Cambiamento è partecipazione

Il contributo di Massimo di RiMaflow al dibattito sulla metropoli aperto da MilanoInMovimento.

“Vista dall’alto Buenos Aires assomiglia a una città dell’Europa o al Nord America; le vetrine invogliano a comprare, le imponenti torri delle banche invogliano a investire…ma se scendiamo di quota troviamo una nazione paralizzata. L’Argentina non è un paese povero, ma un paese ricco che è diventato povero: cinquant’anni fa l’economia del paese era paragonabile a quella del Canada o dell’Australia.”

dal film “La presa” di Lewin Avi – Naomi Klein

Il punto di vista di una fabbrica recuperata non può prescindere dalle condizioni generali all’interno di una città. Milano, negli ultimi trent’anni ha cambiato il suo volto, cambiando la sua identità produttiva: chiuse le grosse fabbriche, grandi concentrazioni in quartieri abitativi di operai-massa, si è trasformata in città globalizzata, forse la maggiore esperienza di globalizzazione italiana. Le vetrine, i grandi eventi, le luci dei riflettori accesi quotidianamente sono utili ad abbagliare, a confondere le idee dei cittadini lavoratori che pensano di vivere in una città incantata, ma nella quotidianità si ritrovano a dover resistere per sopravvivere con un reddito al di sotto delle aspettative, vicini alla soglia di povertà. (vedi il contributo di Andrea Fumagalli).

È banale pensare che un Paese che non produce, che abbandona gli spazi al degrado e all’incuria, che trascura i cittadini lavoratrici e lavoratori investendo risorse in un’economia finanziaria fatta di carta e aria, utile ad alimentare le bolle che quando scoppiano spazzano via ogni speranza e molte vite, che esclude i poveri, punisce la disperazione, è un Paese iniquo destinata a non durare.

Chi sarà il protagonista del cambiamento? Sicuramente non può esserlo l’attuale Governo. Il cambiamento si avrà solo a opera della componente popolare oppressa. Ciò che il Governo sta creando è una guerra tra poveri: italiani e migranti, donne e uomini. Le nuove leggi – vedi il decreto sicurezza – mettono gli uni contro gli altri. Nei fatti dividono i poveri dai ricchi, tutelano la proprietà privata ai danni della collettività; riducono l’azione politica degli ultimi inasprendo le pene: per chi occupa, chi si ribella, chi pretende la dignità come bene indivisibile e universale.

La riduzione delle politiche di walfare, i tagli alla sanità, all’istruzione, alla previdenza sociale sono pratiche neoliberiste che contribuiscono allo spaccamento della società.

È la politica della divisione, la legalità che erge dei muri invisibili che confinano i poveri nelle periferie delle periferie. Ed è facile pensare che nei prossimi anni si possa arrivare alla costruzione di muri reali, con le polizie private pronte a vigilare su chi tenta di oltrepassare il confine. La legge sulla legittima difesa ha questo scopo, armare i cittadini alimentando lo scontro di classe a favore della classe dominante.

Il cambiamento passa attraverso la partecipazione attiva per la difesa dei beni comuni, dalla battaglia affinché il patrimonio pubblico e/o abbandonato venga valorizzato e restituito alla comunità, cosicché tutte le cittadine e i cittadini possono accedervi senza limitazioni imposte.

La frammentazione dei movimenti è uno dei grandi freni al cambiamento, e nello stesso tempo non possiamo immaginare o predicare l’unità se ogni gruppo ha la necessità di difendersi dai gruppi simili per caratteristiche, oppure per esaltare la propria autorevolezza. Basta osservare gli scioperi (la madre di tutte le battaglie) indetti dai vari sindacati in piazze diverse, a cui partecipano sempre meno lavoratrici e lavoratori, con le motivazioni che ha spiegato bene Andrea Fumagalli.

Per realizzare l’azione collettiva necessaria al cambiamento reale della società, è importante creare delle reti interdipendenti, che si fondano su principi di mutualismo reale e sociale.

La rete deve contenere caratteristiche identitarie: l’antifascismo, l’anticapitalismo, l’antisessismo, ma queste da sole non bastano. Sono necessarie forme di interdipendenza economica attraverso gli scambi di beni, servizi, spettacolo, cultura, prodotti con caratteristiche di solidarietà e rispetto per le lavoratrici e i lavoratori, il pianeta, la flora, la fauna. Interdipendenza nelle scelte formative, attraverso la costruzione di vere e proprie scuole di formazione che insegnano un modello di (re)esistenza, attraverso le politiche del “NOI” alternativo al modello dominante che esalta l’individuo e l’individualità.

Bisogna mettere in campo le forze per recuperare gli ultimi, gli esclusi con forme popolari di ambulatori, mense… E insieme costruire la massa critica necessaria al cambiamento reale.

RiMaflow, in questo contesto ha già avviato un sistema di relazione sul territorio, collegandosi con associazioni che lavorano su di esso: con il DESR (Distretto di Economia per lo Sviluppo Rurale) Parco Sud Milano, con la Caritas, la scuola di musica “Antonia Pozzi” di Corsico. Attraverso la rete Communia condivide le attività di RiMake, del RiParco di Magenta e di molte altre realtà; insieme a tutte loro è stata tra i promotori della Rete Nazionale FuoriMercato. Ha costruito relazioni internazionali con le “Fabbriche recuperate” in Sudamerica e in Europa, ad aprile ospiterà il terzo Incontro Euro-mediterraneo delle Economie dei Lavoratori. Conosce e trae ispirazione dal Movimento Sem Terra in Brasile, dai Movimenti popolari mondiali che si sono incontrati in Vaticano.

Infine, ma non per importanza, produce e commercializza con caratteristiche di mutuo aiuto prodotti come il Rimoncello con i limoni delle cooperative di SOS Rosarno e l’Amaro Partigiano con l’associazione Archivi della Resistenza di Fosdinovo. E in cantiere ci sono ancora numerosi altri progetti, per esempio con il movimento Non una di meno e con altre realtà di lotta e di resistenza nel mondo.

La manifestazione del 28 novembre in difesa di RiMaflow è frutto anche del collegamento con tutte queste realtà che colgo l’opportunità per ringraziare. Una nota particolare su quella giornata di lotta, è che in due città – Bari e Napoli – sono stati organizzati presidi spontanei a sostegno di Rimaflow davanti alle sedi di UniCredit.

Concludo ricordando a me stesso e a chi legge di essere detenuto agli arresti domiciliari, pagando il ruolo di presidente della cooperativa RiMaflow, per reati legati alla gestione dei rifiuti. Lo spauracchio della gestione dei rifiuti ha colpito anche Mimmo Lucano sindaco di Riace e la nave Aquarius di Medici Senza Frontiere.

La legalità e la legittimità non sempre hanno gli stessi obiettivi. Nelle lotte bisogna mettere in conto anche di perdere qualcosa, se si lotta bisogna essere coscienti che gli avversari si possono opporre alle nostre rivendicazioni con mezzi più o meno leciti.

Massimo Lettieri di RiMaflow

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