Aggiornamento sulla catastrofica situazione a Gaza e le attività di supporto umanitario SOS GAZA
Il comunicato di Gaza FREEstyle in merito allo stato delle attività di supporto umanitario sostenute con la campagna SOS GAZA, in collaborazione con ACS -Associazione Cooperazione e Solidarietà e Centro italiano Vittorio Arrigoni:
Sono giorni davvero bui per tutte e tutti, giorni in cui la violenza degli attacchi militari israeliani sta devastando Rafah, Jabalia e Gaza City. Mentre la Corte penale internazionale lavora per emettere un mandato di arresto per crimini contro l’umanità contro Nethanyahu, i raid nelle scuole adibite a rifugi, negli ospedali e nelle aree residenziali hanno causato ad oggi 40mila morti.
Il 15 maggio scorso è morto Hamouda Al-Talouli, volontario e cooperante di SOS Gaza nel campo di Jabalia, dove dava supporto psicologico ai bambini rimasti orfani. In una delle ultime foto, è ritratto travestito da pupazzo mentre svolge uno spettacolo per i bambini sfollati in una scuola UNRWA. Il suo assassinio si aggiunge alla tragica scomparsa del piccolo Ibra, 8 anni, ucciso dal fuoco israeliano il giorno prima. Ibra era un bambino straordinario, lo abbiamo visto crescere e volare sullo skateboard, che amava così tanto. Vittime dell’ennesima ingiustizia, vittime di genocidio.
Mentre le soluzioni politiche e diplomatiche sembrano lontanissime, continuiamo ad adoperarci per cercare di supportare la popolazione mantenendo un stretto contatto e coordinamento con gli operatori e le operatrici di ACS a Gaza.
Le attività di supporto umanitario stanno andando avanti a Rafah, Al-Mawasi, Khan Younis, Deir el-Balah e a Gaza City. La distribuzione alimentare nelle cucine da campo ha dovuto fermarsi per qualche giorno, ripartendo al 100% sebbene gli approvvigionamenti siano sempre più difficili a causa della scarsa reperibilità di alimenti di base e acqua.
Con la chiusura dei 3 valichi via terra per l’ingresso di merci, da qualche giorno l’ingresso di aiuti umanitari avviene tramite il discutibile molo galleggiante voluto e costruito dagli Stati Uniti; un tentativo goffo di legittimare le operazioni di supporto umanitario da un porto che non avrebbe utilità se israele non stesse bloccando gli ingressi di aiuti via terra verso la popolazione civile sfollata. Non ci sorprenderemmo se da quel porto partissero anche armi e mezzi militari, e se ci fossero soldati chiamati a presidiare i preziosi giacimenti di gas nel mare di Gaza.
Dopo l’annuncio dell’inizio dell’invasione via terra di Rafah, 800mila persone hanno iniziato a muoversi verso le aree che l’esercito aveva indicato come “sicure”, tra Deir al Balah e Khan Younis. Queste aree, già sature di persone e quasi totalmente prive di servizi, sono state letteralmente inondate di persone in fuga.
Tra di loro, anche diversi cooperanti di ACS, amici e amiche, che fin da subito si sono attivati per dare supporto alla popolazione.
Grazie alle donazioni ricevute su SOS GAZA, abbiamo potuto inviare fondi che hanno contribuito all’acquisto di legno, teli e plastica per l’allestimento di tende provvisorie. Il campo, allestito a Khan Younis, è stato rinominato “Campo della Speranza Gaza Freestyle” dagli abitanti.
La tragica situazione in cui versa la Palestina non ci permette di apprezzare nemmeno ciò che di grande stiamo riuscendo a fare assieme ai nostri amici e amiche operative a Gaza. Carri armati e aerei di guerra continuano a devastare ogni centimetro di quei 365km quadrati in cui era stata ridotta Gaza. Una striscia di terra da cui oggi più che mai è impossibile fuggire, trovare rifugi e diritti basilari.
Per 10 anni abbiamo svolto attività di scambio culturale anche con lo scopo di mostrare alla popolazione di Gaza che non era sola; tramite lo sport e le arti freestyle, abbiamo conosciuto giovani di tutte le età e aspirazioni che oggi si trovano in uno scenario di guerra in cui non è prevista la loro sopravvivenza.
Per questo motivo, continueremo a portare avanti il progetto umanitario SOS GAZA fino a quando lo sterminio di civili palestinesi in corso non avrà termine, e continueremo a protestare per denunciare l’occupazione sionista, militare e violenta della Palestina.
Soprattutto, continueremo a raccontare la forza e la resilienza di Gaza prima del 7 ottobre, nonostante l’isolamento e nonostante la violenza dell’assedio economico e territoriale perpetrata da israele da 17 lunghi anni.
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