Viaggio per l’Europa che lotta – prima tappa: IL/Berlino

Interventionistische-LinkeAbbiamo fatto un giro intorno al continente per incontrare chi attraversa le lotte sociali e raccogliere il loro punto di vista sull’Europa.

Abbiamo posto volutamente le stesse domande a tutt*, salvo poi ovviamente spaziare nella conversazione a seconda degli interlocutori lungo le tracce delle rispettive narrazioni.

La nostra curiosità è semplice e basilare: laddove il capitale esprime il proprio dominio sui territori e sulle nazioni senza incontrare grandi barriere, chi pratica resistenza e opposizione  come concepisce il proprio campo di battaglia? Che percezione ha del terreno della propria azione politica? Che visione mette in campo delle relazioni di potere espresse dagli organi di governo europei? Che linguaggi utilizza? Quali culture esprime?

La nostra curiosità non si è fermata ed è andata a investigare un passo oltre: esiste un lessico comune anche laddove i territori esprimono contraddizioni e specificità tutte locali?

La scelta di chi intervistare è molto personale: non ha una strategia precisa se non quella di andare a chiedere a* compagn*, ci piace chiamarl* così, che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino nel corso degli ultimi anni.

Alla fine di questo “viaggio” chiederemo un parere su quello che è emerso a un esperto sul tema, un compagno: Alex Foti. Pioniere di tanti movimenti e navigatore esperto delle culture che attraversano le frontiere.

La prima tappa, neanche a dirlo, è nella tana del lupo:

Anna Dohm fa parte del collettivo Avanti – Berlino, che è parte del coordinamento Interventionistische Linke (IL).

Anna, ci descrivi questo coordinamento?

Ormai più di 10 anni fa compagn* da diverse realtà autonome, antifa, anti- militariste, femministe e antimperialiste hanno iniziato un processo di coordinamento e di organizzazione per trovare una via di uscita dalla crisi del movimento radicale tedesco.

Con questo coordinamento che dal 2004/2005 si chiama IL, Interventionistische Linke, abbiamo creato una realtà affidabile.

Stiamo seguendo una linea politica che noi chiamiamo ‘postautonoma’. Imparando dalle esperienze autonome degli anni ’80 e dalla nostra storia antifa, soprattutto degli anni ’90, siamo convinti che non servano solo pratiche che guardano noi come movimento, ma che dobbiamo sviluppare politiche che siano visibili anche fuori dai nostri contesti. Pratiche per intervenire nella società civile e creare un contro–potere.

Le nostre pratiche mirano all’organizzazione contro il capitalismo, per questo ci chiamiamo anticapitalist*.

Abbiamo scelto la forma del coordinamento che magari può diventare un’organizzazione di nuovo tipo, perché siamo convinti che la forma di un partito non ci serve a nulla. Anzi, magari proprio la forma-partito è stato il grande errore della Sinistra.

A fine Maggio ci sono le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Innanzitutto ritenete il parlamento di Bruxelles un istituzione degna di interesse (a prescindere dalla partecipazione o meno alle elezioni) e se sì, quale tipo di attenzione ritenete si dovrebbe avere verso la politica istituzionale a livello europeo?

Primo di tutto: le elezioni non cambiano niente perché il Parlamento Europeo in realtà ha meno potere di decisione dei parlamenti nazionali e questo è un segno del deficit democratico dell’ Unione Europea.

Anche dopo le riforme di Lisbona questo parlamento non ha né diritto di iniziativa né può controllare la commissione dell’Unione Europea. L’ultima parola rimane così sempre al Consiglio dell’Unione Europea cioè agli stati nazionali.

Il patto fiscale, ESM (european stability mechanism) e altri sono contratti multilaterali, come il mandato della TROIKA. Esistono nuove pratiche di governance economica e il parlamento non è veramente un parlamento.

Però comunque ha senso rendere visibile questo fatto di non-democrazia.

Poi le elezioni saranno accompagnate da un grande dibattito ideologico sui nostri media. Ci sarà un grande interesse pubblico, che dobbiamo sfruttare. Soprattutto perché dobbiamo concentrare l’interesse sul fatto che questa politica nella crisi provoca un rafforzamento dei populisti di destra (con il partito AFD [Alternativa per la Germania] e Front National, ecc) e anche di estrema Destra (Alba Dorata). Queste fazioni stanno cercando di entrare in parlamento.

Quindi in primo luogo sarà importantissimo  usare i giorni di mobilitazione di Maggio, che stiamo lanciando, per promuovere il nostro punto di vista e contrastare l’interpretazione di destra della crisi, contro il razzismo e l'(etero)sessismo  che divampano.

Anche se il parlamento magari non ha il potere che potrebbe avere un parlamento, come abbiamo spiegato prima, comunque un’entrata della destra in parlamento significa una legittimazione sociale. Per questo lottare e combattere contro queste tendenze è una parte fondamentale nella nostra politica ‘radicale’ e antifascista.

Ultimamente stiamo cercando di discutere e riflettere anche sulle nostre pratiche antifa perché siamo costretti a modificarle. Alle battaglie antirazziste, come vediamo qua a Berlino, non riteniamo più utile il vecchio immaginario antifa, che rimane potente, ma che si riduce nello scontro fisico con i fascisti. No, i soggetti di queste battaglie quotidiane sono altri. E dobbiamo modificare la nostra cultura antifa e cambiare le pratiche. Questo per esempio vogliamo discutere in una grande conferenza dall’11 al 13 Aprile a Berlino con lo slogan ‘Antifa in tempi di Crisi!?’  in un doppio senso.

Quindi anche se le nostre pratiche non mirano solo  a cambiamenti al livello istituzionale, statale o sovrastatale, le elezioni rimangono un punto di riferimento per noi: a) per la situazione di crisi in Europa e nell’ Unione Europea in generale e b) per l’entrata di partiti populisti di destra e di partiti nazionalisti.

Come sappiamo ‘andare a votare’ non cambia la merda in terra, però neanche non andare e non agire.

Questo livello istituzionale non è solo un livello di battaglie sociali ma soprattutto espressione dei rapporti di forza, sociale e politica, nel progetto dell’Unione Europea. Per questo anche la Sinistra radicale, come ci chiamiamo in Germania, deve agire in questo contesto.

Nelle nostre reti di Blockupy che stiamo costruendo da due anni esiste la voglia di essere visibili anche a Bruxelles durante le elezioni.

Tra altro: abbiamo deciso strategicamente di usare giorni decentrati contro le politiche di austerity e la crisi, ma anche come giorni antifascisti, antirazzisti e antisessisti.

L’idea è che questi giorni di azione vengano fatti in diversi luoghi d’Europa. Ogni  Collettivo e Rete scelga il proprio tema, le iniziative e la preparazione del giorno di azione nella propria città o regione.

Al di là delle considerazioni sull’UE, le ricadute a livello nazionale delle politiche di austerity decise ai vertici sono evidenti. Potreste descrivere in che modo nel vostro paese o territorio?

La Germania ha come sappiamo e vediamo bene un ruolo egemone nel governo della crisi.

I rischi e i costi di questo governo li pagano i paesi Sud-europei o della periferia dell’Est.

Una politica che è molto comoda per alcuni capitali: da qualche anno per esempio notiamo un enorme flusso di capitale dalla Grecia nel mercato immobiliare di Berlino.

Quindi vediamo una nuova dimensione di classe nello sviluppo della questione casa. Perché tutto questo significa che coloro che non possono più pagare l’affitto devono andare via dal quartiere dove sono nat*, cresciut*  e dove hanno vissuto. Stiamo osservando una grande gentrification a Berlino, con tanto di rivalutazioni ed evacuazioni forzate.

Il processo di privatizzazione che ormai da 20 anni diventa sempre più forte soprattutto nella sanità crea reale bisogno di lotta. A Berlino gli/le impiegat* della Clinica Universitaria più grande d’Europa, ‘Charite’, da quasi un anno sono in una lotta molto decisa che noi stiamo sostenendo.

E per concludere saranno quasi 10 anni che vediamo i risultati delle Riforme di HartzIV. Certo, c’è una base di sicurezza statale che in confronto con altri paesi è un lusso, ma il controllo dello stato sul soggetto è insopportabile perché sei  spinto continuamente a presentarti, venderti e forzarti per tornare ad essere di gran valore per la società e il mercato.

Quale grado di sovranità e potere decisionale ritenete abbia il vostro governo sulle politiche economiche?

La Germania ha una posizione particolare e pesa nell’Unione Europea. Anche storicamente la Germania e la Francia sono sempre stati i motori dell’integrazione del progetto dell’Unione Europea.

Anche il fatto che la Germania ha la più grande e potente economia pubblica  nazionale influisce su questo fatto.

Se vediamo uno Stato nazionale, come aveva spiegato Poulantzas, come un condensamento di rapporti di forza, è importantissimo nominare la parte  del capitale più grande del  capitale produttivo orientato all’ esportazione.

La classe politica al governo attuale stabilisce questa economia di esportazione. Già da anni vengono abbassate le tasse per le aziende che generano una ridistribuzione dal basso verso l’alto, invece le tasse che toccano la gente ‘comune’ si rialzano.

Quindi siccome la Germania ha una posizione egemone, come ho spiegato prima, risponderei di si.

Si che il governo tedesco ha sovranità e potere decisionale.

Ogni tanto sembra che qualche politico pensi che una sovranità del genere la possano avere solo I governi che seguono la linea politica tedesca, quindi nega un sviluppo di sovranità diversa o politiche economiche diverse.


L’Europa condiziona le decisioni del vostro governo in materia di diritti?

Questo è un tema complesso perché l’argomento dei ‘diritti’ è pieno di contraddizioni. Soprattutto non solo di conflitti tra il Parlamento tedesco (Bundestag) e il livello europeo, cioè il parlamento e la commissione.

Tutta l’integrazione dell’Unione Europea ha cambiato anche le costellazione dentro l’apparecchiatura statale della Germania.

Spesso sentiamo e vediamo una situazione di conflitto per esempio tra il Parlamento tedesco (Bundestag), il Tribunale della Costituzione e il governo. Un altro argomento spesso è che i parlamentari che fanno politica a Berlino non sono loro a decidere su tutto, altri condizionamenti arrivano dal Parlamento di Bruxelles e questo produce numerosi conflitti.

Quindi più che l’Unione Europea condiziona le decisioni del governo tedesco sta provocando nuovi conflitti nella divisione classica del potere.

Poi è vero che anche il Parlamento tedesco (Bundestag) perde sempre di più le proprie competenze. Però queste competenze non vengono date al Parlamento Europeo ma alla Commissione Europea, che invece non è un organo democratico e legittimato dalla popolazione.

Sopratutto in questa crisi sta perdendo pure il Bundestag grandi pezzi della sua competenza sulle politiche di economia. Con l’installazione del cosidetto ‘Semestre europeo’ non puo più decidere sul tuo budget in caso di crisi.

Quello che succede in Grecia o in Spagna potrebbe anche capitare con la Germania nel caso di ‘sblilancio eccessivo’ perché la Germania ha pure sottoscritto il patto ESM e fiscale.

Anche ‘freno all’indebitamento’ o ‘il freno di debito’ deve essere realizzato a livello nazionale tedesco. Uno strumento assurdo secondo noi – perché il problema non sono i debiti ma la ricchezza di pochi.

Poi ci sono tante istruzioni decise a livello europeo o internazionale (come il diritto internazionale) che vengono realizzate in maniera titubante o non messe in pratica proprio.

Come tanti istruzioni per esempio sul diritto anti-discriminazione. Le battaglie istituzionale sul diritto anti-discriminazione ci hanno fatto vedere che spazi di azione – pure emancipatori – esistono in tutto questo campo dell’Unione Europea.

Però soprattutto ci fanno vedere i limiti dei diritti istituzionali che esistono ma non vengono realizzati nei contesti nazionali.

Altre ordinanze dell’Unione Europea che sono state messe in pratica, come il patto di Dublino II o Basel II, erano invece scritte sotto l’egemonia della Germania.

Considerate l’Europa uno spazio di azione strategico per i movimenti di opposizione al neoliberismo o, tutto sommato, la dimensione nazionale rimane determinante?

Sulla questione di cosa sia ‘questo spazio europeo’ c’è discordanza nel nostro coordinamento Interventionistische Linke.

Siamo unit* nella posizione per cui prima di tutto dobbiamo chiarire di cosa stiamo parlando: l’Europa non coincide con l’Unione Europea. Quando parliamo di Europa a grande parte dei nostri compagn* piace la definizione dei compagni romani di ESC//Dinamopress che ci ispira:

When we say Europe we mean a fairly complex space, with at least three peripheries: the Mediterranean countries, the Eastern countries and the Balkan ones – with the latter soon bound to produce new turbulences in the economic union and new, original horizons for Brussels policies. (Agora 99 2013)

Quindi un’Europa con almeno 3 periferie, uno spazio dove esistono lotte e battaglie, movimenti.

Parallelamente esiste una concezione in parte del nostro coordinamento nel quale l’Europa è vista come un progetto imperiale, senza un potere di dominio organizzato ma con stati nazionali che continuano a competere e concorrere. Con questa definizione l’Unione Europea non può avere una prospettiva progressista.

Cercando di trovare Unità in questi temi arriviamo per esempio a parole o slogan come questo ‘Distruggere l’Europa e costruire qualcosa di nuovo dal basso’.

Quindi l’Unione Europea non può diventare un progetto di interesse anticapitalista, perché è un progetto dominato dalle correnti e fazioni del capitale.

Ma anche con l’EUROPA abbiamo i nostri problemi, anche se non è lo stesso come UE, perché la storia dell’ Europa è una storia di lotte di classe, espropriazione e sfruttamento coloniale.

I muri di Europa sono alti, per questo  insistiamo sempre sul fatto che una prospettiva radicale debba essere trasnazionale, attraversando l’Europa. Secondo noi le lotte sociali ovviamente devono capitare al livello locale e regionale, perché liInternazionalismo alla fine non è “mandare soldi in Grecia” ma una pratica locale.

Per noi l’Europa è uno spazio importantissimo di azione – ma non solo come  spazio di opposizione al neoliberalismo ma per creare un potere contro il capitalismo.

Tutti i tagli sociali, la  presenza sempre più forte dei populisti di destra e nazi- fascisti e anche gli attacchi sessisti (come si vede molto chiaramente in Spagna con il tentativo di vietare l’aborto e l’autodeterminazione delle donne*) hanno un livello europeo e possono essere analizzati nel contesto della crisi.

Per questo noi siamo convinti che non si può agire solo sul livello nazionale, non basta.

In questo caso che tipo di azioni considerate efficaci?

Sviluppare visioni comuni con altre realtà fuori dalla Germania è molto importante e ci ha dato veramente tanti negli ultimi anni.

Abbiamo pure imparato tanto o stiamo imparando.

Pensiamo che le pratiche trasnazionali/internazionali debbano essere locali cioè pratiche con prospettiva trasnazionale nelle diverse lotte  sociali.

Sulla questione casa faremo a inizio di aprile una grande assemblea cittadina a Berlino per arrivare anche alla gente ‘non militante’ perché questo rimane sempre molto difficile in Germania.

Dobbiamo comunque spingere la nostra visione di un’altra vita, un’altra società insieme a tutti i livelli: a Berlino, a Milano, a Vienna nell’hinterland….

Lo scambio e l’imparare con compagn* di altri paesi è la base più importante del futuro delle pratiche anticapitaliste.

Poi dobbiamo organizzarci contro i regressi sessisti e razzisti. Per noi tedeschi questo significa valutare bene le nostre pratiche antifasciste chiedendoci con autocritica come possiamo modificare il nostro antifascismo che era sempre  molto collegato con immaginario del’eroe che è in grado di battere i Nazi.

I segnali di razzismo e di nuova destra invece provocano un cambiamento delle nostre pratiche. L’antifascismo non coincide sempre con l’antirazzismo, e noi come tedesch* e sopratutto bianch* dobbiamo affrontare questa nuova sfida.

Di queste cose abbiamo discusso dal 11 al 13 Aprile a Berlino facendo un grande congresso dal titolo “Antifa in tempi di Crisi!?”. (http://crisisracism.noblogs.org/)

Magari inizieremo anche una campagna contro i populisti di destra prima delle elezioni europei a Maggio.

Dal 15 al 24 Maggio partecipiamo ai giorni di azione contro crisi, austerity e contro il populismo di destra e dei nazi-fascisti.

In questi giorni di mobilitazione noi costruiamo in diverse città della Germania i nostri ponti di Blockupy, perché tutt* noi siamo pront* (e stiamo ancora aspettando le date) per invadere Francoforte sul Meno quando vogliono inaugurare il nuovo palazzo della BCE.

Questi sono i nostri passi  per i prossimi mesi, sperando di incontrare pure  i compagn* milanesi nella lotta contro sessismo e razzismo, contro il governo del capitale sulla nostre vite!

PS: rimandandoci le risposte Anna ci riporta una domanda che è emersa nella loro discussione: come mai nelle domande si parla sempre di neoliberismo, ma mai di capitalismo o di altri poteri di dominio e sfruttamento?

Con questa sollecitazione vi aspettiamo alla prossima tappa.

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4 risposte a “Viaggio per l’Europa che lotta – prima tappa: IL/Berlino”

  1. […] la prima tappa ci ha portato in Germania, ora andiamo a Londra: […]

  2. […] Abbiamo fatto un giro intorno al continente per incontrare chi attraversa le lotte sociali e raccogliere il loro punto di vista sull’Europa. Abbiamo posto volutamente le stesse domande a tutt*, salvo poi ovviamente spaziare nella conversazione a seconda degli interlocutori lungo le tracce delle rispettive narrazioni. La nostra curiosità è semplice e basilare: laddove il capitale esprime il proprio dominio sui territori e sulle nazioni senza incontrare grandi barriere, chi pratica resistenza e opposizione come concepisce il proprio campo di battaglia? Che percezione ha del terreno della propria azione politica? Che visione mette in campo delle relazioni di potere espresse dagli organi di governo europei? Che linguaggi utilizza? Quali culture esprime? La nostra curiosità non si è fermata ed è andata a investigare un passo oltre: esiste un lessico comune anche laddove i territori esprimono contraddizioni e specificità tutte locali? La scelta di chi intervistare è molto personale: non ha una strategia precisa se non quella di andare a chiedere a* compagn*, ci piace chiamarl* così, che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino nel corso degli ultimi anni. Alla fine di questo “viaggio” chiederemo un parere su quello che è emerso a un esperto sul tema, un compagno: Alex Foti. Pioniere di tanti movimenti e navigatore esperto delle culture che attraversano le frontiere. La prima tappa ci ha portato in Germania […]

  3. […] Abbiamo fatto un giro intorno al continente per incontrare chi attraversa le lotte sociali e raccogliere il loro punto di vista sull’Europa. Abbiamo posto volutamente le stesse domande a tutt*, salvo poi ovviamente spaziare nella conversazione a seconda degli interlocutori lungo le tracce delle rispettive narrazioni. La nostra curiosità è semplice e basilare: laddove il capitale esprime il proprio dominio sui territori e sulle nazioni senza incontrare grandi barriere, chi pratica resistenza e opposizione come concepisce il proprio campo di battaglia? Che percezione ha del terreno della propria azione politica? Che visione mette in campo delle relazioni di potere espresse dagli organi di governo europei? Che linguaggi utilizza? Quali culture esprime? La nostra curiosità non si è fermata ed è andata a investigare un passo oltre: esiste un lessico comune anche laddove i territori esprimono contraddizioni e specificità tutte locali? La scelta di chi intervistare è molto personale: non ha una strategia precisa se non quella di andare a chiedere a* compagn*, ci piace chiamarl* così, che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino nel corso degli ultimi anni. Alla fine di questo “viaggio” chiederemo un parere su quello che è emerso a un esperto sul tema, un compagno: Alex Foti. Pioniere di tanti movimenti e navigatore esperto delle culture che attraversano le frontiere. La prima tappa ci ha portato in Germania […]

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