Sulle condizioni di Via Aldini e su un’accoglienza dignitosa per tutti
Venerdì scorso, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Hub in zona Centrale a Milano, l’assessore alle politiche sociali milanese Majorino ha annunciato la volontà di chiudere il centro di accoglienza di via Aldini e di voler “ricollocare” gli ospiti in strutture in altre province della regione.
L’intenzione, al grido di “Milano ha già fatto abbastanza”, è chiaramente quella di deresponsabilizzare il Comune e di passare “la patata bollente” alla Prefettura che nelle intenzioni dell’assessore dovrebbe occuparsi di trovare altre strutture simili disponibili ad accogliere i richiedenti asilo di via Aldini.
“Milano ha già fatto abbastanza” non può che suonare come una provocazione di fronte alle decina di migliaia di persone bloccate al confine turco e nei campi profughi ad Idomeni, soprattutto se a pronunciarlo è uno dei esponenti del partito di governo che sta affidando la gestione delle frontiere Europee alla Turchia, che ad oggi si distingue per essere particolarmente efficace nella violazione dei diritti umani di base.
E’ paradossale che chi si occupa di politiche sociali in città si rapporti alla questione dell’accoglienza dei migranti in perfetto stile manageriale, guardando a persone in fuga da guerra e miseria come a pedine da muovere astutamente nello scacchiere della politica regionale e nazionale, a seconda delle necessità dettate dalla volontà di chiudere accordi, avanzare richieste al governo centrale e siglare convenzioni con le solite cooperative “leader” del mercato dell’accoglienza cittadina.
Per questo martedì, insieme ai ragazzi che vivono nel centro di via Aldini, abbiamo interrotto l’aperitivo che l’assessore aveva organizzato al bar Magenta.
Abbiamo avuto modo di chiarire all’assessore Majorino qual è la nostra posizione a riguardo:
Il sistema dei grandi business sui centri di accoglienza, che diventano veri e proprio limbi spazio-temporali, in cui i ragazzi sono costretti ad aspettare per decine di mesi gli esiti delle loro richieste di asilo politico o di permesso di soggiorno-spesso invano ed in condizioni pessime non rappresenta il modello di gestione dei flussi migratori che immaginiamo in nessun posto del mondo.
Lo scandalo di Mafia Capitale del resto, ha già smacherato le modalità di funzionamento dei grossi flussi di capitale che ruotano intorno al sistema dell’accoglienza.
Abbiamo visto con i nostri occhi quali sono le condizioni in cui vivono le persone ospitate nei centri a fronte degli ingenti investimenti pubblici.
Ne abbiamo avuto l’occasione già da diversi mesi, da quando abbiamo incontrato alcuni dei ragazzi del centro e con loro abbiamo pensato che lo sport potesse rappresentare un ottimo veicolo per fare integrazione.
E’ nata con questo intento la squadra di calcio popolare Black Panthers Football Club, e da allora non abbiamo smesso un attimo di dar vita a nuovi progetti, che hanno visto la partecipazione dei richiedenti asilo e di tantissimi milanesi: dalla scuola di italiano alle cene multietniche, fino alle raccolte di materiale sportivo e ai tanti corsi portati avanti negli spazi della palestra del C.S.O.A. Lambretta.
Oggi siamo un’unica grande collettività che vive le strade e le piazze della città ogni giorno, che intesse legami umani ed è in continuo contatto con le tantissime associazioni e gruppi informali che si impegnano dal basso per e con i migranti.
L’integrazione è questo, e nel nostro caso è stato un percorso spontaneo e collettivo che non ha richiesto fiumi di finanziamenti pubblici.
Ci sentiamo parte con cuore e corpo di quell’umanità in marcia che soprattutto negli ultimi mesi si è opposta al barbaro modello ci gestione dei flussi migratori occidentale, che ha violato le frontiere, che ha contestato gli accordi che prevedono i respingimenti e che hanno complicato le rotte verso l’Europa mettendo a rischio migliaia di vite, che ha denunciato e continuerà a denunciare che i criteri per l’assegnazione del diritto di asilo saranno insufficienti fino a che non garantiranno a tutti coloro che scappano da guerra,miseria e povertà di avere un posto in cui vivere in maniera degna.
Per questo pensiamo che la soluzione proposta dall’assessore Majorino che prevede la chiusura del centro di via Aldini e la redistribuzione degli ospiti in strutture dello stesso identico tipo sia del tutto inaccettabile. Allo stesso modo pensiamo che non sia il caso di mettere in campo tavoli di confronto istituzionale che a 20 giorni dalle elezioni non possono rappresentare altro che efficaci spot elettorali per l’assessore uscente.
Sappiamo che le condizioni negli altri centri della città sono altrettanto squallide. Siamo quindi convinti che questo sia il momento di rivendicare insieme delle condizioni degne all’interno dei centri di accoglienza e il rispetto dei diritti di tutti i richiedenti asilo.
Per questo l’appello è rivolto a tutte le associazioni, gruppi informali, cittadin*e attivisti*, ed è quello di incontrarsi Sabato 13 Maggio alle ore 15.00 in una grande assemblea pubblica all’esterno del centro di Via Aldini per decidere tutti insieme, lontano dalle strumentalizzazioni elettorali quali sono le richieste e quali le strategie per fare in modo che non restino inascoltate.
Abbiamo lanciato una campagna comunicativa che provi ad accendere i riflettori sulla questione. Per sostenerla basta farsi una foto con un cartello con su scritto #NonèMaiAbbastanza #GiùLeManiDaAldini #RefugeesWelcome e inviarla alla pagina Facebook di Milano in Movimento.
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