrebbero diventare pubblicamente ribelli». «Non sono libero di rivelare i contenuti di quelle conversazioni, ma ho fatto presente molte delle argomentazioni che appaiono in questo post», ha scritto Bray.

Amazon ha rifiutato di commentare la decisione dell’ex VP. La pandemia ha portato a un aumento della domanda dei numerosi servizi di Amazon e anche a un rinnovato attivismo che è andato in supporto dei dipendenti che avevano sfidato le azioni dell’azienda già prima della pandemia.

La crisi scatenata dal coronavirus ha fatto il resto. A marzo Amazon aveva licenziato Chris Smalls dopo che il dipendente aveva organizzato una protesta per chiedere migliori condizioni di lavoro nel magazzino di New York in cui lavorava.

Un memo trapelato in seguito aveva mostrato il modo in cui i dirigenti, durante un incontro con Jeff Bezos, avevano parlato di Smalls, usando termini molto dispregiativi nei riguardi di un lavoratore preoccupato per la sicurezza sua e dei suoi colleghi.

Ad aprile Amazon aveva licenziato due designer che avevano criticato il trattamento dell’azienda nei confronti dei suoi magazzinieri. Uno dei designer, Emily Cunningham, su Twitter ha ringraziato pubblicamente Bray per le sue dimissioni.

di Marina Catucci

da il Manifesto del 6 maggio 2020

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