Il sistema – Il dilemma shakespeariano di Reich

Robert Reich, l’autore di Il sistema – Perché non funziona e come possiamo aggiustarlo , è stato Segretario del lavoro sotto la presidenza democratica di Bill Clinton tra il 1993 e il 1997 ovvero nella fase di massimo innamoramento collettivo per miti un po’ ammaccati, ma tuttora in auge come il libero mercato. Del 1999, con Clinton ancora al potere, è la pietra miliare dell’abolizione del Glass-Steagal Act, la legge bancaria del 1933 che prevedeva una netta separazione tra banche commerciali (ovvero quelle tradizionali tese alla salvaguardia del risparmio) e banche d’investimento. Un atto che segna il crollo dell’ultimo argine al dilagare del capitalismo finanziario.

Dopo aver dato quindi il suo contributo alla deregulation selvaggia degli anni Novanta, Reich cerca probabilmente “redenzione” con quest’opera.

Per il pensatore democratico le oligarchie dominano il mondo, con punte di contatto tra potere e ricchezza che accomuna tutti i paesi, e rende simili Russia e Stati Uniti. La maggioranza dei cittadini viene ingannata dai paroloni; ‘libertà’, ‘democrazia’, ‘libero mercato’, ma sotto sotto i ricconi saccheggiano le risorse delle nazioni e si appropriano della fetta più grossa della torta.

La ricchezza aiuta i super-ricchi a costruire e sviluppare le formidabili macchine di lobbying per influenzare governi, media e opinione pubblica. I profondi agganci con il potere servono per condizionare la politica, l’economia, le agenzie amministrative e i tribunali.

La ‘responsabilità sociale d’impresa’ è un altro mantra dietro cui si nascondono banche e corporations, ma a parte qualche impegno in tal senso, buono per le pubbliche relazioni, il sistema non cambia e il potere resta sempre saldamente nelle mani degli oligarchi. I governi abbassano l’asticella dei servizi sociali e delle imposte sulle società per favorire le aziende e la classe ricca. Massimizzare i profitti questo è il vero credo.

Inutile protestare, è il libero mercato che decide le sorti del mondo; inflazione, disoccupazione, lavori usuranti, cambiamento del clima e tanto altro. Sciocchezze del genere vengono inculcate nella testa della gente dalla mattina alla sera, ma sono false. Il mercato non esisterebbe senza un governo, senza le leggi e le regole dello Stato: i diritti di proprietà, il diritto sindacale, le pensioni, l’assistenza sanitaria, le tasse e le guerre. Al centro c’è il governo delle cose, ecco perché i rivoluzionari di tutte le epoche hanno messo al primo posto della loro azione la presa del potere. Ecco perché i super-ricchi di tutto il mondo non mollano mai la presa sui governi dei paesi e sui sistemi che tengono a galla la ricchezza e il potere.

Nella storia recente il credo del ‘mercato’ ha soppiantato la dottrina del ‘diritto divino’ del XVII secolo. Le oligarchie hanno preso il posto delle antiche aristocrazie. Il privilegio di queste classi viene presentato come giusto e naturale; sono ricchi e potenti grazie al loro merito. Una lampante ipocrisia che viene spalmata ad arte su tutti i mass media e dai professionisti della politica. Tutte le oligarchie pagano profumatamente una lunga schiera di guardie del palazzo: avvocati societari, tributaristi, banchieri d’investimento, lobbisti, economisti, politici, istituzioni no profit e giornalisti.

La cultura politica del nostro tempo si concentra sulle questioni dell’ambiente, della diversità, dell’inclusione, dei grandi e piccoli diritti, ma evita al 100% i temi che riguardano l’élite e il potere. Non si può offendere la classe dei ricchi donatori pena la perdita dei suoi finanziamenti. Si auspicano riforme condivise e al bando le rivoluzioni.

Bisogna passare da una religione che idolatra il libero mercato ad un nuovo sistema dove la maggioranza dei cittadini conta veramente più di una piccola minoranza di ricchi. Il grido dell’autore in difesa della democrazia risulta comunque debole e non ci sembra all’altezza del compito. Questo perché, come molti intellettuali di area liberal e progressista americana, anche Reich si rende conto dell’urgenza di una redistribuzione della ricchezza per restaurate il patto sociale in Occidente. Reich però non va fino in fondo non riuscendo a fare una critica veramente radicale questo perché rinuncia a prendere atto di un dato di fatto fondamentale ovvero che i ricchi non vogliono mollare neanche le briciole della loro ricchezza se non obbligati. Questo è il vero punto dirimente. Ne consegue che la vera dicotomia non è tanto tra democrazia e oligarchia, che prospera benissimo anche nei paesi più democratici, ma quella più antica e storica tra ricchi e poveri e la demistificazione del sistema non basta per sanare la frattura sociale documentata in questo libro.

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