[DallaRete] Sui fatti di Mambretti e Corelli
I nomi di queste due strade della periferia milanese sono balzati all’onore della cronaca in questi ultimi giorni perché gli “ospiti” dei centri di “accoglienza” che di quelle due vie prendono il nome hanno manifestato platealmente il disagio che le condizioni che subiscono quotidianamente generano in loro.
E il nostro primo pensiero va proprio ai migranti, i protagonisti della rissa e quelli dell’occupazione, ci auguriamo che le conseguenze di scelte dettate dall’esasperazione non abbiano conseguenze drammatiche per i loro destini, che il ragazzo ferito gravemente si salvi, che quello ferito lievemente si riprenda anche dallo spavento e non pensi a vendicarsi, che l’aggressore venga finalmente curato come merita, e che il gruppo che ha occupato temporaneamente un ala del centro, trattenendone parte degli operatori, venga ascoltato e non espulso, perché crediamo che le responsabilità di quanto avvenuto non siano imputabili esclusivamente ai migranti, ma anche e soprattutto all’inadeguatezza delle risposte messe in campo dalle istituzioni per far fronte ad una delle questioni che caratterizzerà il nostro tempo presente e futuro.
Non possiamo e non vogliamo augurarci che sia lo spettacolo della disperazione a muovere i passi della politica verso orizzonti di maggiore equità e giustizia sociale. La Lombardia ha un ruolo cruciale, perchè è vero, che, soprattutto nell’ultimo anno, sta ospitando gran parte dei richiedenti asilo, ma è anche vero che è una tra le più ricche regioni d’Italia, e certamente, non da sola, né delegando al terzo settore la guida dei processi d’integrazione, può sperimentare nuove e più avazate forme di inclusione sociale, in grado di produrre ricchezza, così anche il Comune con la costituenda Città Metropolitana.
Ne noi come attuali abitanti, né i migranti come possibili e futuri cittadini, abbiamo bisogno di uomini soli al comando, di soluzioni improbabili, che non tengano conto della complessità delle circostanze e delle competenze che per questo è necessario mobilitare, delle resistenze culturali di un ampio settore dell’opinione pubblica, spaventata ad arte in questi ultimi anni, della variabilità dei fenomeni migratori, anche in conseguenza delle scelte di politica estera dei governi nazionali.
La generosità dei cittadini di Milano, ma non solo, la verifichiamo quotidianamente da anni, ne siamo una valida testimonianza. Oggi, ad esempio, una commerciante di Porta Venezia ospiterà uno dei nostri incontri periodici per confrontarci su come riorientare la nostra capacità d’intervento sul quartiere. Negli anni abbiamo avuto seri problemi a stoccare tutte le donazioni ricevute, soprattutto gli indumenti, soprattutto quelli più improbabili, abbiamo inventato “Il mercatino dell’altro gusto” perché potessero diventare un’ulteriore risorsa e bandito esilaranti aste.
Abbiamo incontrato e ci siamo scontrati con le aspettative più diverse nell’impegno per il sostegno ai migranti, qualcuna probabilmente l’abbiamo tradita. Abbiamo provato ad orientare gli interessi di grandi organizzazioni, qualche volta con successo, altre volte no, ma quello che ci è stato sempre chiaro, e da subito, era che non avremmo mai potuto e dovuto agire da soli, anche quando la composizione del nostro gruppo ha fotto credere a qualcuno che la questione migratoria potesse essere ricondotta ad una singola comunità straniera, di provenienza o di credo.
E anche per questo abbiamo imparato a fare dei passi indietro, a rieorientare il nostro impegno anche all’informazione, alla formazione, alla sensibilizzazione, abbiamo imparato a riconoscere i limiti del volontarismo e la necessità, oltre che di chiedere aiuto, di chiamare la politica e le istituzioni alle proprie responsabilità.
I fatti di Mambretti e Corelli sono la conseguenza di scelte sbagliate!
E ci auguriamo che l’Assessorato alle politiche sociali, inizi a farsi promotore di un approccio integrato proprio a partire dalla Giunta di Milano, e che quindi, insieme al Sindaco, oltre che ad interloquire con l’Assessorato alla sicurezza, coinvolga, quello alla casa, all’urbanistica, al demanio, alla mobilità, al lavoro, alla cultura, e che attraverso un tavolo con le parti sociali, trasformi in risorsa le competenze che questa città può esprimere, perché gli spazi e i generi di prima necessità da soli non bastano ad esaurire bisogni di un essere umano.
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