Fight/Right. In migliaia a Roma per i diritti senza confini

Da Globalproject.info

Oltre 100 autobus sono partiti da 40 città, raggiungendo la capitale da Torino a Catania, dal Veneto a Napoli, dalla Toscana alle Marche. Controlli ai caselli autostradali. La piazza è animata di tantissime persone accorse da tutta Italia. Il corteo si conclude in Piazza del Popolo, gli organizzatori parlano di circa 50 mila persone presenti oggi per una giornata di “diritti senza confini”.

In migliaia già stanno riempendo piazza della Repubblica, in attesa della partenza del corteo “Fight/Right. Diritti senza confini”.

I tentativi da parte della Questura di Roma e dei media mainstream, su mandato del Ministero dell’Interno, di inficiare la partecipazione alla manifestazione costruendo un artificioso clima di terrore, si sono rivelati fallimentari.

Oltre 100 autobus sono partiti da 40 città (ecco la mappa di tutti gli autobus), raggiungendo la capitale da Torino a Catania, dal Veneto a Napoli, dalla Toscana alle Marche.

Un po’ di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale a causa dei blocchi ai caselli stradali. Decine di autobus carichi di manifestanti sono stati fermati alla stazione di servizio dopo il casello di Roma Nord; altri checkpoint anche alle altre uscite autostradali. Polizia e carabinieri hanno perquisito zaini e sono saliti sugli autobus. Identificate le persone che hanno con sè impermeabili per la pioggia.

Nonostante questo, il colpo d’occhio sulla piazza mostra chiaramente come il protagonismo dei migranti nella costruzione della giornata sia stato un elemento fondamentale.

Aboubakar Soumahoro riepiloga il percorso che ha portato a questa giornata di mobilitazione, auspicandosi che sia un primo passo verso un lungo percorso di mobilitazione per i diritti degli “ultimi”.

Sono tante le storie che si intrecciano in questa piazza. Storie che parlano di soprusi e sfruttamento, ma anche di rabbia e voglia di riscatto. Dagli sgomberati da piazza Indipendenza lo scorso agosto ai rifugiati che si sono ribellati a Cona marciando per la dignità; dai lavoratori che da anni lottano nel settore della logistica a chi sta iniziando ad alzare la testa contro il sistema del caporalato nelle campagne del Sud Italia. Ma anche studenti e studentesse inseriti sempre più in una formazione funzionale a logiche neo-servili, precari e precarie che quotidianamente rivendicano e praticano il diritto all’abitare, al reddito, ad una vita emancipata da retoriche razziste e securitarie.

È un corpo sociale complesso e variegato quello di oggi, schiacciato tra la vecchia governance neoliberale e le forze emergenti del populismo xenofobo. Un corpo sociale che ha subito un decennio di “governi della crisi”, che hanno reso istituente lo stato d’emergenza, normandolo attraverso i nuovi dispositivi del diritto differenziale.

Una pluralità di soggetti e di soggettività, frutto di lotte, spinte e percorsi politici spesso molto diversi tra loro, ma deciso su determinate parole d’ordine che fanno a capo alla giornata di oggi.

«Siamo facchini, braccianti, studenti, precari, rifugiati. Oggi scendono in piazza gli invisibili delle politiche di austerità e liberticide. Ci riprenderemo ciò che è nostro perché abbiamo sete di giustizia sociale e diritti». Con queste parole parte il corteo da piazza della Repubblica.

«La composizione in piazza oggi dà fastidio a tanti. È questa la potenza di chi, insieme, pretende reddito, dignità, libertà e diritti». Il corteo imbocca via Barberini e prendono parola le tante realtà venute da ogni parte d’Italia. 
Intanto continuano a raggiungere il corteo le tante persone in precedenza fermare con i bus ai caselli.

«Se siamo in piazza oggi è anche per opporci con forza alla guerra tra poveri e ad ogni tipo di razzismo e discriminazione». Negli interventi emerge con forza la volontà di contrastare tutte le forze politiche che alimentano l’odio etnico per aumentare consenso e potere.

Il camion con l’amplificazione si ferma a piazza Barberini, mentre il corteo prosegue verso le vie del centro, allegro e rumoroso. Secondo gli organizzatori sono 25 mila le persone scese in piazza oggi.

Tantissime le persone provenienti dalle occupazioni abitative di Roma, che negli ultimi mesi sono state colpite duramente dalla “linea dura” sugli sgomberi, frutto dell’ideologia securitaria che orienta l’operato del Ministro dell’Interno e di tutto il governo Gentiloni. Molti interventi hanno posto l’accento proprio sui pesanti effetti sociali e giuridici apportati dai due decreti, poi trasformati in leggi, che portano il nome di Marco Minniti.

Piazza del popolo è gremita. Tante e tanti stanno ancora raggiungendo la fine del corteo. Dal palco: «Siamo 50.00. Siamo profughi, studenti, precari. Siamo i dannati della globalizzazione».
 
I media mainstream hanno oscurato questa importante mobilitazione degli occupanti di case, degli sfrattati, dei migranti, dei richiedenti asilo, di tutti i soggetti sociali colpiti dalla crisi: nonostante questo però è innegabile che una marea umana si è riversata per le strade della Capitale per richiedere permessi di soggiorno per i richiedenti asilo e per chi l’ha perso a causa della Legge Bossi-Fini e del vincolo tra permesso e contratto di lavoro. Si richiedono inoltre l’abolizione delle leggi xenofobe e securitarie, reddito per tutti e tutte, lavoro ed accoglienza dignitosi, diritto all’abitare e alla residenza.
 
Ciò che è sicuramente emerso dalla piazza di oggi è una volontà comune di generalizzare istanze e rivendicazioni.

Il commento finale di Paolo Divetta «I numeri di oggi ci danno ragione; ora bisogna vedere se la manifestazione finisce qui o se è in grado di produrre uno scarto. L’incontro richiesto a Minniti va in questa direzione, producendo una forma vertenziale che molti di quelli venuti in piazza oggi vedono come possibilità concreta di cambiare le proprie condizioni di vita».

Rispetto all’incontro in questione, questo è stato recepito dal percorso di “Fight/Right”, su proposta di alcune realtà, come forma di pressione sul Ministero dell’Interno, principale artefice della stretta securitaria che attanaglia il nostro Paese, in particolare su migranti e movimenti sociali. Il precedente, sebbene calato in un contesto molto diverso, è la vertenza fatta dai movimenti per il diritto all’abitare con il Ministro Lupi rispetto al famigerato art. 5 del Piano Casa, lanciata in seguito alla grande mobilitazione del 19 ottobre 2013.

Secondo Divetta il corteo di oggi dà maggiore solidità anche ai movimenti per il diritto all’abitare, duramente colpiti negli ultimi mesi da sgombero e misure repressive.

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