A Israele tutto, ai palestinesi niente
Il Piano Usa che si appresta ad annunciare Donald Trump lascia ai palestinesi sotto occupazione solo qualche briciola di territorio dove proclamare uno loro Stato senza sovranità.
Ieri mattina mentre Donald Trump annunciava l’intenzione di presentare nei prossimi giorni l’Accordo del Secolo, il suo «piano di pace» per il Medioriente, i vigili del fuoco di Gerusalemme erano impegnati a spegnere le fiamme divampate in una piccola moschea di Beit Safafa alla periferia meridionale della città. Un incendio doloso. La scritta su di un muro non ha lasciato dubbi sugli autori del rogo: «Kumi Ori non cede e distrugge i suoi nemici». E’ la firma dei coloni israeliani del «Prezzo da pagare»: attaccano luoghi di preghiera, case e auto palestinesi per vendetta quando ritengono di aver subito un torto da parte delle autorità israeliane. Kumi Ori è un avamposto coloniale. Da quando lo scorso ottobre l’esercito ha demolito un paio di container nell’avamposto, i coloni hanno compiuto decine di raid a Gerusalemme Est e in Cisgiordania.
«Nelle prossime settimane non vedremo solo queste aggressioni, assisteremo soprattutto a nuove occupazioni di terre da parte di coloni», ci dice il ricercatore ed attivista Dror Ektes, esperto di colonizzazione nella Cisgiordania palestinese occupata nel 1967. «Le anticipazioni del piano di Trump – spiega Ektes – annunciano l’annessione delle colonie ebraiche (circa 150 più un centinaio di avamposti, ndr) e pertanto rappresentano un via libera alla conquista di altre terre palestinesi che saranno assorbite da Israele. Sarà come dopo la vittoria di Trump alle presidenziali Usa nel 2016 quando il governo Netanyahu approvò migliaia di nuove case per i coloni approfittando del cambiamento avvenuto alla Casa Bianca». Il ricercatore è convinto che la decisione di Trump di presentare ora il suo piano rappresenti un tentativo di dare sostegno alla campagna per le elezioni del 2 marzo del premier di destra e suo stretto alleato Netanyahu, che nei sondaggi è dietro al capo dell’opposizione Benny Gantz. «Si faccia attenzione però» ammonisce Ektes «Gantz non è un centrista e un moderato, anche lui è di destra e va a caccia di voti tra gli estremisti. Il piano Usa perciò va bene a Gantz. Anche lui, seguendo i propositi di Netanyahu, qualche giorno fa ha detto di essere favorevole all’annessione a Israele della Valle del Giordano».
Gli avvertimenti di Ektes hanno trovato un immediato riscontro. I coloni, rappresentati da diversi ministri, vogliono tutto e subito. «Piena sovranità ora. Entro due settimane dobbiamo estendere la sovranità su tutti i nostri insediamenti. Ci si presenta l’occasione di estendere la legge israeliana sul 100 per cento degli insediamenti in Cisgiordania, prima ancora delle elezioni del 2 marzo, senza il riconoscimento di uno Stato palestinese e con l’assenso degli Stati Uniti», ha scritto ieri su twitter il ministro della difesa Naftali Bennett, leader della lista nazionalista religiosa Yemina. «È giunto il momento di agire. L’estensione della sovranità alla sola Valle del Giordano – ha aggiunto – significherebbe farsi sfuggire l’occasione migliore negli ultimi 50 anni, lasciando fuori mezzo milione di israeliani» (i coloni che vivono negli insediamenti in Cisgiordania).
Intanto il cinismo di Donald Trump non ha limiti. Il presidente Usa ripete che il suo piano sarà «molto positivo» anche per i palestinesi. Le sue proposte invece sono la realizzazione concreta e riconosciuta dagli Stati Uniti di bantustan palestinesi simili a quelli del vecchio Sudafrica. Nei propositi degli Usa, a Israele andranno la Valle del Giordano e le ampie parti dell’Area C (il 60% della Cisgiordania) dove sono situate le colonie, in aggiunta ad altre porzioni di territorio e a tutta Gerusalemme. Per 15 colonie israeliane, le più isolate, sarà trovata una soluzione. Nelle briciole di territorio che rimarranno – le città e i villaggi che già amministrano civilmente – i palestinesi potranno proclamare un loro Stato, che, è persino superfluo ricordarlo, non avrà sovranità reale. Peraltro solo a determinate condizioni: a Gaza Hamas dovrà consegnare le sue armi (e nessuno crede che questo possa avvenire) e i palestinesi dovranno riconoscere Israele come lo Stato del popolo ebraico con l’intera Gerusalemme come sua capitale.
Il piano Usa infatti è stato respinto dall’Autorità Nazionale (Anp) di Abu Mazen. In queste ore però emergono la solitudine internazionale e l’inadeguatezza dei dirigenti palestinesi a Ramallah, mentre Hamas ormai pensa a consolidare il suo emiratino a Gaza, grazie forse alla tregua a lungo termine che sta negoziando proprio con Israele. «Che Israele e Usa non valichino linee rosse» è il poco che è riuscito a pronunciare Nabil Abu Rudeina, il portavoce di Abu Mazen. Come l’Anp intenda reagire al piano di Trump non è chiaro. Non pochi pensano che l’unica risposta efficace sia mettere fine proprio all’Autorità Nazionale che amministra milioni di palestinesi sottraendo Israele alle sue responsabilità di occupante.
di Michele Giorgio
da il Manifesto del 25 gennaio 2020
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