[DallaRete] Cariche, sgomberi e pistole. Che succede nell’università?
Movimenti. A Pisa la Polizia sgombera una protesta con una pistola. A Roma pesta 70 studenti pacifici e ne arresta 4. In mezzo gli sgomberi delle case e cariche in tutta Italia. La fine della mediazione sociale e la crisi delle istituzioni. Così si governano le città nella democrazia secondo Renzi.
Cariche, sgomberi, arresti e pistole. Che succede nell’università? L’incapacità di governare, la mancanza di una visione strategica, l’assenza di un sapere relazionale e di un’idea di democrazia non autoritaria moltiplica soluzioni pericolose e improvvisate. Lo si è visto a Roma il 16 Ottobre scorso con il pestaggio (e l’arresto di 4 ragazzi poi rilasciati) da parte delle forze dell’ordine di una settantina di studenti pacifici della Sapienza che protestavano contro la concessione in affitto dello spazio universitario alla Maker Faire, la sua chiusura a lavoratori e studenti non concordata con i sindacati.
Lo si è visto a Pisa dove, giovedì pomeriggio, in un’occupazione universitaria ha fatto irruzione la Digos con pistola in pugno, scortata da cinque volanti e tre camionette. Ieri a Udine, ai ricercatori precari la Celere ha impedito di entrare in un’aula dell’università per confrontarsi con il Partito Democratico che ha organizzato una «Leopolda» sulla ricerca. Nel mezzo lo sgombero degli occupanti dell’Ex Telecom a Bologna, un altro a Torino, le cariche a Porta Pia a Roma contro un presidio dei movimenti della casa in solidarietà. Da tempo è saltata la mediazione politica dei corpi intermedi. Ora si chiama la Polizia. Alla negozziazione sociale ci pensa la magistratura.
Il caso pisano è clamoroso come dimostrano le immagini diffuse in rete. In una città universitaria gravata dalla crisi, la nuova riforma dell’Isee ha eroso oltre 2 mila borse di studio e espellerà i borsisti dalle residenze universitarie. A questo si aggiunge il dibattito sulla destinazione dell’Ex Gea, lo spazio occupato dagli studenti nel polo dei corsi di Scienze per la pace in via Emanuele Filiberto che l’ateneo intenderebbe cedere a un’azienda in cambio dell’ex convento delle Benedettine sul lungarno Sonnino. «L’università ha taciuto e non ha dato alcuna risposta sul destino dell’area come richiesto da 12 anni dai movimenti sociali della città – sostiene la lista civica pisana “Una città in comune” che chiede le dimissioni del rettore Augello e del questore Francini — È troppo impegnata nel riuscire a ottenere dal Comune una variante urbanistica per “valorizzare” quelle aree al fine di venderle per costruire nuove case».
L’azione degli studenti ha sollevato il problema dell’uso di migliaia di libri trovati inscatolati in un magazzino. I responsabili amministrativi dell’ateneo li hanno accusati del furto di «alcune decine» di libri. I 40 interessati non vogliono farsi trattare da ladri, dopo che la Polizia li ha scambiati per criminali, e respingono l’accusa: «Che ci fanno quei libri distrutti, impolverati, dalle copertine rovinate e l’intonaco caduto sugli scatoloni?». Questa matassa di problemi non si può risolvere con un’irruzione a mano armata della Polizia in spazi dove non dovrebbe entrare. Gli studenti chiedono le dimissioni del rettore Augello (incontrato ieri, hanno ottenuto un’assemblea giovedì con sospensione della didattica) al quale addebitano la responsabilità politica di una simile azione. Il coordinatore di Sel, Nicola Fratoianni, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno Alfano: «Dovrà chiarire fino in fondo la vicenda che poteva avere conseguenze tragiche».
Le città sono governate come un Far West. L’unico impegno civile è quello di tenere lindi e pinti i loro muri. Chi pone una contraddizione, o un’istanza di giustizia e redistribuzione, viene punito. Le anomalie o i dissidi sono trattati come atti criminali o devianze da sanzionare. “Questa è una guerra dall’alto condotta dal potere politico che combatte i poveri e non la povertà e la disuguaglianza con un totale allineamento dei media al governo” è l’analisi degli studenti della rete della Conoscenza. È possibile datare questa svolta autoritaria a due anni fa, quando l’attacco al movimento della casa è iniziato da Roma, con la giunta Marino impotente davanti agli sgomberi. Da quel momento, la domanda più ricorrente è: chi governa le nostre città?
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