“Storie di quartiere” – Intervista a SMS – Spazio di Mutuo Soccorso

Siamo a metà Maggio. Il tempo sembra aver virato, finalmente, al bello.
Viaggiamo in macchina coi finestrini abbassati in una giornata di caldo quasi estivo smanettando sull’autoradio e passando senza soluzione di continuità dallìascolto del miglior Vasco d’annata con l’album “Siamo solo noi”, all’hipsterismo di “Thegiornalisti”…
Questa volta la nostra meta si trova in Piazza Stuparich.
Ci stiamo infatti recando a SMS – Spazio di Mutuo Soccorso: una grande occupazione abitativa capace di ospitare quasi un centinaio di persone.
Entrando nell’ampio cortile ci sediamo all’ombra per iniziare la nostra intervista.
 
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-Da quanto tempo esiste SMS?
E’ stato occupato il 24 Aprile 2013.
 
-Qual’è stato il percorso che ha portato all’occupazione?
A San Siro abbiamo un lavoro sulla casa che è partito nel 2009.
E’ nato tutto da un ragionamento fatto sul mutualismo.
L’importanza di mettere a valore le capacità di ogni persona su singoli progetti.
Condividere competenze, saperi, energie e tempo.
Vogliamo che sia un luogo di “empowerment”, cioè dove ognuno possa valorizzare nella collettività la propria individualità, arricchire se stesso e gli altri.
Per fare un esempio… A SMS abbiamo un agronomo che, migrando in Italia, era finito a fare le pulizie. Dopo l’occupazione, ha potuto rimettere in campo le sue competenze.
Bisogna riuscire a far incrociare le competenze e i bisogni.
Alla base l’idea è quella di costruire un welfare comunitario dal basso, che sappia rispondere ai bisogni e che metta in gioco le persone.
Per esempio, la scuola d’italiano vogliamo non sia assistenzialista, per capirci le scuole d’italiano le mette in campo anche la Chiesa, ma c’è una bella differenza!
La differenza sostanziale è il valore politico del progetto: durante le lezioni si prova a parlare di diritti, dei valori della resistenza, delle mobilitazioni che ci sono, delle proprie origini. In più si chiede a tutti di provare a dare un contributo ai progetti
Un po’ di ragazzi della scuola d’italiano hanno iniziato a far politica, sono diventati protagonisti e attivisti.
Per un paio d’anni abbiamo fatto un manuale sulle pratiche possibili di mutuo soccorso a Milano.
Abbiamo distribuito anche dei questionari a San Siro e in città chiedendo alle persone che abilità e disponibilità sarebbero state disposte a mettere in campo. Questo sopratutto per la palestra e per la scuola d’italiano.
Da un punto di vista più pratico e materiale…la scuola d’italiano e il mercatino dello scambio si erano ingranditi a tal punto che abbiamo deciso di trovare uno spazio adeguato.
 
-Voi avevate il lavoro sulla casa già in atto a San Siro. Com’è stato il passaggio a una dimensione di occupazione così grossa che fa venire in mente subito le lotte per la casa degli anni ’70?
C’era un lavoro di sportello per la casa e anche il lavoro col sindacato Asia, ma era chiaro che c’erano tantissime persone che non avrebbero mai potuto accedere alla casa e sarebbero rimaste col culo per terra.
Allo stesso tempo prima di occupare abbiamo cominciato una campagna di segnalazione dello sfitto, per denunciare come si potrebbero risolvere i problemi dell’emergenza abitativa: #occupysfitto.
Si era formato un gruppo di persone pronte a vivere in uno spazio di questo tipo.
La cosa difficile poi, è imparare a vivere insieme.
Non si tratta di un’occupazione di studenti di vent’anni!
Ci sono famiglie con provenienze molto diverse.
 
-Com’è stato il passaggio da un esperienza di lotta di quartiere a questi palazzi?
Come vi dicevo è stato un percorso.
Se uno ha bisogno di una casa…non per forza ne deriva che stia in un’occupazione!
Deve esserci una lotta alle spalle ed era da tempo che ragionavamo su questa cosa.
Il comitato nasce come elemento di resistenza agli sgomberi degli appartamenti occupati.
A Milano, il fenomeno delle occupazioni di case nei quartieri popolari per lungo tempo è stato spontaneo, andando oltre le dinamiche di movimento.
Alcune dinamiche, anzi, erano e sono molto lontane dalle logiche di movimento.
Sto parlando ovviamente del racket…
Dopo la resistenza agli sgomberi, abbiamo iniziato a seguire i problemi relativi alla morosità che, in questi dieci anni di crisi economica sono esplosi.
Una famiglia in graduatoria, che sta per avere un’assegnazione, se occupa, perde il diritto acquisito.
Abbiamo quindi costituito all’interno di SMS anche una “casa polmone” per quelle famiglie in attesa d’assegnazione.
Abbiamo seguito più di 10 nuclei familiari che poi, hanno ottenuto l’assegnazione.
Per loro SMS è stato un passaggio temporaneo, uno spazio che ha evitato che stessero per strada o passassero dalle comunità o dai dormitori.
 
-Qual’è la relazione tra SMS e il comitato di San Siro?
Questo passaggio non ha tolto energie al lavoro sul quartiere.
Anzi! Vogliamo sia un luogo di costruzione di comunità e di welfare dal basso, uno strumento utile al lavoro sociale e politico che si fa in quartiere.
 
-Il discorso col sindacato Asia com’è iniziato?
A Milano Asia non esisteva, mentre a Roma ha l’eredità di una parte importante del movimento di lotta per il diritto alla casa.
Il sindacato serve come terreno sul quale cercare di mettere in atto una sorta di ricomposizione sociali tra chi vive problematiche diverse sul tema del diritto alla casa: l’inquilino regolare insieme all’occupante, il moroso con il senza casa. Sfaccettature diverse di un medesimo problema.
Col sindacato conosci tanti inqulini “normali”, fai vertenza, hai un volto formale.
Non ti confronti solo con gli aspetti di forte marginalità, ma con un mondo più variegato.
E’ ovviamente una sperimentazione, la nostra storia non è una storia di sindacato.
 
-Che rapporti avete con gli altri sindacati degli inquilini?
Qui a Milano con Unione Inquilini a livello territoriale si riesce a lavorare.
 
-La zona è molto cambiata in questi anni?
Quando siamo entrati qui davanti c’era un gigantesco sterrato…
E’ una storia interessante e paradigmatica.
Fino al 2010 qui davanti c’era un parchetto.
Poi è sorta l’idea di fare una gigantesca rotonda.
Nel mentre hanno iniziato a fare il lavoro di ricostruzione del Palalido senza pensare che però un progetto escludeva necessariamente l’altro…
Così il progetto della rotonda si è fermato.
Si è creato un gigantesco sterrato.
Con un collettivo del Politecnico abbiamo fatto una sorta di “indagine” e poi siamo passati all’azione.
Abbiamo tolto tutti gli orsogrill che delimitavano lo spazio e iniziato un lavoro con le aiuole.
A quel punto il Comune si è svegliato e ha fatto i lavori.
Idem per l’asfalto.
Si può dire che abbiamo stimolato il Comune a mettere in campo un comportamento virtuoso!
Hanno però lasciato uno spiazzo verde vuoto e incubatori. Così abbiamo piantato nell’aiuola più di 100 alberi.
Queste cose, il quartiere ce le riconosce.
Ci piacerebbe fare un’area per i bambini.
 
-Com’è l’assemblea di gestione? Impegnativa?
Ci sono assemblee per i singoli progetti e poi si fanno dei momenti di discussione generale.
Ci si coordina, per esempio, per gli open-day.
E’ complesso riuscire a coordinare tutto e tutti.
 
-Come sono organizzati spazi comuni e pulizie?
Beh…
I grossi problemi della convivenza sono proprio questi.
Chi pulisce, chi butta la spazzatura…
Può sembrare incredibile, ma i problemi del quotidiano sono i più difficili da affrontare…molto più del grande ragionamento politico.
La spazzatura viene buttata a turno dalle varie scale.
Lo stesso vale per i turni di apertura/accoglienza e pulizia.
Poi ci sono le giornate di lavori straordinari.
 
-Ci sono spazi comuni nelle palazzine?
No. Sono singoli appartamenti.
Poi ci sono la “casa polmone” e una foresteria.
All’interno abbiamo diverse comunità di migranti.
Alcune associazioni della comunità senegalese di Milano, per esempio si trovano qui.
Lo stesso vale per i ragazzi dell’Ecuador e dell’Argentina.
Lo spazio comune è molto vissuto.
Si creano una serie di connessioni che politicizzano alcune situazioni che altrimenti non lo sarebbero.
Abbiamo ospitato anche gruppi di ballo sudamericano!
Il meticciato è un elemento fondamentale del nostro far politica.
E’ capitato che senegalesi ed ecuadoregni facessero serate insieme.
Si creano legami umani incredibili che poi superano le singole iniziative politiche.
Poi, per esempio, ci sono alcune famiglie che hanno il furgone perché lavorano ai mercati e lo mettono a disposizione per le esigenze di SMS.
 
-Com’è il quartiere?
E’ più “pettinato” di San Siro.
Se vi riferite a eventuali problemi col vicinato…
Devo dire pochi.
SMS è uno spazio aperto e le persone ci entrano.
Se hai dei problemi puoi venire qui a parlarne.
Un elemento che ha aperto al quartiere è stato il GASP: il Gruppo di Acquisto Solidale Popolare.
 
-Problemi coi fascisti?
No. Qui mai.
Hanno provato un paio di volte quelli di Casa Pound al mercato di Via Osoppo e li abbiam cacciati…ma non in un modo “militare” come uno si può immaginare, ma con la nostra composizione meticcia e popolare, con i passeggini e i più anziani.
Molto più insidiosa è la presenza della Lega Nord.
 
-Com’è la situazione a San Siro?
La composizione è fondamentalmente binaria: migranti e anziani autoctoni.
C’è stata una campagna stampa fortissima di terrorismo psicologico.
Molti hanno interiorizzato una narrazione negativa del quartiere.
Se gli chiedi ti dicono che hanno paura degli immigrati…poi però, magari il loro migliore amico di scala viene dal Maghreb!
Il racket c’è ed è stato denunciato pubblicamente più volte.
Il vero dramma comunque sono le case vuote, ancora centinaia in ogni quartiere.
Inoltre ci sono pochissimi spazi di socialità.
San Siro, a quanto ne sappiamo, è stato messo fuori dai soldi stanziati per la coesione sociale.
Il problema della coesione sociale è reale e forte.
C’è per esempio una componente sociale egiziana dove i bambini stanno qui solo una parte dell’anno con tutti i problemi legati alla lingua.
Dopo la chiusura dei campi c’è stata una migrazione rom verso il quartiere abbastanza consistente.
E’ capitato che si creassero tensioni tra gli adolescenti dei vari gruppi etnici.
Proviamo attraverso i Block Party a coinvolgere tutti per conoscersi e rompere un po’ ‘sti schemi. Lo stare quotidianamente in quartiere è fondamentale
E’ un terreno difficile, ma interessante.
Lavoriamo con diverse associazioni.
Se non facciamo intervento noi…chi lo fa!?
 
-Com’è il rapporto con l’amministrazione comunale?
Non c’è una relazione diretta.
Si aprono delle interlocuzioni sui singoli casi e le singole vertenze.
Stanno destinando fondi sul problema delle case vuote, ma sono irrisori.
Le soluzioni sull’abitare sarebbero possibili e fattibili, ma non c’è nulla da fare!
C’è una commissione che analizza le singole situazioni degli occupanti per valutare lo stato di necessità, ma non funziona…
Gli sfratti poi, sono un vero e proprio business.
Una vicenda esemplare: una famiglia già assegnataria viene sgomberata con tanto di botte della Polizia al picchetto anti-sgombero…dopo lo sgombero viene messa 11 mesi in albergo per poi vedersi finalmente assegnata la casa…che bisogno c’era di sfrattare?
MM si vanta di aver fatto 400 sgomberi…ma di queste bisognerebbe sapere quante sono tornate vuote e quante sono state assegnate!
Le soluzioni, come dicevamo, ci sono, ma non sono convenienti dal punto di vista delle clientele politiche.
Poi c’è il problema della vendita delle case popolari.
L’ALER ha un buco di bilancio notevole, la Regione si è detta disposta a rifinanziarlo, ma ALER dovrebbe ripianare parte del debito vendendo 10.000 alloggi su un patrimonio di 40.000.
Stanno avendo problemi a vendere.
La paura è per la vendita in blocco.
Gli acquirenti potrebbero essere dei fondi immobiliari.
C’è il Mipim, che è una fiera internazionale del real estate dove le città vanno a proporre zone di riqualificazione.
Vengono venduti interi pezzi di città spacciati all’opinione pubblica come riqualificazione, ma è solo pesante gentrificazione.
Lo sfascio in cui viene lasciata l’edilizia pubblica serve a legittimare la gestione privata…così che la gente si dica: “Ecco…vedi! Il pubblico fa schifo e non funziona! Meglio i privati!”.
 
-Progetti per il futuro?
Siamo al quarto anno di occupazione.
La quotidianità toglie molte energie.
Siamo in un network di lotta per la casa e diritto alla città a livello europeo.
Questo ci serve ad acquisire nuove conoscenze e a sperimentarci.
Si tratta di 18 realtà da 18 diversi paesi.
Noi abbiamo una relazione molto forte con le esperienze spagnole e francesi.
L’importante è creare progetti replicabili e riproducibili.
SMS deve essere una casa per mobilitazioni e idee.
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