Due denunce per la nuova occupazione di LUMe
Due denunce per l’occupazione del nuovo LUMe ai Bastioni di Porta Venezia.
A meno di tre mesi dall’occupazione, con gli ormai noti ritmi forsennati della giustizia milanese quando si tratta di occuparsi di lotte sociali e politiche, oggi sono state notificate a due giovani studenti due denunce per l’occupazione del nuovo LUMe ai Bastioni di Porta Venezia. Uno stabile, ricordiamolo, di proprietà comunale.
Il reato contestato è il 633 del Codice Penale ovvero “l’invasione di edificio”. Un processo è già in corso, per lo stesso reato, contro gli studenti che due anni fa diedero vita al primo ZIP in Via San Calocero.
Oltre ai ritmi rapidissimi di Questura e Procura colpisce il costante restringimento degli ambiti di agibilità e conflittualità nella metropoli. Il fatto che la vicenda di LUMe, che quest’Estate ha fatto molto discutere in città a seguito dell’inaspettato sgombero di fine Luglio, venga trattata come “vicenda criminale” e non come questione eminentemente politica la dice lunga sui tempi che stiamo vivendo…
Qui di seguito il comunicato di LUMe:
GRAVE ATTACCO A LUME, 2 attivisti denunciati per occupazione.
Pochi minuti fa due nostri compagni, studenti dell’università Statale, hanno ricevuto la notifica di conclusione delle indagini preliminari da parte di funzionari della DIGOS.
Il reato per il quale sono indagati riguarda l’occupazione dell’ex magazzino del verde di viale Vittorio Veneto, attuale sede di LUMe.
La procura ha deciso di utilizzare, per colpire i nostri compagni – per la prima volta nella storia recente dei movimenti milanesi – l’art. 339 bis che prevede la procedibilità d’ufficio per le occupazioni di spazi pubblici.
Le opzioni sono dunque due: la prima, il Comune ha deciso di lavarsene le mani chiedendo l’utilizzo del citato articolo, in modo da non comparire tra i denuncianti ed evitando così di doversi esporre sul tema. La seconda, la Procura ha nuovamente deciso di intromettersi in questioni politiche dettando la linea sulla riappropriazione degli spazi, approfittando cioè del vuoto normativo e politico lasciato dalle istituzioni che dovrebbero essere competenti.
È assurdo che il Comune di Milano – fosse anche estraneo ai provvedimenti penali presi – continui a non prendere posizione, rimanendo incapace di rompere l’assordante silenzio in materia di usi civici e Beni Comuni.
Ci domandiamo, infine, in cosa consista la proprietà pubblica necessaria ad integrare la procedibilitá d’ufficio ex 339 bis cp.
È forse amministrato pubblicamente – e quindi in nome dell’interesse generale – un immobile chiuso da 30 anni, utilizzato come discarica di macerie e come rifugio per le colonie di ratti presenti in zona, oltreché ex sede di spaccio e consumo di eroina?
Siamo costantemente portati a credere che le P.A. non siano più in grado di amministrare quei beni di cui, è bene ricordarlo, non sono proprietari, ma solo gestori pro tempore.
Il degrado e l’abbandono a cui numerosi immobili oggi sono destinati diventa sempre di più un pretesto per proseguire il disegno di alienazione del patrimonio immobiliare pubblico a vantaggio dei profitti privati.
Per questo riteniamo necessario opporre a questa sempre più illusoria distinzione “pubblico/privato” la categoria di “comune” invitando l’Amministrazione milanese a riconoscere che l’immobile di viale Vittorio Veneto 24 è diventato centro di riqualificazione urbana, Bene Comune in cui la personalità di cittadini attivi e resistenti può esprimersi al di fuori dei dettami del Codice Civile.LUMe
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