Verso un autunno compatto

Della due giorni in Piazza Poggi, a Firenze, con il Collettivo di fabbrica exGKN, resta un senso di slancio. Non euforico, no: è uno slancio in potenza, pieno di gravità e di implicazioni. È come se nel mezzo della piazza fosse rimasto un guanto, il guanto lanciato dal Collettivo al movimentismo nazionale e internazionale. Non una sfida, più una chiamata alla responsabilità – ancora una volta, alla convergenza.

Raccontare cosa è stato trovarsi a lavare i denti alla fontanella e darsi la buona notte, mettersi in tenda alle quattro del mattino, dopo aver visto una piazza smontarsi, sarebbe riduttivo. La macchina solidale è difficile da mettere per iscritto: è fatta di gesti microscopici che, sommati e amplificati l’uno nell’altro, ci fanno pensare che sia possibile farlo – costruire una realtà diversa, dico. Danio del Collettivo, a chiusura dell’assemblea dell’azionariato popolare di sabato 12, ha detto «Quando si ringrazia chi si sta aiutando, vuol dire che si è imparato davvero il mutualismo». Un ringraziamento al Collettivo di fabbrica è doveroso, perché attraverso il loro esempio, la loro elaborazione, la loro prassi, abbiamo avuto tutt* da imparare.

I ringraziamenti sono arrivati da tutte le realtà che hanno preso parola durante gli eventi: Mondeggi bene comune – Fattoria senza padroni, SICobas, SuddCobas, Centri sociali del Nord-Est, Seawatch, Reset, APienoRegime, Vogliamo Tutt’Altro, ComitatoNobase, Quarticciolo Ribelle, I boschi che resistono, Studenti di Sinistra e tantissimi altri collettivi, associazioni, realtà che in exGKN trovano un punto di convergenza. Perché ringraziare exGKN? Perché exGKN pratica la costruzione nella resistenza. Ad ogni evento, ad ogni assemblea, mi chiedo: come fanno a tenere insieme tutto in questo modo? E la risposta forse è: perché la realtà è sistematicamente contro di noi, e per comprenderla bisogna leggerne ogni implicazione. exGKN c’è in ogni lotta, e ogni lotta può essere in exGKN perché le radici a cui resistere sono le stesse: sono le forme del capitale.

La vertenza exGKN è a un punto di svolta: se la Città metropolitana di Firenze vota a favore della creazione del Consorzio industriale pubblico, la piana fiorentina sarà dotata dello strumento giuridico per avviare il progetto di reindustrializzazione dal basso. Manca solo una cosa: la fabbrica. O meglio, l’immobile: perché la proprietà (la serie di aziende, come scatole cinesi, diverse ma appartenenti sempre alla stessa serie) si è mossa per speculare non su un sito produttivo che creava reddito a centinaia di persone, ma per speculare solo su un guscio vuoto, su delle mura. Come se in quelle mura non ci fosse altra possibilità che quella di accumulare capitale privato, invece di produrne per il territorio. Il consorzio e la regione dovranno bussare alle porte della proprietà e fare una cosa banale: far rispettare le leggi pubbliche ai soggetti privati. La questione è veramente semplice, perché il Collettivo ha già fatto tutto: articolato il piano industriale fino ai dettagli, superato istruttorie e stress-test tecnici, hanno trovato istituti di credito, raccolto manifestazioni di interesse, preordini. In pratica, sanno già come posizionare le macchine all’interno della fabbrica e programmano i corsi di formazione. Quindi: spingiamo come se dovessimo iniziare a produrre domani. E a questo punto arrivano le altre responsabilità. Quelle pubbliche, della regione e del ministero, sono chiare: prendere il controllo pubblico della fabbrica, sottrarla alla speculazione finanziaria che arricchisce solo chi ha già i capitali e restituirla al territorio. Lo stato si trova fronte a questa responsabilità politica e sociale.

Poi ci sono le responsabilità dei movimenti. A me sembra che qui si giochi molto del futuro del movimento in Italia. Il 2024 e 2025 sono stati anni che hanno visto una rinnovata spinta movimentista dal basso, il dissenso si amplia, si articola. Piano piano i nodi vengono al pettine e la sofferenza generalizzata porta le persone ad unirsi in associazioni, collettivi, realtà, che permettono loro di trovare spazi sicuri dove essere ed esistere (resistere per ri-esistere cita l’ultimo striscione del Collettivo). Ma non possiamo sempre giocare in difesa. Il Collettivo dice una cosa importante: “Qui in questa piazza siamo tutti uniti, puntiamo il dito contro gli stessi nemici. Se la sinistra parlamentare è frammentata, è sintomo del loro distacco dalla realtà sociale”. Durante le piazze e le manifestazioni, la nostra comunione di critiche e di intenti è palese, e spesso ci riscopriamo compatt*. Ma il Collettivo dice anche “abbiamo bisogno di vincere”. È un ragionamento quasi psicosociale, oltre che politico: il movimentismo deve portarne a casa almeno una, almeno una vittoria, per dimostrarci che ce la possiamo fare. Sappiamo tutti e tutte quanta energia costi la militanza, e disperdere le energie non è la scelta più funzionale (si badi, nessun livello di energia speso per la lotta politica e sociale è disperso; si parla di strategia, non di legittimità).

“Convergenza non è fusione”. È stata una delle parole d’ordine fin da subito, convergenza. La convergenza di cui parla il Collettivo è una presa di coscienza rispetto alla radice comune di cui si parlava prima: ogni movimento ha la propria specificità inalienabile, ma dobbiamo renderci conto che in fondo alla catena dell’ingiustizia siamo tutti e tutte uguali e che, se non ci concediamo braccia, testa e cuore a vicenda non avremo mai la forza necessaria ad abbattere i muri. Dagli interventi delle realtà presenti in piazza si comprende una cosa: in autunno succederanno cose. Scioperi del comparto universitario; convergenza e sciopero del settore culturale, scolastico e dello spettacolo; assemblee nazionali della rete A pieno regime contro il DDL1660. E aggiungiamoci quello che già è successo: convergenza contro il riarmo e contro il genocidio in Palestina, un fronte di 10mila metalmeccanici che invadono la tangenziale di Bologna. Anche il movimento ha dato prove di forza, e la risposta non si è fatta mancare da parte delle forze conservatrici e autoritarie del paese.

Dalla due giorni in Piazza Poggi, a Firenze, con il Collettivo di Fabbrica exGKN e con tutte le realtà solidali, rimane l’idea che è questo il momento di raccogliere le forze, organizzarle, e di provare a sferrare degli attacchi. Allora, la GFF (GKN For Future, la cooperativa che gestirà la fabbrica) potrebbe diventare l’investimento del movimento nazionale, la vittoria che dimostra al sistema che il capitalismo non è l’unica realtà possibile, e nemmeno la migliore. Si può convergere sul sistema di produzione cooperativistico ed ecologico che la nuova classe dirigente (operai, solidali, tecnici, ecc.) intende diffondere. Nel concreto, facendo come se il piano industriale fosse già attivo, possiamo ordinare i pannelli solari per i nostri centri sociali, in modo da renderli autonomi ed ecologici; possiamo ordinare una cargo-bike per ogni collettivo o realtà associativa, così da non dover faticare con i carelli della spesa per fare i nostri trasporti, per non intasare le strade del centro di macchine e furgoni, per non aver bisogno di carburanti fossili. “Ogni spazio sociale sia una comunità energetica”, così recita la campagna del Collettivo. Dobbiamo farlo, per non perdere un’occasione e per rendere giustizia alla resistenza del Collettivo.

Al termine dell’assemblea, sotto il sole delle 13 e 30 in Piazza Poggi, in pratica si è lanciata una piattaforma:

1– Intervento pubblico ora: contendere i miliardi destinati al riarmo e investirli in stato sociale, sanità, istruzione, politica industriale, riappropriazione dei quartieri

2– Transizione ecologica reale e stop all’escalation bellica mondiale: riconversione produttiva contro il riarmo e contro le grandi opere inutili

3– Contro la società autoritaria: contrastare il DDL Sicurezza e la società della paura. Rilanciare democrazia diretta e protagonismo sociale

4– Contro il genocidio: la solidarietà internazionale rafforza le lotte

5– Salario adesso: redistribuire la ricchezza parassitaria e fermare l’impoverimento

Il guanto lanciato dal Collettivo di fabbrica è di taglia unica, indossabile da tutti e da tutte, perché di tutte e tutti si sta parlando. Il riarmo, l’escalation bellica e il conseguente disinteressamento verso la conversione ecologica, lo stato di polizia, il salario: sono quelle fette di realtà per le quali l’implicazione è generalizzata, anche per chi non ci sarà ancora, per chi vorremmo non nasca in un mondo che brucia mentre si sparano bombe atomiche. La piazza di Firenze è a disposizione per una grande mobilitazione in autunno, e insieme alla piazza è a disposizione la solidarietà, la lotta, l’organizzazione. Che si raccolga il guanto dell’exGKN. (Rimandiamo, per chiarezza e completezza, al post del Collettivo)

di Matteo Cristiano

foto di Andrea Sawyerr

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