Divieto di tuffo: la Giunta Sala e le piscine comunali

A volte la cronaca ci mette di fronte a incroci altamente simbolici e forse non è dunque un caso che ci troviamo a scrivere della spinosa questione delle piscine comunali chiuse e abbandonate poche ore dopo che il crollo della gigantesca insegna delle Assicurazioni Generali sulla Torre Hadid di City Life, che per un vero e proprio miracolo non è precipitata al suolo dopo un volo di 192 metri, ha reso plasticamente evidente il progressivo collasso che ha guidato Milano nelle ultime due sindacature di Beppe Sala, ma non solo.

Sono cinque i centri balneari presenti a Milano che resteranno chiusi in questa caldissima estate 2025: Argelati, Lido, Saini, Suzzani e Scarioni. Tutti luoghi mitici nella memoria dei milanesi dove ognuno di noi comuni mortali ha passato almeno una giornata di svago durante le calde estati milanesi. Rimane aperta la Ponzio e le vasche all’aperto della Sant’Abbondio e della Cardellino. Del tutto insufficienti per coprire il fabbisogno di una metropoli che conta più di un milione di abitanti.

La piscina che ha fatto più parlare di sé è stata l’Argelati sia per le mobilitazioni dei cittadini, sia per la mezza marcia indietro (non ancora sostanziata da nulla di concreto in realtà) sul suo progetto di privatizzazione che per le dimissioni di pochi giorni fa della Presidente della Commissione Sport del Comune di Milano Angelica Vasile.

La piscina Argelati in stato d’abbandono ripresa dall’alto con la gigantesca scritta “Pensami pubblica”. Foto dal profilo IG “Sai che puoi?”

La triste vicenda delle piscine milanesi è emblematica della mentalità che guida questa metropoli. Tutto ciò che non genera immediatamente profitto e quindi in generale tutto ciò che è patrimonio pubblico viene vissuto come un problema di cui sbarazzarsi il prima possibile. Spesso questo patrimonio, dalle case popolari fino alle piscine viene lasciato andare alla malora con la vergognosa scusa che non ci sarebbero i soldi (!). Mancanza di soldi che suona ridicola in una città con flussi di capitali vorticosi e trasformata in un vero e proprio luna park di fondi immobiliari e speculativi che pagano tasse bassissime (grazie Renzi!). Ma non è finita! Il circolo perverso continua. Gli amministratori comunali, non tutti ma quasi, sostengono a gran voce, come se si trattasse di un dogma di fede, che saranno i privati a salvarci! Gli stessi privati causa iniziale e profonda dei nostri mali con la loro insaziabile tendenza a ricavare profitto da qualsiasi aspetto del vivere comune associato.

Il caso scuola del percorso di progressiva privatizzazione delle piscine milanesi è quello dei Bagni Misteriosi ovvero l’ex piscina Caimi data in gestione ai privati già nel 2013 sotto l’amministrazione arancione di Giuliano Pisapia. Una struttura, quella di via Botta, che fu anche occupata (e sgomberata) nel 2011 da quell’universo antagonista che come spesso capita a Milano ci aveva visto lungo sulle dinamiche profonde e di lungo periodo che animano la metropoli, ma che quasi sempre finisce per recitare il ruolo di Cassandra nell’Iliade.

Ultimo tema che emerge sempre con più forza è che il Comune non può e non deve farsi dettare l’agenda e i progetti da quei privati che hanno un loro peculiare e consolidato modello di business. Il progetto costosissimo di un privato non è detto che sia quello buono e magari, se assegnato al pubblico, costerebbe la metà. Parafrasando le dichiarazioni di un cittadino durante un presidio di protesta a inizio giugno davanti all’Argelati: “Vogliamo un piscina per gente normale e non un fottuto fitness center multifunzionale per ricchi!”.

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