“Noi, il popolo”, andare oltre il mito fondante degli Stati Uniti

Il libro di Claudio Gatti si discosta dalla visione adulterata della storia degli Stati Uniti e dall’ideologia altisonante del ‘destino manifesto’. Alla convinzione di una nazione unita verso un cammino di libertà e benevolenza egli contrappone la storia di uomini bianchi e ricchi che hanno usato tutti i mezzi, dal genocidio dei nativi americani alla schiavitù dei neri, al fine di espandersi nei territori indiani e diventare i padroni di tutta la terra.

I nativi americani, chiamati ‘selvaggi’ dai coloni, e gli schiavi neri sono stati più le vittime che i beneficiari della costruzione della nazione americana. Ma prima di loro, prima della corsa all’Ovest e della guerra contro la Gran Bretagna, fu il commercio e lo sfruttamento dei ‘servi a contratto’ a rendere ricchi i coloni proprietari delle piantagioni di tabacco.

La documentazione storica delle prime battaglie contro gli indiani ha dimostrato che i soldati americani e i coloni hanno usato anche la guerra biologica, diffondendo il vaiolo tra le tribù, per estirpare quella che chiamavano la ‘detestabile razza’.

La repressione, le punizioni corporali, le mutilazioni e altre forme di castigo furono impugnate dai ‘bianchi’ coloni per terrorizzare gli schiavi neri. Il concetto di superiorità razziale era codificato dalla legge; tutti i neri, i mulatti e gli indiani, cioè i non-bianchi, erano esclusi anche dal diritto di voto. In alcune colonie americane lo statuto redatto per gli schiavi neri permetteva la pena di morte o la castrazione per quelli catturati dopo ogni tentativo di rivolta o fuga.

Gli stati americani, conclusa la guerra per l’indipendenza contro la Gran Bretagna, hanno continuato a tenere i neri in schiavitù e hanno proseguito nella rapina delle terre indigene. I padri fondatori della Nazione americana (George Washington proprietario di circa 500 schiavi, Thomas Jefferson proprietario di circa 600 schiavi) celebravano la vittoria della Rivoluzione come la nascita del nuovo ‘impero della libertà’. La Costituzione approvata dagli stati americani confermava la schiavitù ed emarginava gli indiani. Il diritto di parola e di stampa, il diritto di possedere e portare armi restava una prerogativa dei bianchi e delle loro famiglie.

Le fondamenta dell’Impero americano poggiano sull’appropriazione delle terre del Nuovo Mondo considerate vuote e quindi disponibili per i coloni bianchi e sulla schiavitù dei neri considerati dalla Costituzione non-cittadini in uno Stato dei bianchi.  

La ricchezza prodotta dalle terre rubate agli indigeni e dal lavoro degli schiavi permisero lo sviluppo del commercio e della finanza. I coloni americani sconfissero gli inglesi nel nome dell’indipendenza e della libertà, ma questo velo ideologico celava la realtà fatta di terra e di razza.

Ricordiamo Cristoforo Colombo, accolto dagli indigeni Arawak con stupore, cibo e doni. Non conoscevano i navigatori bianchi europei ma furono presto ripagati a fil di spada e sfruttamento senza pietà. Il tempo oscura la memoria, la storia continua a macinare ingiustizie e il ‘sogno americano’ poggia sul furto e l’oppressione: 93,9% delle terre sottratte ai nativi, 200 anni di schiavitù dei neri americani. Dentro questo libro ci sono tanti fatti non raccontati dalla saggistica tradizionale e portati finalmente allo scoperto.

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