In piazza contro la scuola del capitale disumano
Una decina di studenti sono stati feriti ieri dalle cariche della polizia a Torino mentre il corteo in solidarietà con Lorenzo Parelli, morto durante uno stage alla Burimec di Lauzacco vicino a Udine, cercava di muoversi. A causa delle restrizioni imposte al diritto di manifestare nelle cosiddette «zone arancioni» tutte le uscite da piazza Arbarello sono state bloccate impedendo in questo modo al presidio di muoversi. La Cub di Torino ha dato «piena solidarietà agli studenti» e ha rilanciato l’impegno «per l’abolizione dell’alternanza scuola lavoro, una norma che rende le scuole subalterne al sistema delle imprese ed è volta solo a un addestramento delle giovani generazioni a condizioni di sfruttamento e precarietà». Ci sono state violente cariche sui cortei studenteschi anche a Napoli e Milano . «Noi andiamo avanti con la protesta. Non sarà la repressione a fermarci» hanno risposto gli studenti.
Da Catania a Milano, da Trento a Venezia a Udine e Bologna o Parma. E poi Firenze e Napoli, Cagliari e Cosenza, Bari e Taranto, Terni e Roma. La rabbia e l’indignazione per la morte atroce di Lorenzo, giunto all’ultimo giorno di uno stage condotto un Centro di formazione professionale ieri ha attraversato l’intero paese e ha spinto, dopo quattro anni, di nuovo alla partecipazione politica una nuova generazione studentesca di coetanei, la stessa che da due anni è stritolata dalla scuola in pandemia.
«Non saranno di certo la repressione, fatta con le manganellate in piazza e con le sospensioni nelle scuole, che sono le uniche risposte che abbiamo dalle istituzioni, a fermare la nostra lotta contro l’Alternanza e contro questa scuola che uccide – hanno detto gli studenti romani della «Lupa in lotta», un movimento nato nel corso dell’autunno a seguito dell’occupazione di una cinquantina di istituti nella Capitale – Legittimare l’Alternanza Scuola-Lavoro (oggi P.C.T.O., ndr.), chiedendo miglioramenti e raccontando la favola della “Buona” Alternanza. L’Alternanza buona non esiste, la vostra scuola non va migliorata, va rivoluzionata, e la morte di Lorenzo qualche giorno fa lo ha mostrato chiaramente a tutti. Le scuole non sono aziende, i presidi non sono manager, il sapere non è profitto».
La tragedia, e la protesta puntuale e determinata di uno dei provvedimenti chiave, tra i più brutali della scuola neoliberale voluta sia dal centro-destra che dal centro-sinistra negli ultimi vent’anni, è stata rimossa o comunque occultata dal penoso spettacolo offerto sul Quirinale in questi giorni da una politica agonizzante. Ieri colpiva la differenza tra i riti mortiferi del Palazzo e la presenza nelle piazze degli studenti che affermano il diritto all’esistenza. I primi corteggiati, gli altri in altri casi manganellati com’è accaduto anche al Pantheon a Roma il 23 gennaio scorso.
«Sangue del nostro sangue». Era uno dei cartelli improvvisati sventolati da giovanissime ieri a Roma in piazza dell’Esquilino. Non è rabbia, sulla quale non si costruisce una politica, ma l’intelligente sensibilità di una razionalità collettiva che si va formando. La critica durissima è al modello di scuola e di società, teorizzata dagli ideologi del «capitale umano» che altro non è che il rovesciamento della forza lavoro nel suo contrario. «La vita di Lorenzo è stata spezzata dalla fame di profitto di aziende senza cultura della sicurezza, dalla scuola e dallo Stato che hanno imposto che le studentesse e gli studenti debbano sperimentare sfruttamento e lavoro gratuito e rischiare la propria vita durante i percorsi formativi – sostiene l’Unione degli Studenti – Tutto questo, legittimando un mercato del lavoro in cui le aziende competono al ribasso su sicurezza, salari, lavoro precario e interinale. Viene insegnato che è normale lavorare gratis, senza diritti, sicurezza e la possibilità di organizzarsi nel sindacato».
Alla mobilitazione nazionale hanno partecipato, tra gli altri, Rifondazione Comunista, il Fronte della Gioventù Comunista, mentre i Cobas che hanno indetto per oggi uno sciopero straordinario e i lavoratori della Gkn, del SI Cobas, Usb e de «il sindacato è un’altra cosa» hanno dato la loro solidarietà.
di Roberto Ciccarelli
da il Manifesto del 29 gennaio 2022
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