Noi non ci saremo. Riflessioni sul tema degli spazi, sul tavolo e sul Comune di Milano
Fin dall’inizio abbiamo detto che avremmo affrontato questo tavolo come un possibile spazio politico e luogo di conflitto nella città di Milano. Uno come altri. Un altro fra i molti che attraversiamo e costruiamo quotidianamente.
Fin dall’inizio, ancora, avevamo chiarito che non ci può essere dialogo se da una parte cerchi di costruirlo e dall’altra lo distruggi sgomberando, non è credibile parlare di legittimazione dell’autogestione se dall’altra parte si cerca di soffocarla.
Sempre fin dall’inizio abbiamo detto che, di volta in volta, avremmo deciso se e come partecipare, presentarci, attraversare questo spazio. Oggi, per esempio, abbiamo deciso di non esserci.
Questa volta proprio non abbiamo voglia di incontrarti, Comune di Milano. Con piacere avremmo incontrato, ancora, le associazioni, i cittadini e gli spazi sociali che hanno deciso di seguire questa avventura del tavolo sugli spazi, con curiosità e spesso anche in modo costruttivo e propositivo (al contrario di te, che ti nascondi dietro ad una finta disponibilità all’ascolto).
Lo abbiamo fatto in altri momenti in queste settimane. In piazza Gae Aulenti e in Largo Don Gallo per esempio. In spazi di confronto pubblici e convocati dal basso, luoghi politici che ci appartengono e nei quali ci riconosciamo un po’ più che in quello a cui ci inviti tu.
Ma incontrare proprio te, Comune di Milano…
L’ultima volta che ci siamo visti era mercoledì 23 Luglio, eravamo davanti al cancello di Zam, in Largo Don Gallo, e tu, Comune di Milano, vestito con varie tonalità di blu, ti facevi largo a colpi di manganello fra ragazze e ragazzi, donne e uomini che difendevano progetti, sogni e diritti.
Hai dichiarato di non essere tu il responsabile, hai scaricato ogni accusa sulla Magistratura e sulla Questura, ma questi sono i fatti e noi non ci accontentiamo: sappiamo che dietro ai fatti ci sono i mandanti e quando si parla di amministrazione della città i mandanti hanno ragioni politiche, se poi non vogliono esporsi trovano sempre la giusta scusa per non apparire. Questa volta la scusa la leggiamo su un cartello che avete fatto appendere sui cancelli di Zam: pericolo di crollo.
In queste settimane abbiamo osservato i lavori del tavolo sugli spazi e un po’ di quello che ci sta intorno e ci siamo fatti qualche domanda che crediamo sia utile fare pubblicamente. Non parleremo oltre dello sgombero di Zam, che è solo uno dei problemi, contingente e particolare, ma che ne svela altri, ben più radicati.
Il primo tema è quello degli interlocutori: il tavolo sugli spazi è partito e ancora non si capisce a chi sia rivolto. Ci sembra, infatti, che questa amministrazione faccia confusione tra una legittima richiesta di spazi di tutte quelle associazioni e di quei gruppi informali che rimangono esclusi dal meccanismo dei bandi e la questione degli spazi occupati e autogestiti. Se il tavolo vorrà essere una messa in discussione dei bandi e delle assegnazioni per immaginare pratiche più inclusive e orizzontali ne saremo felici, ma saremo anche consapevoli che non si tratta di un dibattito sui centri sociali di questa città.
La differenza fondamentale sta tutta nello spazio: gruppi e associazioni cercano il modo di trovarne uno, mentre i centri sociali occupano quelli che sono rimasti vuoti, abbandonati e esposti all’incuria che spesso li rende pericolanti e pericolosi.
Il tema, dunque, non è tanto quello di come ottenere uno spazio, perché i centri sociali uno spazio lo hanno già (a parte chi ha appena subito uno sgombero) ma di come preservarlo, garantendone l’autonomia e l’autogestione.
Si tratta di sperimentare e di immaginare un futuro inesplorato: gesto più alto del fare politica.
Il secondo tema è quello della partecipazione, che per noi non può essere disgiunto da quello della possibilità del conflitto. Ci sembra, però, che questi tre anni ci abbiano mostrato un’amministrazione che confonde la partecipazione con l’assenso, il tifo entusiastico e le offerte di aiuto e supporto, quasi senza voler riconoscere che il cambiamento passa, anche, dal conflitto, dalle critiche e dal dissenso.
Il nostro interesse per il tavolo è anche l’interesse per la sfida di trovare degli interlocutori che sappiano riconoscere i conflitti e che ne sappiano raccogliere il potenziale, ma non possiamo fare a meno di chiederci se a quel tavolo ci sia qualcuno che questa sfida la condivide o, al contrario, che pone come unica condizione per il dialogo una fittizia concordia.
Noi troviamo il coraggio di entrare in relazione consapevoli delle reciproche diversità, ma non possiamo farlo da soli. Ecco perché oggi non abbiamo voglia di incontrarti, Comune di Milano.
Preferiamo salutare lo spazio che è stato una delle nostre case per un anno, e cercare il prossimo, o i prossimi a seconda di come ci sembrerà più opportuno ed efficace, in cui portare le nostre attività, le idee, le proposte.
Preferiamo stringerci attorno al Lambretta, che è ancora a tutti gli effetti sotto sgombero e che, dicono, non passerà l’estate, e anche su questo voi scuotete la testa, alzate le braccia, “non è una nostra responsabilità…” dite.
Tanto, Comune di Milano, che gli spazi di cui parliamo siano vostri o meno, che voi abbiate le competenze o meno, abbiamo capito che non solo non spendete parole, se non poche, squallide e inutili lacrime di coccodrillo su social network o su qualche canale tv locale, ma soprattutto non agite in nessun modo in difesa delle autogestioni, di qualunque tipo siano: abbiamo contato più di 15 sgomberi di spazi sociali e un’infinità di spazi abitativi, i campi rom e…l’elenco è lungo.
Scrivere queste righe è, per noi, un tentativo di mettere sul tavolo i temi che ci stanno a cuore e i problemi che ci sembrano ostacolare il nostro cammino per continuare a immaginare nuove strade.
Speriamo di trovare spazi per discuterne, ma sappiamo anche di essere in grado di crearne di nuovi, con gli interlocutori che davvero vorranno mettersi in gioco.
Zam
Lambretta
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