[DallaRete] Parigi, le voci della protesta

Riportiamo due corrispondenze di Radio Popolare del 19 e 20 Maggio sulla lotta contro la Loi Travail in corso in Francia.

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PARIGI – È sotto il sole di una Parigi primaverile che è partito il lungo periodo di proteste e cortei contro la legge sul lavoro promossa dal governo di Manuel Valls. Oggi è prevista un’altra mobilitazione generale, con manifestazioni in tutto il Paese e, di nuovo, con lo sciopero dei trasporti.

Due giorni fa, la prima grande prova generale, dopo l’approvazione della legge da parte dell’Assemblea nazionale: a Parigi i manifestanti (tra gli 11 e i 12mila per la polizia, 55mila secondo la CGT) hanno risposto all’appello di sette sigle sindacali e studentesche e, accompagnati su tutto il percorso da un doppio cordone di polizia, hanno sfilato per il sesto giorno in poco più di due mesi scandendo slogan per il ritiro della legge El-Khomri.

Una legge su cui il governo ha posto la fiducia alla Camera la settimana scorsa e che, secondo Claire, 61 anni, “è una legge di merda, una regressione completa! Torniamo al Diciannovesimo secolo, distruggiamo tutti i diritti conquistati finora, da dopo la guerra grazie al Consiglio nazionale della resistenza e a tutte le lotte sociali!”

Thomas, quarantenne, spiega che “è tutta l’architettura della legge che è pericolosa. Si vuole lasciare alle aziende la definizione dei diritti dei lavoratori. E noi pensiamo che il Codice del lavoro generale, valido per tutte le aziende, serva a proteggere meglio i lavoratori. Altrimenti ci sarebbero delle differenze nei diritti sociali in base al luogo di lavoro”.

François Hollande ha ribattuto che non cederà alle pressioni della piazza e che la legge passerà in ogni caso. Un atteggiamento che non scoraggia Pauline, 25 anni, in piazza dall’inizio delle proteste: “È da tanto che manifestiamo ma evidentemente il governo ascolta più i padroni di noi ed è per questo che continueremo a mobilitarci fino al ritiro di questa legge. Io sono qui, nel corteo giovani, e penso che sia fantastico, sapendo che siamo in periodo di esami e ci sono state due settimane di vacanza, che siamo così numerosi e determinati”.

La manifestazione di martedì, iniziata pacificamente, è stata interrotta a partire da metà percorso da alcuni scontri tra manifestanti e polizia. Lanci di petardi, fumogeni e bombe stordenti hanno accompagnato il corteo fino alla fine. I carri dei sindacati non hanno nemmeno messo piede in piazza Denfert-Rocherau, invasa da una nube di fumo urticante. Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine avevano già avuto luogo a Nantes e Rennes.

http://www.radiopopolare.it/2016/05/francia-le-voci-della-protesta-contro-la-riforma-del-lavoro/

—-

manif-loi-travail_radiopopolare-720x380Nonostante le tensioni delle ultime settimane tra manifestanti e polizia, con scontri e tafferugli registrati regolarmente in tutta la Francia, il corteo parigino per la settima giornata di mobilitazione contro la legge El – Kohmri sul lavoro è partito pacificamente alle 14 del 19 maggio, come da programma, dalla Place de la nation, nel sud della capitale. Non sarà l’ultimo appuntamento per i manifestanti: i sindacati hanno annunciato che scioperi e cortei proseguiranno in occasione di eventi in cui l’attenzione mediatica sarà particolarmente alta. Il 26 maggio, in contemporanea con l’apertura del torneo di tennis Roland-Garros ci saranno nuovi scioperi, così come il 14 giugno, in occasione del calcio d’inizio degli Europei.

In testa al lungo corteo del 19 maggio sfilavano a ritmo di slogan e canzoni i giovani di Nuit debout e gli autonomi, seguiti dai carri dei principali sindacati francesi. Una presenza che rassicura Marie e i suoi amici quindicenni, alla loro seconda manifestazione : “Vogliamo manifestare perché non siamo d’accordo con quello che è successo, il forcing che hanno fatto con la fiducia. Non è corretto perché l’hanno usata con delle cattive intenzioni e semplicemente non ascoltano la nostra opinione”.

Un punto di vista condiviso da Jean Pierre, che ribadisce: “Io sono in pensione, ma sono qui per i giovani che entrano nel mondo del lavoro che saranno precari e avranno delle condizioni di vita spaventose. Il governo è stato eletto sulla base del ‘nemico’, che è la finanza, che sono ‘i padroni’ oggi si comporta come un lacchè dei padroni e fa il loro gioco”.  “Oggi siamo in tanti e dai sondaggi sappiamo che il 70 per cento dei francesi è contro questa legge e quindi il governo è minoritario e agisce a colpi di fiducia per far passare un testo completamente illegittimo”.

Per la prima volta da mesi, l’inizio del corteo non è blindato dai poliziotti e la gente pare tranquilla e rilassata, almeno nelle retrovie. Fabrice, 22 anni, osserva passare i manifestanti con un mojito in mano, ma non sembra molto soddisfatto del numero di partecipanti : “Non è abbastanza. Bisogna fare di più per riuscire a ottenere qualcosa. Perché si senta lassù penso veramente che non basti. Penso che la gente sia un po’ troppo calma. Non sono per la distruzione dell’arredo urbano o per altre cose ma penso si possano fare cose più interessanti che marciare per strada. Elettricità, acqua, cibo, benzina… Ci sono degli scioperi, è vero. Ma guardate, ho preso la metro stamattina, senza problemi e insomma io penso che non sia abbastanza”.

Con i suoi 61 anni di esperienza, Claudia spera che il governo alla fine cederà, come è successo nel 2006 quando il parlamento ha approvato approvato poi ritirato, su pressione della piazza, una legge sul contratto di primo impiego. E osserva:  “Io penso che siamo mobilitati da molto tempo e trovo che la gente non sia ancora stanca, vedo che si tiene ancora, che c’è sempre gente. Ovviamente in settimana è più difficile perché bisogna mettersi in sciopero e tutto il resto…”.

Il governo però per il momento non sembra disposto a cedere e se il primo ministro ha ribadito la politica della fermezza contro i “casseurs”, i violenti, il prolungamento dello stato d’urgenza fino a fine luglio, cioè dopo gli europei e il Tour de France, non promette nulla di buono per le prossime mobilitazioni. Lo stato speciale permette infatti alla polizia di interdire le manifestazioni a chiunque, senza dover presentare delle prove davanti al giudice. È quello che è successo recentemente a un fotografo, che ha ottenuto la revoca dell’ordinanza grazie ad un giudice che ha stabilito come la decisione del prefetto impediva l’esercizio di una libertà democratica fondamentale: quella di manifestare e di informare.

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