Hey, teacher, leave us kids alone! Ovvero: delle sparate quotidiane del Ministro Valditara

When we grew up and went to school
There were certain teachers who would
Hurt the children any way they could
By pouring their derision
Upon anything we did
And exposing every weakness
However carefully hidden by the kids
But in the town it was well known
When they got home at night, their fat and
Psycopathic wives would thrash them
(The Happiest Days of Our Lives, Pink Floyd, 1979)

Nell’ascoltare le sparate del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, ci viene in mente immediatamente un celebre brano dei Pink Floyd tratto da un altrettanto celebre disco (cui seguì film), Another brick in the wall tratto per l’appunto da “The Wall” del 1979.

Valditara, con la sua incontinenza verbale e i suoi concetti polverosi e desueti, che si richiamano ai più beceri luoghi comuni della peggio destra da bar al quinto bianchino, ricorda proprio il maestro frustrato di “The Wall”: prepotente e sadico con gli alunni, sottomesso e servile tra le mura di casa.

Abbiamo fatto una collezione, anzi, una galleria degli orrori delle dichiarazioni quasi quotidiane del ministro, che ha in mente un modello di scuola autoritario in stile “sorvegliare e punire” di foucaultiana memoria.

Partiamo dalla terrificante circolare del 9 novembre in occasione dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino del 1989, che fa dell’anticomunismo (un po’ fuori tempo massimo a dire il vero) uno dei mastici della “nuova” (si fa per dire) Italia sognata da Giorgia Meloni. Un’Italia da un lato a-fascista, ma sempre e comunque ferocemente anticomunista, non sia mai che qualcuno osi ribellarsi!

“… la sua realizzazione concreta (del comunismo) comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte”.

A prescindere dalla qualità storiografica della circolare, che uno storico come Barbero avrebbe asfaltato, nel proporre (che novità) il comunismo come male assoluto Valditara si dimentica di dire, tra le tante cose, che quest’ultimo, pur con tutti i limiti di cui si può discutere, per la prima volta nella storia ha rappresentato per milioni di persone la reale speranza di una vita migliore, non in un inesistente paradiso dopo morti, ma qui e ora. Nonché un obiettivo che ha aiutato interi popoli a emanciparsi dal colonialismo cacciando a sonori calci nel culo noi occidentali-civiltà-superiore.

Ma ecco un’altra brillantissima argomentazione:

“…il reddito (di cittadinanza) è collegato all’illegalità tollerata del mancato assolvimento dell’obbligo scolastico”.

A parte il fatto che non si riesce a comprendere quale correlazione ci sia tra una misura di welfare approvata nel 2019 e un male storico e ancestrale del nostro Paese come l’abbandono scolastico, qui il ministro si uniforma alla feroce campagna in corso contro i poveri e al più becero luogocomunismo contro gli “scansafatiche da divano”. In un Paese con 80 miliardi di evasione fiscale, gli stipendi tra i più bassi d’Europa, interi settori produttivi basati sullo schiavismo, 4 morti sul lavoro al giorno e il 62% di aziende irregolari secondo l’Ispettorato del Lavoro, il nemico pubblico numero uno è il reddito di cittadinanza. Insomma, invece che darsi da fare per sostenere i figli delle famiglie meno abbienti con una serie di interventi di supporto Valditara, conscio dell’incapacità dello Stato di risolvere una situazione tragica, la butta in caciara sparando contro il reddito di cittadinanza.

La penultima sparata è quella che più ha fatto rumore e sulla quale Valditara ha dovuto battere in pronta e poco eroica ritirata. Quella dell’umiliazione come efficace strumento di crescita. Ma ci piace riportare le esatte parole:

“…umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità”.

Che dire? Perché non reintrodurre le punizioni corporali a questo punto, e le orecchie da asino da indossare davanti alla classe intera. Perché un* student* umiliat* oggi sara un* cittadin* ubbidiente domani.

L’ultima boutade, la meno nota ma più significativa dal punto di vista politico, è:

“…(le istituzioni) chiedono anche il coinvolgimento di quello che è essenziale nella repressione delle devianze, il controllo sociale, la stigmatizzazione pubblica”. 

Repressione, controllo e stigmatizzazione. In tre parole un manifesto politico, perché lo slogan della destra italiana, si sa, alla fine è sempre quello: “Forte coi deboli e debole coi forti” e “Tutta legge e ordine, ma solo per gli altri”.

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