Duro attacco della Procura di Torino contro chi combatte l’Isis

Il 3 gennaio 2019 è stata notificata la richiesta di sorveglianza speciale per Eddi, Jacopo, Jak, Davide e Paolo che in questi anni hanno partecipato a quel progetto per la costruzione e la difesa del confederalismo democratico in Rojava e combattendo Daesh, lo Stato Islamico.

La sorveglianza speciale è una misura fascista introdotta dal Codice Rocco che comprende una forte restrizione della libertà personale, ad esempio potrebbe impedire di muoversi liberamente, di uscire dalle 22 alle 7, dimorare in particolari luoghi, incontrare chiunque uno desideri.

Non ci sarà un processo, ma solo un’udienza il 23 gennaio dove il PM Pedrotta presenterà al tribunale di sorveglianza tale insensata richiesta.

Come redazione di MilanoInMovimento sappiamo da che parte stare ed esprimiamo la massima solidarietà ai compagni e alla compagna, partigiani della nostra generazione.

Ancora una volta emerge in tutto il suo squallore l’ipocrisia di gran parte del mondo occidentale per cui ISIS è il male assoluto, ma solo a corrente alternata e cioè quando questo finisce sotto la luce dei riflettori mediatici dopo un qualche attentato in Europa. Lo stesso vale per coloro che, con coraggio, hanno combattuto in prima persona contro lo Stato Islamico, passati, nell’indifferenza generale, da eroi a pericoli per l’ordine pubblico nel giro di un battito di ciglia.

Seguiremo tutte le iniziative in solidarietà che verranno organizzate da qui fino al 23 gennaio, giorno dell’udienza.

Serkeftin, fino alla vittoria!

Con Eddi, Jacopo, Jak, Davide e Paolo.

 

Comunicato di Infoaut:

https://www.infoaut.org/conflitti-globali/chiesta-la-sorveglianza-speciale-per-cinque-italiani-che-hanno-sostenuto-la-lotta-all-isis-in-siria

Intervista di Jacopo Bindi:

https://ilmanifesto.it/chi-combatte-lisis-per-litalia-e-sorvegliato-speciale/

Articolo di Wu Ming Foundation:

https://www.wumingfoundation.com/giap/2019/01/sorveglianza-speciale/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+giap+%28giap%29

Dichiarazione di Paolo Pachino:

#Ypg #Sorveglianzaspeciale
Rivendico il fatto di essermi unito allo Ypg nell’Agosto del 2016 e di essere ritornato in Siria nel Marzo del 2018 violando le misure cautelari, per questo motivo mi trovo tutt’ora ai domiciliari.
Non ho nessun rammarico tanto meno rimorso e di non aver paura di eventuali ripercussioni legali per questa mia scelta, di cui ne vado fiero e che rifarei altre 100 volte.
Quando si lotta si viene considerati socialmente pericolosi, delinquenti e pregiudicati, ma di una cosa sono certo, che lotto dalla parte giusta e non mi vergogno affatto.
Purtroppo a causa della mia domiciliazione forzata non potro’ essere presente alle iniziative future che si terranno in queste due settimane.
Ci vediamo in tribunale il 23 Gennaio, dove ogni accusa allo Ypg e ogni offesa alle miglia di martiri verrà rispedita al mittente.
A breve usciranno tutte le iniziative a sostegno dei compagni e compagne inquisiti che si terranno da qui al 23 Gennaio.

Dichiarazione di Davide Grasso:

Ebbene sì, ieri mattina verso le 11.00 ho sentito suonare il campanello ed era la polizia. “Abbiamo una notifica da farle”. Firmo i fogli e vedo cinque nomi scritti in grassetto: il mio, quello di Maria Edgarda Marcucci (Eddi), di Jacopo Bindi, Paolo Pachino e Jack. Tutti e cinque torinesi, e accomunati da un particolare: essere stati in Siria negli ultimi due anni.

Non per supportare i jihadisti, come purtroppo hanno fatto in molti dall’Europa (ed anche molti italiani), ma per contribuire alla lotta contro di loro assieme ai curdi.

Per questo la procura di Torino vuole espellerci dalla nostra città e metterci sotto “sorveglianza speciale”.

Esiste un limite a ciò che è accettabile? Esiste un limite al disprezzo, all’indecenza?

La sorveglianza speciale, simile al vecchio confino, viene imposta senza accuse e senza processo. Significherà, eventualmente, tornare a casa ogni sera alle 19.00, non uscire fino alle 7.00 del mattino, mille limitazioni su chi puoi vedere e su con chi puoi parlare, su cosa puoi o non puoi fare, su dove puoi e non puoi andare, sequestro della patente del passaporto e molto altro ancora.

Una misura “di polizia” molto simile a quelle che usano le dittature: non ti accuso di nulla, non dimostro e non provo nulla; processo le tue intenzioni senza istruttoria, e ti stigmatizzo come “socialmente pericoloso”. Come, del resto, si potrebbe argomentare che combattere contro un’organizzazione genocida e criminale è una cosa sbagliata?

(E intanto blocco il tuo lavoro di informazione. Blocco il tuo lavoro di discussione pubblica. Blocco la tua comunicazione e la tua solidarietà. Ti rendo impossibile esprimere il tuo punto di vista sulla Siria, sull’Italia, sul mondo. Ti rendo, molto semplicemente, più difficile vivere.)

Sono socialmente pericoloso? Tutta l’informazione e la solidarietà che io faccio, che noi cinque facciamo è alla luce del sole.

Ma recitano i fogli della procura: “Prima di ricostruire cronologicamente i viaggi dal 2016 ad oggi compiuti dal Grasso in Siria per combattere con il Ypg, si riportano le fotografie e le dichiarazioni dello stesso più significative, che mostrano come abbia partecipato agli scontri ed abbia imparato a usare le armi da guerra essendo pronto anche a morire per la causa. Foto ed affermazioni che confermano la pericolosità sociale dello stesso”.

La prima foto inserita dalla procura per dimostrare la mia pericolosità sociale è scattata a Manbij nel tardo pomeriggio di quello che credo fosse il 17 luglio 2016. Mi ritrae alla vigilia della grande offensiva per attaccare Daesh in centro, dopo aver liberato i quartieri sud.

Ogni volta che rivedo quella foto non posso che ricordare cosa avevo negli occhi, com’era il mio stato d’animo a pochi giorni dai traumi peggiori che ho subito, e che tuttora cerco di metabolizzare.

(Se solo questa gente potesse immaginare quanto ci è costato combattere in quella guerra, quanta paura abbiamo avuto, quanto difficile è stato accettare la realtà di ciò che è accaduto in quei mesi, quante persone hanno perso la vita che avevamo conosciuto e con cui tanto avevamo condiviso, forse… forse, si fermerebbe. Forse proverebbe quello che noi occidentali purtroppo sembriamo non essere più in grado di provare: la vergogna.)

(Ma il nichilismo di quest’Europa degenerata non conosce vergogna.)

Compare, nell’incartamento della procura, una foto della copertina del libro “Hevalen”. E’ il libro che ho scritto su quella terribile esperienza. Questo libro mostrerebbe la mia “pericolosità sociale”. L’avranno letto? No. Ne sono certo. Che può importare loro di tutto questo, dopotutto? Quel libro spiega i miei limiti e le mie fragilità, e a loro che può importare? Spiega che per difendere la società dai suoi pericoli occorre un’amicizia che sappia dirigersi anche verso chi è lontano, pur non dimenticando mai le proprie radici e il proprio prossimo.

Ma non è forse proprio questo ciò che ci rende ai loro occhi “socialmente pericolosi”?

Mobilitiamoci di qui al 23 gennaio.
Difendiamo la reputazione della lotta che abbiamo condotto contro l’Isis .
Difendiamo la dignità dei combattenti delle Ypg e delle Ypj.

Non dimentichiamo mai i martiri e le martiri delle Ypg e delle Ypj.

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