“Storie di quartiere” – Intervista a Soy Mendel
Dopo aver percorso l’asse Sud Barona-Gratosoglio con le interviste al CAAB, a GTA e a ZamHipHopLab e l’asse Nord Affori-Comasina con la chiacchierata con RiMake questa volta siamo andati a Baggio dove, dai primi di Ottobre, Soy Mendel ha ripreso casa occupando il campo comunale abbandonato di Via Fratelli Zoia 181. Durante il lungo percorso in macchina, da bravi milanisti di sinistra (e cialtroni), alterniamo discorsi seri sulla scomparsa di Fidel Castro a valutazioni sull’ultima coreografia milanista al derby con l’Inter dedicata al “Presidente”. Per la serie: “Veri professionisti dell’informazione!”.
Ecco l’intervista.
-Coma nasce Soy Mendel?
L’idea di occupare uno spazio a Baggio è nata da un po’ di gente del giro No Canal più una serie di ragazzi di zona. C’era l’esigenza di avere un posto di socialità in quartiere. Qui, alla sera, dopo le 21,30, non c’è nulla da fare. Tra i primi occupanti c’era qualche persona con esperienze passate di militanza, ma tantissima gente era alla prima esperienza del genere. Quando abbiamo occupato il primo stabile di fianco al Parco delle Cave la risposta del quartiere è stata molto buona e propositiva. Passava la gente più diversa con moltissime proposte. Il collettivo si è ingrandito subito. Qui da noi a Mendel c’è una grande eterogeneità anagrafica. Si va dai 15 anni agli over 60.
-Parlateci della prima occupazione.
La prima occupazione è avvenuta il 4 Ottobre 2014.
Lo spazio era una fabbrica in Via Cancano, le ex-Pompe Peroni che, tra l’altro, era una storica fabbrica di Baggio, se non l’unica. Chiusa da 20 anni.
Da quel poco che sappiamo in quell’area volevano fare un polo commerciale e sembrerebbe che i proprietari lo lascino abbandonato fino a quando non vedranno la possibilità di speculare un po’ e fare soldi.
Quando ci hanno sgomberato nel Marzo 2015 dentro hanno spaccato tutto ed oggi il posto è in condizioni ancora peggiori di come l’abbiamo trovato quando siamo entrati noi.
-Vi siete fatti un’idea di perché uno sgombero così veloce e inutile?
Da quel che abbiamo capito la proprietà non è che avesse tutta questa fretta.
Secondo noi c’entrava un po’ il fatto che due mesi dopo sarebbe iniziato Expo e che il posto si trovasse sul tracciato della famigerata Via d’Acqua.
-Poi avete rioccupato no?
Sì. La seconda occupazione è stata in Via Don Gervasini.
Uno stabile studiato come supermercato che non ha mai aperto, abbandonato da 8 anni, che si trova sotto un palazzo popolare. Si tratta di un complesso di edilizia pubblica ora gestito da MM che è subentrata ad ALER nella gestione del patrimonio immobiliare di edilizia pubblica di proprietà del Comune di Milano.
Qui l’orizzonte è cambiato.
Oltre al fatto che era più complicato fare grandi serate di autofinanziamento abbiamo deciso di concentraci su altre prospettive.
E’ iniziato un serrato lavoro con i ragazzi della zona per fare del nuovo Mendel un punto di ritrovo di aggregazione e socialità. Da lì una serie di giornate sportive aperte al territorio, cineforum e altre iniziative del genere.
I rapporti con gli abitanti delle case popolari erano complicati anche se c’è da dire che venivano un sacco di ragazzine del quartiere a ballare nello spazio e i bambini erano incredibilmente entusiasti per la nuova avventura!
In aggiunta a ciò, il custode dello stabile, era un tesserato di Fratelli d’Italia, amico di De Corato che ce ne ha fatte di tutti i colori…
E’ stata un’esperienza difficile, ma istruttiva.
-Com’era la convivenza?
Complessa. C’erano persone contro l’occupazione “a prescindere”.
Altri che invece ti dicevano: “Finalmente siete arrivati voi. Qui non succede mai un cazzo!”. A una certa hanno anche raccolto delle firme contro Mendel, ma alcuni si sono rifiutati di firmare e venivano a raccontarcelo compiaciuti!
-Poi è arrivato lo sgombero.
Sì, ci hanno sgomberato nell’Estate del 2015.
Come ormai d’abitudine, già ai tempi dello sgombero, si parlava di un bando sullo spazio. Il bando è arrivato qualche tempo dopo.
C’è da dire che, nonostante tutto, è stata comunque una soddisfazione che dopo 8 anni di abbandono il posto venisse messo a valore.
Abbiamo partecipato al bando con una rete di soggetti di quartiere, la Rete 7.
Il bando l’ha poi vinto l’associazione il Gabbiano. Un’associazione che aiuta i disabili.
Noi non ci siamo neppure classificati…
Abbiamo partecipato al bando in modo critico dicendo che, anche se avessimo vinto, avremmo proseguito nella pratica dell’occupazione.
Quest’esperienza ci ha reso ancora più disillusi rispetto alla politica dei bandi messa in piedi dal Comune di Milano.
A noi sembra una vera presa per il culo!
E’ evidente che comunque un’eventuale vittoria del bando da parte nostra avrebbe voluto darci importanza e valore. Quindi era impossibile!
-Poi?
Siamo stati un anno senza posto perché non volevamo lasciare Baggio.
In quartiere abbiamo dei legami che andando in altri posti perderemmo.
Quasi tutti sono baggesi.
C’è un’identità di quartiere molto forte.
Abbiamo resistito per un anno in forma itinerante.
Come dei girovaghi siamo stati ospitati di volta in volta in case, da associazioni…
Spesso ci incontravamo all’aperto!
Poi abbiamo notato questo posto e l’abbiamo monitorato per qualche mese.
Senza spazio fisico ci stavamo sfaldando.
Il grosso problema è che a Baggio c’è poco o nulla di comunale e agibile.
Per quanto riguarda i posti dei privati…devi stare molto attento nello scegliere quelli dove entri…
A Baggio l’ombra della criminalità organizzata è ancora molto forte.
Devi sempre valutare.
-Dopo la rioccupazione di Ottobre come si è evoluta la situazione?
In questi anni abbiamo puntato tanto sullo sport popolare.
E quindi questo è un posto perfetto che ci sta dando parecchie soddisfazioni.
A Gennaio dovrebbe partire un bando sullo spazio.
Noi abbiamo detto chiaramente che se dovesse partire un progetto serio di restituzione al quartiere del campo sportivo saremmo disposti ad andarcene con le nostre gambe.
In questi giorni siamo finalmente riusciti a tagliare l’erba del campo che quindi è tornato ad essere fruibile ed è subito a disposizione di tutti.
Altra notizia di qualche giorno fa è che ci hanno tolto l’acqua con tutti i problemi che ne conseguono.
-Oltre a voi cosa c’è a Baggio?
Non è un quartiere morto.
Ogni volta che si è fatto un progetto, la gente di quartiere ha risposto.
Quest’anno due associazioni storiche di Baggio che ci hanno dato solidarietà, Dimensioni Diverse e Share Radio, sono state escluse dalla sagra del quartiere da Marco Bestetti, il Presidente di destra di Zona 7.
Le associazioni che partecipavano alla festa di quartiere sono state solidali.
C’è stato anche un corteo interno alla sagra!
Anche se le associazioni non sentono nelle loro corde alcune nostre posizioni e pratiche si lavora bene insieme e c’è solidarietà.
Per lavorare insieme ci vuole sempre un’opera di mediazione tra le diversità.
Abbiamo, per esempio, fatto un’interessante dibattito sul referendum nella biblioteca di quartiere.
-Quanta gente gravita a Soy Mendel?
Il collettivo è di una quindicina di persone. Il giro largo molto più ampio.
A Baggio, dagli anni ‘70, c’è comunque stata una storia di occupazioni.
C’è stata la “mitica” esperienza della Casermetta.
Poi ci sono state Villa Amantea. Lo Spazzali.
Quando ci hanno sgomberato nel Marzo 2015, al corteo di quartiere ha partecipato gente con cui magari si faceva poltica a Baggio 40 anni fa…
La Casermetta, per esempio, è implosa a fine anni ‘70 sulla tragica vicenda della lotta armata.
Un aspetto bello è che quest’occupazione è animata anche da una serie di nuclei familiari. Ci sono insieme padri e figli.
C’è per esempio C. che è giovanissima, ha 15 anni, ha partecipato anche alla prima occupazione, quando era alle medie. Ora va al Tenca e fa parte del C.A.T.
Oggi ci sono due nostre ragazze giovanissime che sono andate al corteo di Roma sulla violenza contro le donne.
Questo è uno spazio molto trasversale, forse dovremmo investire di più sul mondo studentesco.
I giovani sono un elemento importantissimo. Saranno i protagonisti del futuro! Quelli che prenderanno in mano le lotte e le porteranno avanti nei prossimi anni.
-Relazioni con l’ANPI?
C’è un progetto per far conoscere la storia dei partigiani di Baggio.
Questa è stata una zona importante per il movimento partigiano milanese.
Ora vogliamo fare un incontro su Mendel che era, per l’appunto, un partigiano di Baggio.
I partigiani che hanno fatto la Resistenza sono sempre meno.
Ci sono racconti bellissimi che vanno a tutti i costi preservati!
-A Baggio sono più un problema i fascisti o la criminalità?
La criminalità. Senza dubbio.
Come fasci organizzati c’è pochissima roba.
Abbiamo cancellato un po’ di scritte di merda in giro per il quartiere.
I ragazzini delle vie (Via Mar Nero, Via Nikolajevka, Via Creta) venivano a giocare a calcetto e farsi diecimila canne all’occupazione di Via Cancano.
Non partecipavano all’attività politica, ma stavano nello spazio.
-Progetti per il futuro?
Sono due anni che organizziamo al Parco delle Cave il Festival delle Resistenze.
Lo facciano all’ex-gasometro ed è molto partecipato.
E’ faticoso portare avanti le iniziative. Si rischia sempre di perdersi via.
Stiamo cercando di lavorare con i rifugiati che stanno nell’ex-scuola Manara.
Noi vogliamo capire quali sono le loro esigenze.
Vogliamo che siano loro ad esprimersi sui propri desideri senza essere noi a sovradeterminarli.
Viviamo con la spada di Damocle del bando sul posto a Gennaio.
Vediamo come si svilupperà la situazione…
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