La nuova politica del Covid

C’erano la destra e la sinistra prima del Covid. La prima autoritaria e repressiva, la seconda libertaria ed emancipazionista. Le carte si sono rimescolate con la pandemia: la sinistra chiusurista in difesa del socialismo sanitario fautrice del lockdown (pronta ad andare oltre Conte e Speranza nell’osservanza delle norme anti-Covid (prima la paranoia ingiustificata per le superfici e il solo lavaggio di mani, poi finalmente la mascherina e, mRNA sia lodato, il vaccino che ha imposto una svolta: quella centrista di Draghi a trazione leghista di cui parleremo meglio più sotto), e la destra aperturista e liberista no-mask e no-vax.

Il Covid ha rivoluzionato le divisioni destra e sinistra ereditate dal 2001. La destra prima era gerarchica e autoritaria, tutta d’un pezzo e anti-hippy, la sinistra invece era fricchettona e libertaria. Ora il movimento no-green pass mescola irrazionalismo destrorso con antiscientismo libertario, fascismo e new age, in un corto circuito fra estrema destra e chi si è fritto il cervello fra Steiner, omeopatia e religioni orientali.
Guardiamo per esempio all’ecologismo. La stragrande maggioranza ha una nozione scientifica del disastro ambientale planetario (la soglia dei 350ppm, il riscaldamento globale ecc.), ma dal no-OGM al no-vaccino il passo è stato breve per tante/i, specialmente coloro che nutrono una fede arcadica nella palingenesi della società industriale e informazionale palesemente in crisi.

La nuova faglia destra-sinistra è oggi quella epistemologica fra chi crede nell’esistenza e nella pericolosità del Covid, nel metodo sperimentale e nelle misure per affrontarlo (mascherine e vaccini) e chi non crede nella scienza e vede in tutta la questione (il virus nato in laboratorio, la cospirazione pharma-digital che si arricchisce, il controllo governativo ecc.) un cavallo di Troia per imporre uno Stato di Polizia e impedire la libertà individuale.

La sinistra di movimento sta patendo molto il nuovo chiasmo che si è aperto. In Francia, il movimento gilets jaunes contro Macron si è trasformato quasi senza soluzione di continuità nel movimento no-green pass contro Macron, ma in Italia il movimento è nettamente schierato a destra come immaginario e repertorio retorico. La vecchia sinistra no-global è infatti presa fra la Scilla dell’essere osservanti e non trasformare gli spazi sociali in focolai ma così venendo meno all’incontro con la richiesta giovanile di maggiore libertà collettiva e ricreativa, e la Cariddi di non stare in piazza e fare lotte di massa (contro licenziamenti, sfratti, sfruttamento, discriminazione di genere, Zan, razzismo ecc.) per arrestare il pericoloso scivolamento della società italiana in direzione del fascioleghismo, col rischio di trovarsi presto i camerati a usurpare e deturpare le istituzioni repubblicane.

Il centrismo di Draghi, Macron e dell’Unione Europea è quello che si sta avvantaggiando maggiormente della svolta politica postpandemica. Dismessi i panni a lungo indossati del neoliberismo finanziario, i due banchieri si sono rapidamente riconvertiti all’interventismo statale keynesiano grazie alla cuccagna del Recovery Fund. Dopo un inizio affannoso della campagna di vaccinazione che vedeva l’Unione Europea dietro Regno Unito e Stati Uniti, i quattro grandi paesi dell’Unione hanno raggiunto percentuali di vaccinazione intorno al 60% e riaperto ampi settori della vita sociale, culturale ed economica, anche se i coprifuoco sono sempre in agguato e la ripresa della stagione scolastica ed accademica nonché l’avvento della stagione fredda potrebbero riservare sorprese negative. Tuttavia il ritorno all’autunno-inverno 2020 sembra per sempre scongiurato, quantomeno in termini di decessi, grazie alle campagne vaccinali, che verosimilmente saranno ripetute nei mesi e negli anni a venire, data la natura mutante e variante del coronavirus.

Il centrismo promette tecnocrazia per combattere l’emergenza pandemica ed è riuscito a stabilizzare la situazione nel ‘21, anche se il suo patrimonio ideologico fatto di libero mercato e libertà d’impresa è ormai inviso alla maggioranza della popolazione, che chiede protezione sociale e assistenza sanitaria, non flessibilità e sottosalari in una giungla darwiniana. L’egemonia ideologica del liberalismo, durata quarant’anni, è terminata. La Grande Recessione e la catastrofe climatica sono i capi d’imputazione che hanno condannato il capitalismo liberale secondo la giuria popolare. Un decennio di liquidità a tasso zero ai mercati finanziari ha esacerbato le già enormi disuguaglianze, con effetti grotteschi, come i miliardari che giocano a fare gli astronauti ma non riescono neanche a eguagliare l’orbita di Yuri Gagarin sessant’anni prima.

Gli oligopoli tecnologici si sono arricchiti ulteriormente con la pandemia. Non è più epoca di bassa tassazione, paradisi fiscali e corteggiamento delle multinazionali, ma di ri-regolamentazione e inasprimento tributario dall’America alla Cina. E poi il lavoro sta disertando le occupazioni senza dignità, in uno sciopero di massa silenzioso, quello della quitting economy, con milioni di persone che alzano il dito medio a capi incapaci e protervi e rifiutano di lavorare in luoghi insicuri con contratti precari per paghe da fame. La guerra al reddito di cittadinanza si inserisce in questo contesto: lo scopo è quello di abbassare il salario di riserva e obbligare la gente a lavorare per stipendi che non assicurano la riproduzione della forza lavoro. Ma anche nell’America di Biden il messaggio è chiarissimo a chi ci vuol sentire: alzare i salari; fa bene alle persone, fa bene all’economia. Gli anni che ci attendono vedranno grandi conflitti sindacali e soprattutto enormi dispute per l’orientamento del nuovo sistema di protezione sociale derivante dalla cagnotte europea: welfare o workfare? Reddito o mini-jobs? Difesa dell’autonomia delle donne e sistema di prestazioni conseguente (congedo paternità, nidi a basso costo, formazione universitaria gratuita per aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ecc.) o perdurante discriminazione acuita dal telelavoro delle donne con figli/e? E poi chiudere il gender divide non è solo una questione etica fondamentale, è anche l’unico modo di rilanciare la demografia in Italia e in Europa.

La diatriba fra chiusuristi di centro-sinistra e aperturisti di centro-destra, vaccinisti e no-vax ha occupato il palcoscenico della politica. Ma le Olimpiadi ci hanno ricordato quanto la questione razziale rimanga la colpa oscura del paese, con centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi cui è ancora negata la cittadinanza malgrado siano nati qui e abbiano una migliore inflessione dialettale di te e di me, bastardi di troppe regioni italiane. Un paese cui neanche ai rifugiati afghani si vogliono aprire i confini, con le migranti e i migranti che continuano a morire in mare, una scia di cadaveri che conduce al crudele mandato di Salvini agli Interni nel ’18-’19, mai sostanzialmente ribaltato dai governi successivi. La sinistra partitica e di movimento non è stata ancora in grado di parlare alle seconde generazioni che sono già protagoniste della vita culturale e della musica pop della Penisola. Le ragazze e i ragazzi neri manganellati dai Carabinieri in piazza Sant’Eustorgio quest’estate sono il futuro della classe media milanese se l’autoritarismo di Stato non fosse così gretto per poterlo capire.

Il draghismo assomiglia al secondo giolittismo che precedette la Marcia su Roma. Nato per iniziativa di Giorgetti, figura di riferimento della borghesia imprenditoriale del Nord, il governo dell’algido Mario nasce pendente a destra e si vede subito. Il perennial loser Letta è costretto a rincorrere in libreria e a sprofondare in classifica, il fortunatissimo saggio della signora Meloni, cui l’opposizione unica alla Grosse Koalition draghiana ha regalato un ascensore di consensi, irrobustiti dalle folte piazze contro vaccini e restrizioni. Draghi è tranquillo, perché se lo segano da Palazzo Chigi c’è sempre il Quirinale. Mai eletto ma comunque posto al centro del potere come un monarca. Il draghismo sa anche molto di centrismo autoritario democristiano alla Scelba della ricostruzione. Del resto i tempi sono simili, l’ha scritto Mario sul Financial Times che dobbiamo spendere e indebitarci come fossimo in un’economia bellica. E Next Generation EU è il nostro Marshall Fund. Siamo tornati al centrismo poliziesco e atlantista degli anni ’50? Di sicuro da quando c’è Draghi c’è stato un incremento visibile di forze e controlli di Polizia.

Però il suo atlantismo suond démodé. Biden abbandona Kabul e l’America rinuncia a farsi vessillo dell’Occidente. Anzi c’è da chiedersi se la nozione abbia ancora un senso geopolitico (la NATO a cosa serve ancora?) o forse anche filosofico-culturale. L’Occidente è soprattutto un prodotto della Guerra Fredda e viene da chiedersi cosa ancora tiene insieme oggi lo spazio economico da Tokyo a Berlino, ora che il tentativo di egemonia unipolare bushista esce definitivamente sconfitto. Non certo la diffidenza anti-cinese, perché se Tokyo, Seoul o anche Delhi condividono la politica americana contro la rinascita della potenza regionale e navale della Cina capital-comunista, questo non può dirsi dell’Europa. Per quanto mi riguarda, penso che l’eurozona debba unirsi in uno stato federale e adottare una politica di neutralità armata nei confronti della Cina e di altri blocchi geopolitica emergenti. Se i verdi prenderanno il potere in Germania e nelle istituzioni europee è concepibile l’adozione di una politica dei diritti umani confrontational con Russia e Cina, ma anche tiepida rispetto ad avventure tardo-imperialiste da parte dell’amico americano.

Lo scontro fra Capitale e Lavoro ha dominato il XX secolo, lo scontro fra Capitale e Natura dominerà il XXI secolo. Sulla base di questo assioma, non posso che riaffermare la mia predizione che se prima contavano le shades of red, da Mao a Gramsci, ora contano le shades of green, da Greta a Ocasio-Cortez. Il movimento climattivista mondiale tornerà il 24 settembre e verrà a Milano per la pre-COP tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. La pandemia non ha occultato la crisi climatica: nessuno può nascondere un pianeta che sta bruciano nell’estate più calda mai sperimentata dalla specie umana. Dalla giustizia climatica al riformismo verde, dall’anarchogreen all’ecofeminism, la trasformazione ecologica contro il capitalismo fossile non può attendere e la gioventù precaria del globo se ne è fatta carico.

Il tardo Novecento ha portato a compimento un secolo di lotte femministe (Seneca Falls, il Movimento delle Suffragette, Clara Zetkin e l’Internazionale, Emma Goldman e l’anarcofemminismo, il movimento femminista degli anni ’70 in Europa e America grazie a De Beauvoir, Friedan, NOW, Silvia Federici ecc.). Il patriarcalismo è una struttura di dominazione e coercizione anteriore e distinta dal capitalismo, che si serve delle discriminazioni di genere ma non le ha create. Come le religioni monoteiste è un prodotto di società agricole e pastorali fondate sul violento assoggettamento della donna a scopi sessuali, riproduttivi, lavorativi. In una società rurale la concezione patrimoniale della donna è presente a diverse latitudini. Senza avventurarmi oltre in etnografia dilettantesca e attendendomi un’informativa critica postcoloniale, ciò che mi preme sottolineare è l’ovvio ma disconosciuto: il mercato del lavoro è per le donne luogo di sfruttamento ma soprattutto di emancipazione dal controllo maschile e della famiglia d’origine, ché una donna senza reddito è esposta a umiliazioni grandi e piccole, fino ad arbitri e abusi da parte del partner. Il capitalismo ha consentito l’emancipazione delle donne. Prima negli opifici, poi negli uffici, le donne hanno fatto irruzione nella storia, cambiando la società occidentale per sempre. Ecco l’unica accezione positiva di Occidente è questa. Il luogo del mondo dove discriminare le donne va contro ciò che la maggioranza crede sia una società giusta. E lo stesso vale a fortiori nella battaglia per l’emancipazione di tuttə portata avanti dal movimento LGBTQ.

What next? The future is unwritten, but it’s gonna be pink and green. E il black? Solo con i riot di massa si possono rovesciare i regimi. E solo gli antifa sanno affrontare i nazifascisti da Stoccolma a Charlottesville. Ma penso che l’anarchismo debba avere il coraggio di trarre vantaggio dal ritorno delle mutualismo favorito dalla pandemia per creare proprie organizzazioni e istituzioni aperte. E magari presentarsi e votare alle elezioni. Dopotutto il momento più alto nella storia dell’anarchismo è il governo di Barcellona a opera della CNT, che diede indicazione di votare per il Fronte Popolare nel 1936 e lo fece vincere. E i wobbly votavano candidati socialisti. Soprattutto, l’anarchia deve restare malatestiana in fatto di epidemie e guardarsi dal cedere all’irrazionalismo antiscientifico. Let there be rave, but let there be science, too.

Alex Foti

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