Sala: dall’Expo alle Olimpiadi, la città del capitale e del privato

Il contributo di Andrea Cegna al dibattito sul futuro di Milano.

Per il Sole24Ore Milano è la città dove si vive meglio in Italia. Dal 2015, in poi, la retorica su Milano e “modello Milano” è elemento quotidiano della narrativa cittadina e italica. Il grosso investimento bi-partisan sull’Expo e soprattutto la spartizione di ricchezze drenate al pubblico e ripartite tra i media più grandi del nostro paese ha livellato il racconto della città.

Sala, ex-Ad della società che ha gestito il grande evento è ora Sindaco di Milano. E lui che deve gestire il post esposizione universale. A oltre 3 anni dalla fine di Expo però non si hanno ancora dei conti ufficiali, né della società né dell’indotto. L’evoluzione dei ruoli di Sala in città, da City Manager con Letizia Moratti, Ad di Expo e poi a Sindaco, ben ci raccontano la politica oggi, e forse il governo della città. E il ruolo di Milano in Italia e di Sala in Italia.

Perché Sala è diventato sindaco? Qual è il suo compromesso? Piero Bassetti il giorno del ballottaggio ai microfoni di Radio Popolare disse “Pisapia era l’uomo per sconfiggere le destre, Sala è l’uomo per amministrare la città”. In queste parole vi è un mondo e forse la risposta alla domanda. Sala ha un ruolo, amministrare la città, allargare il “modello Expo”, ovvero un modello di città aperta, internazionale, allegra capace di attrarre turisti e capitali e allo stesso tempo avere il volto pulito della città capace di accogliere, della città anti-razzista a 360 gradi. Il ruolo che tante città metropolitane hanno nel mondo, e che mostra una distanza, a volte incolmabile, con provincia e campagna.

Il passaggio Expo – Olimpiadi 2026 quindi diventa l’elemento necessario per il mandato di Sala e per il modello di città da costruire, una città dove il privato è il soggetto dominante, dove l’estetica urbana deve essere variegata ma controllata così da accontentare turisti e capitali di diverso tipo, dove la retorica della città aperta è fatta di atti concreti, e a essere soggetti esclusi o “pericolosi” siano solo i poveri.

Ed è in questo schema che l’amministrazione può supportare la campagna “Milano senza Muri”, che è assente quando ci sono mobilitazione anti-razziste che mettono a critica il sistema capitalista, e allo stesso tempo essere la pulce nell’orecchio di Questura e magistratura per repressivi, assurdi, e folli, teoremi associativi contro chi pratica il diritto all’abitare provando a garantire ciò che il pubblico non fa: dare un tetto a chi è povero. Impossibile pensare che le tempistiche di assegnazione case Aler e MM siano solo per motivi burocratici ma non legate al progetto di città sopra descritto.

E nello stesso solco quindi l’amministrazione Sala può tranquillamente non discutere in Consiglio Comunale il Piano di Governo del Territorio ma mettere in vendita il patrimonio pubblico, guidare l’operazione di spostamento dell’Università Statale da Città Studi al sito di Expo2015 (altrimenti vuoto, e simbolo di un fallimento che non lascerebbe spazio alla retorica sulle Olimpiadi), mettere sotto sgombero Macao e non riuscire a risolvere la questione Leoncavallo, alimentando i nervosismi palazzinari della famiglia Cabassi.

Una città, così, capace di avere eventi di ogni tipo, a ogni velocità di ogni fattura, ma che questi eventi siano legati all’idea di profitto, o mega sponsorizzati. Una città che drena risorse pubbliche per progetti in cui il protagonismo è privato. Un processo pernicioso, dove gli elementi culturali/aggregativi/sociali hanno un pezzo di centralità minimale, ma molto raccontata, e servono da giustificatore degli investimenti.

E’ chiaro che l’apertura dei navigli sia una cosa importante per la città, ma allo stesso non primaria per chi vive in una casa popolare. L’asimmetria milanese oggi però dice che il naviglio è più importante e urgente della casa popolare, perché il ruolo della città deve essere non di accomodare chi ha meno possibilità di viverla ma di allargare l’area di attrattività della stessa.

In questo è forte l’esempio di No.Lo. Cioè la parte a Nord di Loreto. Una parte della città trasformata in nuovo centro. Una parte di questo lavoro è stato iniziato con Expo. La Via d’acqua, fermata dalla grande iniziativa popolare del Comitato No Canal. Serviva ne più ne meno che iniziare una simile operazione a Trenno, quartiere periferico, dove elementi di speculazione privata erano pronti, attorno all’opera faraonica – inutile ma molto turistica – a cambiare il volto del quartiere ora popolare.

Il volere delle Olimpiadi è legato a stretto giro al proseguimento e accelerazione di questa città, possibile solo per pochi come luogo di vita. Accessibile a tanti e tante come spazio di fruizione temporaneo. In questo non vi è alcun giudizio sull’evento sportivo in se, per me meraviglioso. Ma ha la logica sopra-descritta. E Sala è l’uomo di questa Milano, la città del capitale, perché oggi, come scrivevo per Effimera la città è l’elemento di partenza delle logiche di accumulazione del capitalismo, ed è dentro lo scontro tra città che il conflitto deve nascere. In questo la città di Sala è una città ben precisa.

Qual è la nostra città? E come la vogliamo costruire? Sono le domande aperte.

Andrea Cegna

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