Dieci anni fa lo sciopero europeo contro l’austerità

Il 14 novembre 2012 veniva convocato, inizialmente prima in Spagna per poi estendersi a livello europeo, uno sciopero contro l’austerity. Si trattava del primo tentativo di organizzare una risposta popolare dal basso generalizzata a livello continentale contro le dure politiche d’austerità imposte ai vari paesi, soprattutto dell’Europa del sud, dalla famigerata Troika ovvero dalla “santissima trinità neoliberista” rappresentata da Comunità Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale.

Esplosa a livello globale nel 2008, la crisi economica, iniziata come crisi finanziaria si era trasformata, nel 2010 in crisi del debito europeo che aveva colpito soprattutto le economie dei paesi Sud Europa, tra questi: Grecia, Spagna, Portogallo e Italia.

La Grecia era in preda a fortissime tensioni sociali sin dal 2008, l’omicidio per mano della Polizia di Alexis Grigoropoulos ad Atena la sera del 6 dicembre di quell’anno era stata la tipica goccia che aveva fatto traboccare il vaso dando il via a una gigantesca e durissima rivolta giovanile che si era via via trasformata in rivolta sociale di fronte al tracollo dell’economia greca e alle misure sempre più dure imposte dall’Europa al paese ellenico in cambio di aiuti. Le manifestazioni di più di 100.000 persone in piazza Syntagma, sotto il Parlamento ellenico, erano diventate la norma, così come i durissimi scontri di piazza quasi quotidiani fatti di lanci di molotov e maschere antigas.

In Spagna, nel 2011, era nato il movimento degli Indignados capace di occupare (nel vero senso della parola) le piazze delle città spagnole contro le politiche di austerità. Partite nel maggio di quell’anno, durante l’ultima e declinante fase del governo socialista di Zapatero le proteste avrebbero attraversato la Spagna anche sotto il governo di destra del leader del Partito Popolare Mariano Rajoy vincitore delle elezioni politiche del novembre 2011. Rajoy si sarebbe reso protagonista, già nella primavera del 2012 di una riforma del mercato del lavoro tutta basata su taglio dei diritti e ulteriore allargamento della precarietà (solo recentemente smantellata dal socialista Sanchez). Le proteste nella penisola iberica avrebbero coinvolto, secondo le statistiche, molti milioni di spagnoli, soprattutto tra i più giovani.

In Italia si arrivava invece dalla lunghissima agonia dell’ultimo Governo Berlusconi (di cui molti esponenti sono attualmente seduti in posti decisivi del “nuovo” Governo Meloni). Duramente contestato dal lungo movimento universitario dell’Onda, partito nel 2008 e che avrà il suo culmine nella giornata di rivolta di piazza del Popolo il 14 dicembre 2010, l’attuale leader di Forza Italia, riuscirà, con diversi sotterfugi, a rimanere al potere ancora un anno prima di essere costretto a una vera e propria fuga nel novembre 2011 con lo spread al suo massimo storico di 574 punti. Appena un mese prima delle dimissioni di Berlusconi, si era svolto, sempre a Roma, un gigantesco corteo di 300.000 persone contro le politiche d’austerità con durissimi scontri in piazza San Giovanni.

In Italia però, invece di dare una risposta politica alla crisi, si era riposta tutta la fiducia nel “salvatore della patria” del momento ovvero Mario Monti, un tecnico di scuola bocconiana e liberista che avrebbe imposto al paese una durissima politica di lacrime e sangue incentrata sulla famigerata Riforma Fornero delle pensioni. Difeso a spada tratta dall’allora PD di Bersani così come il PD di Letta ha sostenuto fino a poche settimane fa un altro “uomo del destino” come Mario Draghi il Governo Monti avrebbe alimentato scontento e insofferenza in tutto il paese contribuendo non poco alla prima sorprendente affermazione elettorale del Movimento 5 Stelle di Grillo e Casaleggio alle elezioni politiche del febbraio 2013. A pagare duramente l’appoggio acritico ai tecnici sarebbe stato proprio il Partito Democratico nella fotocopia identica di quello che è successo alle urne il 25 settembre 2022.

Le ricette neolibersite di Monti e soci, nell’autunno del 2012 ricevettero una certa opposizione nel paese. Soprattutto dal mondo studentesco. Ma non l’opposizione che avrebbero meritato vista la timidezza della CGIL nel sostenere lo scontro sociale in atto. Non è un caso che il 14 novembre, invece che convocare uno sciopero generale degno di questo nome, il sindacato maggioritario in Italia si limitava a convocare quattro misere ore di sciopero (ripetendo lo stesso errore due anni dopo nella lotta contro l’abolizione dell’articolo 18 voluta da Matteo Renzi) per non parlare poi della “copertura politica” della giornata di lotta con i soliti, inutili mille distinguo sulla violenza e simili.

Nonostante le premesse non proprio entusiasmanti, il 14 novembre si sarebbe dimostrata una grande giornata di mobilitazione sospinta soprattutto dall’entusiasmo di decine di migliaia di giovanissimi e giovanissime.

Citando un articolo di MilanoInMovimento che raccontava quella giornata:

A Roma un corteo di 50mila persone è stato brutalmente caricato dalla Polizia che oltre a utilizzare il manganello e i lacrimogeni ha fermato e arrestato diversi manifestanti (5 che saranno processati per direttissima domani mattina).

Cariche, fermi e arresti sono stati la risposta diffusa di fronte alle richieste di un cambio di rotta.

E’ iniziato tutto a Brescia dove già di prima mattina 3 persone sono state fermate, messe agli arresti domiciliari e domani saranno processate per direttissima per aver fatto un blocco stradale.

A Torino sono stati messi in campo gli idranti.

A Milano lanciati lacrimogeni in centro città.

A Modena, Trento, Padova oltre che a Roma, Brescia, Milano e Torino ci sono stati tafferugli tra polizia e manifestanti.

Una giornata meravigliosa si è snodata dalle prime ore del giorno praticamente in tutta la penisola (importanti iniziative si sono svolte  a Napoli e Palermo, ma anche a Perugia, Firenze, Bergamo, Vicenza ed Empoli) provando a dar nuovamente dignità e senso alla parola sciopero.

Tornando alla nostra città quel giorno un corteo di più di 10.000 persone si divise in diversi tronconi portando il conflitto nei diversi angoli della metropoli. Furono sanzionati diversi obiettivi identificati come responsabili della crisi o simboli di privilegio e arroganza. Tra questi Unicredit, Deutsche Bank, l’Associazione Bancaria Italiana, l’Università (privata) Cattolica, l’ENEL e Assolombarda.

Uno spezzone del corteo forte di almeno 3.000 tra studenti e studentesse cercò di raggiungere la Rappresentanza in Italia della Commissione europea in corso Magenta venendo respinto dalle Forze dell’Ordine con tre cariche e il lancio di lacrimogeni. Nuovi scontri sarebbero esplosi all’interno della stazione di porta Genova durante un tentativo di blocco della circolazione ferroviaria.

 


 

Questo il ricordo di una giornata caratterizzata dallo sforzo generoso e innovativo di immaginarsi una lotta comune a tanti popoli europei.

* Foto in copertina di Luca Profenna

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