Padova e Milano, l’Intifada studentesca a macchia d’olio

Bologna, Roma, Napoli, Palermo e da ieri pomeriggio anche Padova e Milano. Si allarga nelle università italiane la protesta delle tende contro l’assedio israeliano a Gaza. La chiamano “intifada studentesca” e sarebbe dovuta iniziare il 15 maggio in occasione dell’anniversario della Nakba, la “catastrofe” in arabo, quando nel 1948 oltre 700 mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro case. Il precipitare della situazione a Rafah ha però anticipato i piani.

A Padova le tende sono state piazzate nel cortile di Palazzo Bo, sede storica dell’Università cittadina. «Abbiamo raccolto l’appello dell’università palestinese di Birzeit, abbiamo fatto nostro l’esempio dei campus negli Stati Uniti» hanno spiegato gli studenti padovani. Promettono di restare accampati almeno fino al prossimo Senato accademico del 14 maggio.

A Milano studenti e studentesse promettono un’accampata a oltranza fino a quando la Statale non accoglierà le loro richieste. «Vogliamo la rescissione delle collaborazioni economiche tra l’università Statale di Milano e Israele» dice Leila Awad dei Giovani Palestinesi Italiani. «Rompere gli accordi economici pensiamo sia un modo concreto per non supportare il genocidio a Gaza». Gli universitari milanesi solidali con la causa palestinese qualche settimana fa avevano ottenuto una prima vittoria: la Statale ha sospeso la collaborazione che aveva con l’università israeliana di Ariel, che ha sede nei territori occupati in Cisgiordania. «Chiediamo che venga cancellato anche l’accordo con un’altra università israeliana che collabora con l’esercito, la Reichman University».

Nel chiostro principale dell’Università degli Studi di Milano a fine giornata ci sono una cinquantina di tende. Dalla balconata che affaccia sul cortile pende una bandiera palestinese lunga una ventina di metri. A promuovere l’accampata, oltre ai Giovani Palestinesi, ci sono collettivi universitari come Rebelot, Cambiare Rotta, attivisti del centro sociale Cantiere e individualità di altri spazi occupati di Milano, attivisti dell’associazione Gaza Free Style che sta direttamente supportando progetti a Rafah anche in queste settimane. «Di fronte a 40mila morti non siamo più disposti a stare in silenzio» dice Chiara del collettivo Rebelot.

A metà pomeriggio la prima assemblea di gestione dell’accampamento rilancia l’appuntamento con la “colazione resistente” che seguirà la prima notte di occupazione. Col passare delle ore, mano a mano che la notizia dell’occupazione si diffonde sui social, arrivano anche non studenti, qualcuno porta dei dolci, qualcun altro supporta con la semplice presenza. La maggioranza degli altri studenti passano perlopiù indifferenti, ma se interpellati buona parte risponde «io non sto partecipando, ma hanno ragione». La solidarietà a Gaza vista da qui è generazionale. «I social media hanno cambiato la nostra reazione alle atrocità» dice Iomna, universitaria di 22 anni e rappresentante dei Giovani Musulmani milanesi. «In passato si veniva a conoscenza più lentamente di certi crimini, oggi non è più possibile occultare le notizie. Israele ha scelto il momento storico sbagliato per commettere queste atrocità».

Anche Ibra ha 22 anni, è nato in Egitto ed è arrivato in Italia piccolissimo. Anche lui è uno studente universitario e come altri giovani di seconda generazione porta un punto di vista che parte dal colonialismo europeo. «Abbiamo ancora un approccio coloniale alle questioni internazionali e alla questione palestinese» dice. «I media italiani ad esempio sono inguardabili e hanno un vocabolario neocoloniale. Per fare un esempio, i palestinesi genericamente muoiono, non vengono descritti come uccisi dall’esercito israeliano. Questo contribuisce a disumanizzarli».

Dice ancora Iomna, «ricordo il titolo di un quotidiano italiano che diceva ‘gli israeliani svuotano gli ospedali a Gaza’. Svuotano, hai capito? Come se i palestinesi uccisi fossero dei pacchi». Oggi il consueto corteo pro Palestina del sabato terminerà in piazza Leonardo da Vinci, davanti al Politecnico, dove si annuncia una seconda accampata.

di Roberto Maggioni

da il Manifesto dell’11 maggio 2024

Tag:

Una risposta a “Padova e Milano, l’Intifada studentesca a macchia d’olio”

  1. camerasudmilano ha detto:

    Sosteniamo!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *