Abu Mazen convoca le elezioni. Palestinesi, forse, al voto dopo 15 anni
Il decreto con il quale il leader dell’Autorità nazionale (Anp), Abu Mazen, venerdì ha convocato le elezioni non ha suscitato particolari entusiasmi nella popolazione palestinese in Cisgiordania e Gaza. La reazione invece delle forze politiche e della società civile è stata positiva. Se le elezioni si terranno – il dubbio è legittimo visto che ad annunci simili in passato non è poi seguito il voto – i palestinesi dei Territori occupati torneranno alle urne per la prima volta dopo 15 anni, il prossimo 22 maggio per eleggere i membri del Consiglio legislativo e il 31 luglio, dopo 16 anni, per scegliere il Presidente dell’Anp. Infine il 31 agosto saranno chiamati, anche nella diaspora, a rinnovare il Consiglio nazionale palestinese, il Parlamento dell’Olp. Anche il movimento islamico Hamas, avversario del partito Fatah di Abu Mazen, ha applaudito al decreto. Il mese scorso il capo del suo ufficio politico, Ismail Haniyeh, aveva scritto alla presidenza dell’Anp per affermare che il voto rappresenta l’unica soluzione allo scontro lacerante tra Fatah e Hamas che nel 2007 ha politicamente diviso Gaza dalla Cisgiordania. Abu Mazen vuole le elezioni anche a Gerusalemme est. La parte araba della città è occupata da Israele e sono minime le possibilità che venga concesso ai palestinesi che vi abitano di partecipare al voto per l’Anp.
Non pochi si interrogano sui motivi che hanno spinto Abu Mazen a convocare le elezioni. Il conflitto Fatah-Hamas è meno intenso di qualche tempo fa ma sempre vivo e si teme che i due partiti, oltre i proclami di facciata, faranno in modo da ostacolarsi nelle aree sotto il loro controllo. Il fatto che le legislative e le presidenziali non si svolgeranno nello stesso giorno genera il sospetto che se il risultato delle prime non sarà soddisfacente per una delle due parti, le seconde potrebbero saltare. Hamada Jaber, analista del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah, dice al manifesto che «l’Anp a punta a legittimarsi con le elezioni agli occhi dell’Unione europea e dell’Amministrazione Biden con cui intende instaurare rapporti di collaborazione dopo il gelo con gli Usa causato dalle politiche di Donald Trump». Poi, aggiunge Jaber, «si deve tenere presente che il mandato di Abu Mazen è scaduto nel 2009. Il presidente è molto anziano (85 anni, ndr) e una sua improvvisa uscita di scena troverebbe le istituzioni dell’Anp ferme. Il Consiglio legislativo da molti anni è inattivo a causa dello scontro Fatah-Hamas».
Scontro che l’esito delle elezioni potrebbe addirittura riaccendere. L’ultima volta che si votò in Cisgiordania e Gaza, nel 2006, il movimento islamico vinse con ampio margine le legislative sbaragliando gli avversari. Il risultato non fu accettato da Fatah così come da Israele, dall’Ue e dagli Stati Uniti. Il governo islamista fu boicottato, la paralisi fu totale e quasi tutti i deputati di Hamas in Cisgiordania e a Gerusalemme furono arrestati dai servizi di sicurezza israeliani. Gli islamisti ricambiarono il «favore» l’anno successivo prendendo il potere con la forza a Gaza (centinaia i morti). «Non è più così popolare – spiega Jaber – però a Gaza Hamas resta la forza di maggioranza e la lista islamica ha le potenzialità per ottenere un buon risultato anche in Cisgiordania». Su Fatah gravano peraltro le divisioni interne, sottolinea l’analista, «i suoi principali esponenti duellano tra di loro. Inoltre una possibile lista dello scomunicato di Fatah, Mohammed Dahlan, è accreditata di 6-7 seggi che si coalizzerebbero più con Hamas che con il partito di Abu Mazen».
di Michele Giorgio
da il Manifesto del 17 gennaio 2021
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