A fuoco ogni galera…anche quelle che chiamate eccellenti – Tre giorni nell’Ungheria di Orban

Condividiamo narrazioni, riflessioni, dubbi ed emozioni di una nostra compagna che ha avuto la possibilità di essere presente all’udienza del 28 marzo del processo a Ilaria Salis.

In soli 3 giorni a Budapest si percepisce facilmente il vento che tira in città. Cerco di farlo intendere tramite episodi e sensazioni che ho ritenuto rilevanti.
Dovunque in giro si incontrano uomini bianchi di grossa corporatura con teste rasate, giacca Stone Island o bomber nero e jeans attillati, che girano in gruppo e guardano male. Sicuramente ambigui.
Non erano affatto ambigui, però, personaggi simili che si sono presentati davanti al tribunale il giorno del processo per filmare e minacciare noi compagnx, specialmente l’avvocato Losco.
Tra italianx nei momenti liberi giriamo tuttx insieme, e puntualmente ci seguono sbirri in borghese.
Uno di noi, tranquillamente seduto al bar mentre pranziamo, fa per aprirsi la giacca e si intravede la felpa del Baraonda con la bandiera antifascista. Lx altrx gli dicono di toglierla: il personale del bar sarebbe stato autorizzato a chiamare la polizia. I simboli antifascisti sono rischiosi. Quelli comunisti (stella rossa, falce e martello) sono proprio illegali. Ed effettivamente qui non ho mai visto una locandina né uno sticker con una simbologia che lontanamente ricordasse significati antifascisti. Mi dicono che lx antifa a Budapest ci sono eh, ma sono pochx, deboli e con scarsa esperienza.

Passeggiando, passiamo affianco ad un ministero e vediamo issata una bandiera nera. Completamente nera, solo nera. Non riusciamo a capire cosa fosse, forse un “segno di lutto per i martiri della Patria”.
Tra i vari giri andiamo a vedere anche il Parlamento, lì c’erano due bandiere: quella dell’Ungheria e quella dei Siculi, un sottogruppo etnico che abita una regione nel territorio rumeno e che rivendica però l’appartenenza al popolo ungherese (quindi anche la lingua, la cultura eccetera eccetera). Abbiamo girato gran parte della città e non abbiamo mai visto una bandiera dell’Europa, interpretabile comunque come un segnale politico di ostilità.
Il sentimento nazionalista/sovranista qui si scorge in tanti piccoli dettagli, tanti piccoli simboli, ma spesso e volentieri è anche fieramente dichiarato.
Non si vedono molti graffiti sui muri, quantomeno nella parte visitata della città. Di scritte con chiaro significato politico ne ho viste solo due. La prima era “Fuck off muslims go home arabs” scritto a pennarello su una pubblicità del McDonald’s. La seconda era su un muro del quartiere ebraico ed era stata fatta a sei mani, diciamo: nata come “free gaza”, qualcunx sotto ha aggiunto “from hamas”, e infine qualcunx munitx di bomboletta ha scritto “fuck” sopra “free”.

Questo è il clima nella capitale del regno di Orban. Ero stupita? No. Ma è stato sicuramente impressionante vedere tutto ciò coi miei occhi.
Questo è il contesto che permette l’ignobile detenzione di Ilaria da 14 mesi. Mi sono soffermata a lungo su questo perché credo fermamente che senza questo clima non sarebbero legittimati certi trattamenti, dalle orribili catene/guinzagli, alla sua reputazione in Ungheria come pericolosissima terrorista, alla ridicola e assurda udienza. Il giudice non ha nemmeno finto di ritirarsi a pensare: sentita la difesa e l’accusa, subito ha dichiarato la sentenza, senza se e senza ma. E così ha rifiutato tutte e tre le richieste del collegio difensivo: domiciliari in Italia, domiciliari in Ungheria, uscita su cauzione. No, no, no. Fine udienza.

Ilaria ha una forza devastante, quasi non fa una piega. Si vede che quando sei in fondo al pozzo (cit.), devi aspettarti sempre il peggio. D’altronde, fin dall’inizio dell’udienza aveva una faccia sconsolata. Due sguardi ci siamo scambiate: il primo, prima di entrare in aula. Le ho sorriso, tremando di rabbia e commossa – così come scrivo queste righe – e ha ricambiato, seppur con desolazione. Poi, a fine udienza, si gira verso genitori, avvocati e tutti i volti noti dietro. Ci guardiamo, ma nessuna sorride. Ha occhi profondissimi e ghiacciati che sostanzialmente mi pietrificano.
Viene portata via, noi usciamo e stiamo in silenzio per un po’.

Più che una narrazione autocelebrativa, anche perché praticamente chiunque può andare a vedere le udienze – compagnx, andateci! anche se con cautela – ci tengo a condividere una riflessione che mi ronza in testa da 3 giorni, se non da mesi, dall’esplosione del caso.

Come compagnx transfemministx siamo contro ogni centro detentivo. Odiamo galere e cpr perchè non c’è alcun “intento rieducativo” nello stipare persone, anche innocenti o comunque accusate di reati poco pericolosi, in posti fatiscenti, marci, sovraffollati, sporchi, sole con i rinomati angeli che ci proteggono (cioè uomini violenti facenti parte di un’istituzione violenta che protegge e perpetra uno status quo violentissimo). Inoltre sappiamo bene che il criminale, come il folle, non è niente di più che un prodotto sociale, cioè un fabbricato del sistema in cui viviamo, il quale stabilisce geometricamente cosa significano parole come reato, colpevolezza, innocenza, pericolosità, ma anche rieducazione.
Per questi e per molti altri motivi ci riteniamo abolizionistx.

Quindi sorgono delle domande.
Non nego che un fattore importante nel farle sorgere in questi tre giorni sia stato riconoscere moltx esponenti di partiti italiani di sinistra/centro venutx a seguire il caso Salis persino in loco. In generale, credo siano dubbi ancora più importanti da porsi dal momento che a Milano siamo tempestatx da grandi elogi alle nostre carceri, le fantastiche “eccellenze lombarde”.
Posto che non c’è alcun senso retorico, questi sono spunti di riflessione e messa in discussione costante che trovo necessaria per inquadrare e canalizzare i nostri sogni e le nostre lotte.

In quanto abolizionistx, in che senso e perchè dovremmo richiedere condizioni detentive migliori?
Se sappiamo bene che le prigioni ritenute più “scandalose” dall’opinione pubblica non sono affatto un bug nel sistema carcerario, bensì la sua perfetta attuazione, in che senso e perchè dovremmo lottare affinchè le stesse prigioni diventino uno strumento rieducativo e in qualche modo benefico per le società?

Cosa chiediamo veramente per Ilaria? In che senso lottiamo per e con lei?
Cosa vogliamo per tuttx lx antifa dentro?

…..e per TUTTE le persone dentro?

Chiara
DeGenerAzione

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