Il “fronte della fermezza” in assenza di emergenza. La triste Italia del 2023 in piena distopia
E così, senza neanche accorgercene, eccoci precipitati in pieni “anni di piombo”. Sì, perché a sentire le dichiarazioni roboanti del fronte governativo e a leggere i media mainstream sembrerebbe che l’intera società italiana sia stata catapultata da una gigantesca macchina del tempo e alla primavera del 1978, in pieno sequestro Moro, o al dicembre del 1980 con il caso d’Urso.
Se la Presidente del Consiglio Meloni dichiara stentorea che “Lo Stato non scende a patti con chi minaccia”, il Sottosegretario Dalmastro, senza paura di essere spernacchiato, afferma: “Lo Stato non arretra, non può farlo. Evidentemente il comportamento di Cospito in carcere riesce a influenzare una rete di terroristi violenti (sic.). E questo è uno dei presupposti per il 41 bis”. Il Ministro degli Esteri Tajani, espressione di un partito solitamente garantista (con gli amici) come Forza Italia, annuncia: “Con i violenti il governo non si fa intimidire e non scende a patti”. In serata è arrivato anche il pilatesco Nordio (altro garantista a giorni alterni) che ha lasciato il cerino in mano alla Cassazione e, come emerge dal comunicato serale a seguito del Consiglio dei Ministri, “…ha ricordato le ragioni che hanno determinato l’autorità giudiziaria a proporre e confermare il regime detentivo attualmente (…) e, nel pieno rispetto dell’autonomia di valutazione della stessa autorità giudiziaria, ha rilevato che la Corte di Cassazione è chiamata a rendere una decisione in merito nel prossimo mese di marzo”.
Ma cosa sarà mai successo? A un cittadino che si svegliasse stamattina dopo aver dormito ininterrottamente nel week-end verrebbe legittimo chiedersi: sono tornate le Brigate Rosse? Prima Linea ha colpito ancora? Macché. Con il pretesto di alcuni incidenti durante un corteo solidale a Roma e di alcune azioni dirette avvenute in Italia e in Europa (nulla rispetto a quello che questo paese ha vissuto qualche decennio fa), il governo mette in piedi una sceneggiata degna della migliore commedia all’italiana nel tipico tentativo di “parlare d’altro”. A fronte della vicenda Cospito e della riflessione partita sul 41 bis cosa c’è di meglio di un po’ di stato d’emergenza preventivo e del mostrare il volto feroce? Tutti atteggiamenti con cui un certo elettorato di destra va a nozze. Sai mai che recuperi un po’ di popolarità dopo la figura di m***a legata al caro-benzina.
Nello scenario mortificante del giornalismo italiano i media non fanno certo di meglio. Non parliamo dei giornali di destra che fanno il loro, ma i titoli di “Repubblica” e “Corriere” fanno suonare più di un campanello d’allarme a chi, ormai con i capelli bianchi, era giovane a fine anni Sessanta.
Ci sarebbe da ridere, da liquidare tutto come farsa; del resto, è questo il livello della politica istituzionale di questo Paese. Se non ci fosse di mezzo la vita di un detenuto appesa a un filo.
È di ieri la notizia della decisione di trasferire Alfredo Cospito, giunto ormai al 103° giorno di sciopero della fame, al carcere di Opera, alla periferia di Milano, mentre diverse voci ragionevoli e coraggiose continuano a portare avanti la riflessione sulla condizione del carcerato anarchico, sulla sua lotta, sul valore dell’ergastolo ostativo in un Stato democratico e su come uno strumento emergenziale come il 41 bis sia diventato la norma. Di ieri, infatti, la notizia di un appello al Ministro Nordio di un gruppo di artisti che chiede di revocare il carcere durissimo prima che sia troppo tardi. Tra loro Valerio Mastrandrea, Jasmine Trinca, Michele Riondino, Ascanio Celestini, Paolo Calabresi e i 99 Posse.
La risposta più sensata alla nostra classe politica ci sembra l’abbia data l’avvocato di Cospito Flavio Rossi Albertini:
“Singolare la posizione governativa, l’esecutivo sembra fermo a marzo del 1978, qui non si discute se cedere alle pressioni ma se ricorrono le condizioni per sottoporre e mantenere Cospito al 41 bis. Non è una questione di muscoli ma di diritto, di interpretazione estensiva di una norma eccezionale. Il 41 bis dovrebbe essere applicato nei casi tassativi previsti dalla legge, è una norma di stretta interpretazione. Per Cospito è stato ampliato, dilatato il perimetro applicativo e dopo 102 giorni di sciopero della fame è ancora in attesa della decisione del Ministro”.
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