West Climbing Bank – ‘Sana saaida’
A pochi chilometri da Betlemme esiste una valle dove pareti di calcare rossastro fanno da contorno a coltivazioni di ulivi. Qui il nostro gruppo ha fatto la sua prima esplorazione scalatoria, cercando possibili linee di salita. Siamo in area C, sotto totale controllo israeliano, dove una colonia sovrasta la valle: è una delle più ricche e abitata solo da ex militari. Il muro e la caserma militare la separano per pochi metri dal piccolo villaggio palestinese che ancora resiste.
In questo viaggio ci accompagna un numeroso gruppo di ragazzi del centro culturale Laylac. Alcuni muovono oggi i primi passi sulla roccia, altri invece dimostrano una certa manualità con corde e nodi, grazie anche agli amici francesi che prima di noi hanno sviluppato il progetto ‘climbing the walls’.
In questo luogo nessuna parete è stata ancora chiodata, ogni linea è raggiungibile dall’alto e tutte le soste vengono attrezzate su spuntoni e clessidre. La falesia è composta da due lunghi muri contrapposti di una decina di metri d’altezza tra i quali si estendono terrazzamenti di ulivi. La roccia è calcarea molto lavorata e le pareti sono caratterizzate da forti strapiombi intervallati da pilastrini verticali sui quali abbiamo concentrato la nostra scalata. Nonostante il modesto sviluppo verticale, l’estensione, la bellezza della roccia e del paesaggio la rendono interessante.
Mentre alcuni preparano la prima sosta altri accendono il falò, fondamentale per la preparazione del caffè, il cui profumo di cardamomo è ormai parte della nostra quotidianità. I ragazzi sono gasati e il loro approccio alla parete è carico di emozioni, anche noi testiamo le linee appena scoperte e ci godiamo il sapore dell’esplorazione.
A. arrampica per la prima volta su roccia dimostrando un talento innato e ammette con un sorriso: ”C’è una cosa positiva dell’occupazione: scappando dai militari israeliani abbiamo imparato a scalare rapidamente”.
L’atmosfera è molto diversa dalle giornate precedenti, le nostre teste sembrano più leggere e quasi ci dimentichiamo dove siamo, se non fosse per la colonia che sovrasta la vallata. Siamo tornati più vicini a quella che è la nostra quotidianità e abbiamo aiutato i ragazzi a rivendicare la normalità che l’occupazione cerca di sottrargli in ogni modo. L’arrampicata libera è uno strumento potente per presidiare i territori sotto occupazione e difendere gli ultimi tesori naturali rimasti al popolo palestinese.
Non avremmo potuto chiudere l’anno in modo migliore. Questo 31 Dicembre tutte le iniziative pubbliche per Capodanno sono state annullate per protesta contro la dichiarazione di Trump.
Anche se sembra esserci poco da festeggiare qui in Palestina ci auguriamo comunque Sana saaida, buon anno, che sia di auspicio per la lotta che non si ferma dalle falesie al deserto di Filastin.
Tal-Al-Qamar, 31/12/2017
Tag:
arrampicata colonie israele occupazione Palestina palestinesi territori occupati trump