[DallaRete] Gezi is coming: per non dimenticare

 

resistanbulAd 1 anno da Gezi tutti fuori nelle strade e nelle piazze.

 

Il 27 Maggio sera, alle 22.00 di un anno fa, la polizia faceva irruzione nel Parco Gezi sgomberando con violenza brutale le tende dei manifestanti e manganellando chi era lì a contestare pacificamente il nuovo piano urbanistico previsto per piazza Taksim e Gezi Park.

Proprio in quell’occasione il governo guidato dall’ AKP di Erdoğan ha svelato la sua vera natura: da quei giorni una politica invasiva, basata su un controllo sempre più penetrante, permeata su una repressione strategica e caratterizzata da una violenza spregiudicata si è abbattuta sulla Turchia.
Quella che era una istanza locale si è trasformata in una rivendicazione globale, travalicando i confini dello stato nazione e parlando un linguaggio semplice e diretto, determinato e agguerrito, volto ad una semplice richiesta: diritti e libertà.
Quella piazza trasformatasi in agorà è riuscita a capovolgere i rapporti di forza e si è riappropriata di quell’antico significato (agorà in quanto luogo della democrazia per antonomasia) dando vita a forum e dibattiti, seminando il germe della creatività e della socialità, della critica e del confronto.
Una vera e propria rivoluzione del pensiero (in termini di modifica del quotidiano essere) che ha inesorabilmente contaminato il futuro avvenire.
Una trasformazione però che è stata rincorsa, di pari passo, da una serie di eventi politico-istituzionali che hanno caratterizzato un quadro sempre più complesso, ricco di contraddizioni, violenze e speculazioni.
L’inchiesta di corruzione che ha coinvolto il governo a Dicembre, le elezioni amministrative tenutesi a fine Marzo (incluso il “tentato sabotaggio”), la modifica dell’ apparato giuridico (ormai sottomesso al potere politico), la modifica del MIT (l’intelligence governativa cui sono stati aumentati i poteri), ed ancora le continue censure e pressioni nei confronti della stampa e dei giornalisti, le accuse e le denunce contro architetti, avvocati e medici solo perché sostenevano i manifestanti, la censura di youtube, ed in più la forte repressione ai funerali di Berkin Elvan, l’impossibilità di esprimere il proprio dolore per la strage di Soma (301 morti bianche), le dieci vittime assassinate dalla polizia nel corso delle mobilitazioni, la continua militarizzazione delle piazze e l’uso sproporzionato della violenza su chiunque.
Il tutto in uno scenario che vede sullo sfondo le future elezioni presidenziali di Agosto e l’ennesimo copione che l’attuale Primo Ministro Recep Tayyp Erdoğan sta costruendo al fine di assicurarsi la vittoria di una sua scontata candidatura.
Ed allora pronti a rimarcare il nazionalismo turco contro le “sporche mani degli stranieri che tentano di minare la pace in Turchia perché desiderosi di una Turchia debole”, ed ancora tutti contro i “provocatori curdi ed aleviti” colpevoli di essere minoranza in un mondo in cui minoranza vuol dire essere diversi.
Continua dunque la costruzione di questo immaginario basato sull’idea di flotte di stranieri di associazioni (legali e non) che arrivano per protestare contro i turchi a Gezi così come continua la costruzione di un nemico da abbattere.
Ed il cerchio si chiude proprio con la polarizzazione delle differenze etniche e religiose. Una sceneggiatura che ahimé già conosciamo.
Il tutto in un contesto in cui la repressione giuridica infligge le sue condanne (attualmente sono 255 gli indagati, compresi 6 stranieri sotto processo) ma solo ai manifestanti ed in cui la polizia, impunita, ha iniziato ad utilizzare pallottole vere nelle manifestazioni di piazza.
Nella giornata di ieri, mentre 47 sospettati sono stati arrestati per i fatti di Gezi, la piattaforma Taksim Solidarity (nata dai forum in occasione di quelle giornate di protesta) ha lanciato la call (chiamata): “We’re out there in the streets in the squares” intitola il loro comunicato, alla riconquista di meydani (la piazza del popolo).
Botta e risposta dunque in un clima di tensione sempre maggiore.
La giornata del 31 Maggio dopo un anno di pesanti vicissitudini acquista un sapore diverso, un sapore di libertà in quella che fu, in quella che è, in quella che sarà la giornata della resistenza.
31 Maggio Her yer Taksim, her yer direniş!
(Ovunque Taksim, ovunque resistenza)

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