Chi finanzia l’occupazione israeliana in Palestina?
DON’T BUY INTO OCCUPATION è una coalizione di 26 organizzazioni palestinesi ed europee che si occupa di far ricerca e diffusione dei prodotti e delle aziende israeliane che si arricchiscono grazie all’occupazione della Palestina
Booking.com complice dell’occupazione illegale della Palestina
Booking Holdings è un’azienda statunitense proprietaria di diversi marchi di siti e piattaforme dedicati ai viaggi. Tra questi, Booking.com.
La ragione? Promuovere strutture come il Kalia Kibbutz Hotel che sorgono su terreni illegalmente occupati da israele. E allo stesso modo anche Airbnb e Expedia, per rimanere nel settore turistico.
Nonostante alcuni passi avanti, il colosso del turismo continua a fornire ai potenziali visitatori informazioni ritenute da “Don’t buy into occupation” troppo scarse circa la natura dell’occupazione dei territori palestinesi. Oltre al fatto che, secondo l’organizzazione, queste strutture non dovrebbero nemmeno comparire sul sito, dato che si trovano su terreni illegittimamente sequestrati ed espropriati.
L’accusa della coalizione di organizzazioni non governative è netta e dura. Traendo profitto da alloggi in insediamenti illegali, Booking.com starebbe essenzialmente guadagnando grazie a crimini di guerra e crimini contro l’umanità, compreso l’apartheid.
Banche, assicurazioni e fondi
Tra gennaio 2018 e maggio 2021 quattro banche europee (Deutsche Bank, BNP Paribas, HSBC e Standard Chartered) hanno fornito a Booking Holdings prestiti per 590 milioni di dollari e 1,6 miliardi di dollari in sottoscrizioni. Inoltre, i primi 20 investitori europei (partecipazioni azionarie e obbligazionarie) di Booking Holdings detengono investimenti per un totale di 12,19 miliardi di dollari. I quattro più grandi investitori sono BPCE Group, Janus Henderson, Crédit Agricole e il fondo sovrano norvegese.
Sono 672 gli istituti finanziari che hanno relazioni con 50 aziende attivamente coinvolte nei territori illegalmente occupati da Israele. Banche, asset manager, compagnie di assicurazione e fondi pensione. Con un totale di 114 miliardi di dollari in prestiti e altri servizi, e 141 miliardi in partecipazioni azionarie o obbligazionarie.
«Il coinvolgimento di questi istituti finanziari – attraverso investimenti, prestiti bancari, estrazione di risorse, contratti di infrastrutture e accordi di fornitura di attrezzature e prodotti». scrive Micheal Lynk, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati nella prefazione del rapporto, «fornisce ossigeno economico indispensabile alle aziende che fanno affari negli insediamenti per crescere e prosperare». Un ruolo cruciale per facilitare la crescita della redditività economica dell’occupazione israeliana della Palestina.
Il database delle attività commerciali legate agli insediamenti nei Territori Palestinesi Occupati
Nel marzo 2013 la Missione d’accertamento dei fatti creata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha presentato un rapporto che approfondisce le implicazioni degli insediamenti israeliani sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali sul popolo palestinese. Nel rapporto viene elencata una lista di attività che sollevano particolari preoccupazioni circa la violazione di diritti umani.
A seguito della pubblicazione di questo rapporto il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha adottato nel marzo 2016 una risoluzione con la quale si fa richiesta all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani di redigere un database di tutte le aziende coinvolte in una serie di attività ritenute lesive dei diritti umani del popolo palestinese.
Dopo anni di ritardo dovuti a pressioni politiche, nel febbraio 2020 è stato pubblicato un database che individua 112 aziende israeliane e multinazionali. Un lavoro accolto con entusiasmo da molti attivisti per i diritti umani di tutto il mondo. Un primo passo per assicurare trasparenza e promuovere la responsabilità delle imprese, pur mancando di chiarezza circa la frequenza di aggiornamento della lista.
BNP Paribas, il maggiore finanziatore europeo delle aziende coinvolte negli insediamenti in Palestina
In totale l’istituto francese ha fornito negli ultimi anni 17,30 miliardi di dollari in prestiti e sottoscrizioni a 27 di queste 50 società. Quasi il 50% in più rispetto alla seconda della lista, Deutsche Bank. Inoltre, BNP Paribas ha investito in obbligazioni e partecipazioni azionarie per un valore totale di 3,34 miliardi di dollari in 30 società coinvolte nell’attività di insediamento illegale. Diventando il dodicesimo maggiore investitore individuato nel rapporto.
Turismo, prodotti militari e di demolizione delle abitazioni palestinesi
Dal 2018 al maggio 2021 la banca francese ha fornito 592 milioni di dollari di credito a Booking.com, oltre a concedere prestiti a Tripadvisor e Airbnb. BNP Paribas ha prestato inoltre 38 milioni di dollari a Elbit Systems, un’azienda che fornisce prodotti e servizi all’esercito, al ministero degli Interni e alla polizia israeliana. Compresi i droni utilizzati spesso durante le operazioni militari nella Cisgiordania occupata. Oltre a essere uno dei principali fornitori del sistema di recinzione elettronica del Muro di separazione.
Inoltre, BNP Paribas ha concesso ingenti prestiti a due aziende, Caterpillar, con sede negli Stati Uniti, e HeidelbergCement, con sede in Germania, entrambe importanti società di costruzioni che svolgono un ruolo logistico diretto nell’espansione degli insediamenti illegali. Who Profits afferma che le attrezzature di Caterpillar sono state utilizzate per operazioni illegali come demolizioni di case su larga scala, missioni di dissodamento di terreni nelle città palestinesi e arresti o uccisioni di palestinesi.
La coalizione Don’t Buy into Occupation ha cercato un confronto con la banca prima della pubblicazione del rapporto, offrendo la possibilità di commentare la sua posizione e il suo coinvolgimento negli insediamenti israeliani. BNP Paribas non ha risposto.
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