[DallaRete] Gli effetti del nuovo Memorandum in Grecia

MerkelPresentiamo una serie di articoli sul nuovo Memorandum accettato dal governo greco di Tsipras quest’estate e sui suoi effetti sul paese: 

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Memorandum letale (di Angelo Mastrandrea, del 15/08/2015)

La Gre­cia si risve­glia con un terzo Memo­ran­dum che pro­lunga l’austerità e ingab­bia le vel­leità della sini­stra radi­cale al potere, senza una mag­gio­ranza di governo e con il suo prin­ci­pale par­tito, Syriza, sull’orlo dell’esplosione. La discus­sione not­turna e il voto in pri­mis­sima mat­ti­nata (in tempo per la riu­nione dell’Eurogruppo) dell’accordo con i cre­di­tori inter­na­zio­nali lascia die­tro di sé una distesa di mace­rie: passa, come nelle pre­ce­denti vota­zioni, gra­zie all’appoggio dell’opposizione del cen­tro­de­stra di Nea Demo­cra­tia, dei socia­li­sti del Pasok e dei cen­tri­sti di To Potami, ma nono­stante l’appello di Ale­xis Tsi­pras a evi­tare di «tor­nare a una crisi senza fine», quella che si apri­rebbe nel caso i cre­di­tori deci­des­sero di dare alla Gre­cia l’ennesimo prestito-ponte e non gli 86 miliardi del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, il governo ottiene solo 118 voti dalla sua mag­gio­ranza, sotto la soglia minima di 120 oltre la quale man­cano i numeri per gover­nare. Per que­sto il primo mini­stro è costretto a chie­dere, già la pros­sima set­ti­mana, un voto di fidu­cia che si pre­an­nun­cia a dir poco com­pli­cato: se non rien­tra qual­cuno dei dis­sen­zienti, sarà crisi di governo e, con ogni pro­ba­bi­lità, saranno indette ele­zioni anticipate.

Nel frat­tempo Syriza esplode: in 32 votano con­tro il prov­ve­di­mento (la metà esatta dei 64 voti con­trari), 11 rispon­dono «pre­sente» al momento della chia­mata, altri tre dicono for­mal­mente sì ma non appro­vano i sin­goli prov­ve­di­menti, uno non si pre­senta alla vota­zione. Molti altri riman­gono inde­cisi fino all’ultimo e dicono sì turan­dosi il naso, men­tre i gio­vani del par­tito chia­mano alla mobi­li­ta­zione con­tro il Memo­ran­dum. Il quo­ti­diano Efe­me­ride ieri par­lava di una pro­fonda «crisi d’identità» di Syriza, arri­vata al governo con lo slo­gan «basta troika» e «stop Memo­ran­dum» e ora alle prese con una duris­sima real­po­li­tik che le impone di gestire ana­lo­ghe misure di auste­rità e nel segno del neo­li­be­ri­smo, in un Paese di fatto com­mis­sa­riato da Bruxelles.

Uno choc dal quale la Coa­li­zione della sini­stra radi­cale elle­nica potrebbe non ripren­dersi, se è vero che la situa­zione è cao­tica a tal punto che per­sino il pre­vi­sto con­gresso del par­tito, chie­sto dallo stesso Tsi­pras e annun­ciato per la fine di set­tem­bre, è in alto mare. Comun­que andrà a finire, la Syriza che abbiamo cono­sciuto finora, un sin­go­lare espe­ri­mento poli­tico di “new left” euro­pea, non sarà più la stessa. La Piat­ta­forma di sini­stra, la mino­ranza interna che fa capo all’ex mini­stro dell’Energia Pana­io­tis Lafa­za­nis, potrebbe addi­rit­tura diser­tare l’appuntamento. Ne sta discu­tendo in que­ste ore e, in tal caso, quasi mezzo par­tito (o forse più, dif­fi­cile fare cal­coli in que­sto momento) lascerà i vec­chi com­pa­gni senza nep­pure salu­tare. «Per­ché dovremmo andarci? Per discu­tere e deci­dere cosa, visto che tutto è già acca­duto? Que­sto Memo­ran­dum non ha nulla di sini­stra e il nostro com­pito ora è bat­terci, in Par­la­mento e fuori, per­ché non venga appli­cato», dice un auto­re­vole rap­pre­sen­tante dell’opposizione interna.

Le due anime del par­tito hanno imboc­cato due strade oppo­ste: den­tro le con­trad­di­zioni del Memo­ran­dum, ten­tando di miti­garne l’impatto con «com­pen­sa­zioni» sul piano sociale, gli uni; radi­cal­mente fuori e con­tro i secondi. L’obiettivo dei dis­sen­zienti è costruire un «fronte del no» ampio, «di sini­stra e patriot­tico», che potrebbe tirarsi die­tro anche il movi­mento gio­va­nile di Syriza, deci­sa­mente schie­rato con­tro Tsi­pras, non­ché for­ma­zioni ultra­ra­di­cali come Antar­sya, anche se, sosten­gono, «ci rivol­ge­remo alla società, a tutti coloro che hanno votato no al refe­ren­dum». Dodici espo­nenti della Piat­ta­forma di sini­stra, tra cui il lea­der Lafa­za­nis, hanno fir­mato una let­tera aperta in cui chie­dono la fon­da­zione di un «movi­mento che legit­ti­merà il desi­de­rio popo­lare di demo­cra­zia e giu­sti­zia sociale». Ma il dis­senso nella mag­gio­ranza di governo va ben oltre, reso evi­dente dalla spac­ca­tura a metà del comi­tato cen­trale di Syriza, dall’ «ostru­zio­ni­smo» della Pre­si­dente del Par­la­mento Zoe Kostan­to­pou­lou (vera spina nel fianco di Tsi­pras e per­so­nag­gio emer­gente del fronte più radi­cale) che ha ten­tato di tutto per far rin­viare la vota­zione a lunedì, non­ché dal no dell’ex mini­stro delle Finanze Yanis Varou­fa­kis, che però ha soste­nuto che se Tsi­pras glielo chie­desse lui abban­do­ne­rebbe il Par­la­mento e non è escluso che alla fine voti la fidu­cia. Per­fino dalle dif­fi­coltà degli alleati dell’Anel, ai quali non vanno giù i tagli alla Difesa e alle pen­sioni delle forze armate.

Ma è evi­dente a tutti che il para­dosso di una mag­gio­ranza di governo e allo stesso tempo di oppo­si­zione radi­cale non potrà durare ancora a lungo. La pro­spet­tiva della crisi di governo e delle ele­zioni anti­ci­pate si fa sem­pre più con­creta, nono­stante l’opposizione par­la­men­tare sia l’ultima a volerle e i cre­di­tori le vedano come il fumo negli occhi per­ché l’applicazione del Memo­ran­dum rischie­rebbe di sban­dare dalla par­tenza, con un Paese in preda all’instabilità poli­tica. Il vero garante dell’accordo a que­sto punto rimane Ale­xis Tsi­pras, fino a poco più di un mese fa inviso ai gover­nanti euro­pei e oggi, enne­simo para­dosso della ingar­bu­gliata vicenda greca, diven­tato l’uomo della prov­vi­denza. I son­daggi gli hanno sem­pre assi­cu­rato un tasso di popo­la­rità molto alto. Pro­ba­bil­mente rimane il poli­tico più popo­lare della Gre­cia, ma rimane il nodo delle alleanze, a meno che una Syriza 2.0 non rag­giunga da sola la mag­gio­ranza asso­luta. Sarà dispo­ni­bile a gui­dare even­tual­mente un ese­cu­tivo di unità nazio­nale, lui che ha già dichia­rato di non essere «un uomo per tutte le stagioni»?

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Effetto Memorandum: tagliate le pensioni minime (di Angelo Mastrandrea, 18/08/2015)

Primo effetto col­la­te­rale del nuovo Memo­ran­dum impo­sto dai cre­di­tori alla Gre­cia è una cir­co­lare del vice­mi­ni­stro per la Pre­vi­denza sociale Pavlos Hai­ka­lis che taglia le pen­sioni minime di quasi cento euro: da 486 euro a 392,7, quasi cento euro in meno e una bato­sta per il 2015, visto che i pen­sio­nati se le vedranno decur­tare retroat­ti­va­mente dal primo gen­naio. Così, una delle «linee rosse» poste dall’esecutivo a difesa di quel po’ che rimane dello Stato sociale elle­nico viene supe­rata. Non che sia tutta farina del sacco della Syriza di governo: si tratta dell’applicazione di una norma del 2010 che solo ora viene appli­cata. Ma è chiaro che l’aria è cam­biata e si tratta solo di «un assag­gio di quello che acca­drà a otto­bre, quando sarà pre­sen­tato il pro­getto di riforma del wel­fare», come scrive il gior­nale To Vima (orien­tato verso il cen­tro­de­stra e dun­que non esat­ta­mente filo­go­ver­na­tivo), che ha tirato fuori la cir­co­lare.
Ma prima biso­gnerà vedere se e in che modo il governo gui­dato da Ale­xis Tsi­pras arri­verà a otto­bre. Pro­prio ieri il pre­mier ha chie­sto il voto di fidu­cia, pre­vi­sto venerdì, dopo che il Paese sarà stato messo in sicu­rezza: appro­vato il nuovo Memo­ran­dum dal Bun­de­stag tede­sco e dagli altri Par­la­menti euro­pei che lo hanno messo al voto, arri­ve­ranno i soldi che ser­vi­ranno a pagare un’altra rata da 3,5 miliardi alla Bce e a rica­pi­ta­liz­zare per 10 miliardi le ban­che elle­ni­che. La mag­gio­ranza si gioca sul filo di lana: per rag­giun­gere la soglia minima di 120 depu­tati dovrebbe recu­pe­rare un paio di dis­si­denti, ma comun­que vada il governo sarebbe desti­nato a bal­lare, vista l’esiguità dei numeri e i mal di pan­cia più estesi dell’area aper­ta­mente dis­sen­ziente. In ogni caso Tsi­pras sarebbe costretto a gover­nare aggrap­pato alla stam­pella dell’opposizione, che ha poca voglia di tor­nare al voto e assu­mersi l’onere di appli­care un Memo­ran­dum che, comun­que lo si con­si­dera, pre­vede misure sociali molto pesanti. I riflet­tori sono pun­tati su Syriza, e in par­ti­co­lare sulle due figure più deci­sive del momento: la Pre­si­dente del Par­la­mento Zoe Kon­stan­to­pou­lou (ieri difesa a spada tratta dalle donne del par­tito, che in un comu­ni­cato hanno denun­ciato attac­chi «ses­si­sti» con­tro di lei) e l’ex mini­stro delle Finanze Yanis Varou­fa­kis. Nes­suno dei due può essere arruo­lato nella mino­ranza interna che punta a costi­tuire una nuova coa­li­zione anti-Memorandum, ma se le posi­zioni dell’agguerrita avvo­cata per i diritti civili sono state molto apprez­zate dalla Piat­ta­forma di sini­stra (anche se lei non ha mai appog­giato l’uscita della Gre­cia dall’euro), per il secondo il discorso è diverso. Varou­fa­kis ha votato con­tro il Memo­ran­dum, ma non ha mai avuto un buon fee­ling con l’ex mini­stro dell’Energia Pana­gio­tis Lafa­za­nis (lea­der della mino­ranza) e ha sem­pre affer­mato di non voler nuo­cere a Tsi­pras, dando l’impressione di voler rima­nere a com­bat­tere la sua bat­ta­glia all’interno del par­tito, da posi­zioni anti-Memorandum.
Nella par­tita si è inse­rita ieri pure una voce auto­re­vole quale quella dell’ex par­ti­giano novan­ta­duenne Mano­lis Gle­zos. L’uomo che tirò giù la ban­diera nazi­sta dal Par­te­none, che già dopo l’Eurogruppo del 20 feb­braio rom­pendo con Tsi­pras si era «scu­sato» con i greci per­ché il governo aveva accet­tato di pro­se­guire le trat­ta­tive con la ex troika, ha esor­tato Syriza a «rin­sa­vire», a opporsi a un Memo­ran­dum che «lega i greci mani e piedi e li rende schiavi per interi decenni», e ha attac­cato dura­mente la stra­te­gia del governo, «volu­bile e vacil­lante», e la lea­der­ship del par­tito: «Ha can­cel­lato e distrutto spe­ranze e sogni». «Non lasciamo che la sini­stra diventi sol­tanto una paren­tesi di sette mesi», ha scritto in un appello che invita ad ascol­tare tutte le cor­renti di Syriza e a con­vo­care un con­gresso, con­vinto che «nono­stante le intense discus­sioni che ci saranno, una solu­zione si troverà».

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Shopping tedesco ad Atene: alla Fraport 14 aeroporti (di Angelo Mastrandrea, 19/08/2015)

A oliare il voto del Bun­de­stag tede­sco pre­vi­sto per oggi è arri­vata ieri la pub­bli­ca­zione sulla Gaz­zetta Uffi­ciale elle­nica della con­ces­sione di 14 aero­porti regio­nali alla Fra­port, com­pa­gnia pub­blica teu­to­nica (è di pro­prietà della regione dell’Assia) che con­trolla l’aeroporto di Fran­co­forte e spon­so­rizza la squa­dra di cal­cio dell’Eintracht. L’assegnazione, già decisa dal pre­ce­dente ese­cu­tivo filo-troika gui­dato da Anto­nis Sama­ras, era stata bloc­cata dal primo governo Syriza,  che voleva rie­sa­mi­nare i ter­mini del con­tratto. Ora, così com’è avve­nuto con le pen­sioni minime decur­tate di quasi cento euro con effetto retroat­tivo (in appli­ca­zione di una legge del 2010), lo Tsi­pras 2.0 sblocca la pri­va­tiz­za­zione negli stessi ter­mini con i quali era stata decisa con il pre­ce­dente Memo­ran­dum: via libera allo shop­ping tede­sco, con­ces­sione qua­ran­ten­nale, per 1,23 miliardi di euro, degli scali di Salo­nicco, Corfù, Cha­nia (a Creta), Cefa­lo­nia, Zante, Aktion, Kavala, Rodi, Kos, Samos, Myti­lene (a Lesbo), Myko­nos, San­to­rini e Skia­thos.
Ma non finirà qui. Entro la fine di otto­bre arri­ve­ranno le offerte d’acquisto delle quote di mag­gio­ranza dei porti del Pireo e di Salo­nicco, a dicem­bre quelle della com­pa­gnia di treni Trai­nose e della società di mate­riale rota­bile Rosco, ed entro la fine dell’anno beni per 50 miliardi di euro dovranno finire nel fondo per le pri­va­tiz­za­zioni, che pro­prio ieri la por­ta­voce della Com­mis­sione Ue Annika Breid­thardt ha invi­tato a ren­dere ope­ra­tivo. Ci fini­ranno la com­pa­gnia sta­tale del gas Desfa (dove la com­pa­gnia azera Socar scen­derà dall’attuale 66 al 49 per cento delle quote), l’area dell’ex aero­porto e base Nato di Elli­ni­kon (dove è stato tra­sfe­rito l’ambulatorio sociale nato in piazza Syn­tagma per curare i feriti delle pro­te­ste anti-austerità del 2010), il 10 per cento rima­sto in mano pub­blica della com­pa­gnia tele­fo­nica Ote, dieci porti regio­nali, il ser­vi­zio postale Eltra, la com­pa­gnia elet­trica, la Egna­tia Odos che con­trolla l’omonima auto­strada, i ser­vizi idrici, la par­te­ci­pa­zione sta­tale nell’aeroporto inter­na­zio­nale di Atene, circa 10 mila pro­prietà pub­bli­che e i diritti per le estra­zioni di gas off­shore nel golfo di Kavala.
Nel frat­tempo, ieri pome­rig­gio Ale­xis Tsi­pras ha riu­nito lo staff eco­no­mico del suo governo per deci­dere le pros­sime riforme da appro­vare. La prima mossa del pre­mier, su pres­sione dei cre­di­tori che dopo averlo com­bat­tuto ora temono una caduta del governo e il ritorno alle urne con con­se­guente insta­bi­lità poli­tica e la sostan­ziale inap­pli­ca­bi­lità del Memo­ran­dum appena appro­vato, dovrebbe essere di non chie­dere il voto di fidu­cia, già annun­ciato per venerdì dopo che l’esecutivo la scorsa set­ti­mana non ha supe­rato la soglia minima di 118 voti neces­sa­ria per avere una mag­gio­ranza. Nei con­ti­nui colpi di scena che carat­te­riz­zano que­sta fase poli­tica elle­nica,  paiono allon­ta­narsi pure i tempi per un even­tuale voto anti­ci­pato, che fino a ieri veniva pre­vi­sto addi­rit­tura per la fine di set­tem­bre. Oltre alla troika,  i primi a non volerlo sono i par­titi dell’opposizione (da Nea Demo­cra­tia al Pasok e Potami), dispo­sti a votare le misure del Memo­ran­dum ma senza assu­mersi impe­gni diretti.
Il quo­ti­diano con­ser­va­tore Kathi­me­rini ieri ipo­tiz­zava la con­vo­ca­zione, su richie­sta di Tsi­pras (ma con appo­sito decreto del Pre­si­dente della Repub­blica Pro­ko­pis Pavlo­pou­los, che sarebbe già pronto), di una serie di ses­sioni estive del Par­la­mento a ran­ghi ridotti, con soli cento depu­tati invece di tre­cento, per appro­vare le riforme senza ricor­rere al voto di fidu­cia e  ridu­cendo radi­cal­mente il numero dei dis­sen­zienti, attual­mente  40 depu­tati sui 149 di Syriza. Que­sto con­sen­ti­rebbe di appro­vare le misure con­cor­date con la troika entro la fine di set­tem­bre, quando dovreb­bero essere più chiare le sorti dell’esecutivo. Ma fonti interne del Megaro Maxi­mou (la sede del governo) in serata face­vano tra­pe­lare che fino alla pros­sima set­ti­mana Tsi­pras non deci­derà nulla. Il pro­blema, hanno detto al quo­ti­diano di Syriza Avgi, è «mul­ti­fat­to­riale».
Intanto, in attesa che arri­vino i dieci miliardi del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità desti­nati alla rica­pi­ta­liz­za­zione delle ban­che, riman­gono le restri­zioni per il ritiro ai ban­co­mat (420 euro a set­ti­mana), ma il governo ha deciso di allen­tare i vin­coli ai boni­fici: chi ha un figlio all’estero potrà tra­sfe­rire non più 5 mila, ma 8 mila euro a trimestre

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