Una settimana di Intifada studentesca milanese

E’ orami passata una settimana dal pomeriggio del 10 maggio quando le prime tende sono state piantate nel cortile di via Festa del Perdono, nel cuore dell’Università Statale, da studentesse e studenti solidali col popolo palestinese.

Chi scommetteva sul fatto che si trattasse di un fuoco di paglia o di un’azione puramente simbolica ha dovuto prontamente ricredersi. Nel giro di una settimana tende sono state piantate anche fuori dal Politecnico e in Bicocca. Neppure il violento maltempo di questi giorni ha fatto rinunciare i solidali che, in Statale, hanno piantato le tende nell’atrio dell’Aula Magna e su alcuni piani.

La settimana, in Festa del Perdono, è stata piuttosto movimentata. Il movimento di solidarietà grazie a un grintoso pressing è riuscito a ottenere di intervenire direttamente al Senato Accademico che ormai si tiene abitualmente online per paura di contestazioni. La risposta delle autorità accademiche alle sollecitazioni di presa di posizione del basso è stata, tanto per cambiare, pilatesca e deludente con la consueta politica del colpo al cerchio e il colpo alla botte.

Nella giornata di sabato 11 tende sono state piantate in piazza Leonardo Da Vinci, di fronte al Politecnico dopo che il corteo milanese per la Palestina ha attraversato Città Studi. Sono ormai più una trentina le giornata di mobilitazione in favore della popolazione di Gaza succedutesi a Milano da dopo il 7 ottobre con una tenuta e una durata impensabile.

Di due giorni fa invece l’inizio della terza acampada in Bicocca.

Al momento, sia le autorità accademiche che la Questura stanno tenendo un basso profilo nella speranza di vincere il movimento per stanchezza. I media mainstream hanno deciso invece di calare una coltre di silenzio sulle mobilitazioni che, generalmente, ottengono qualche articolo nella cronaca locale e poco altro per un fatto decisamente significativo come la più trasversale (anche se con numeri minori) mobilitazione universitaria in Italia dai tempi dell’Onda di una quindicina di anni fa. Il Governo, non sapendo che dire, non ha saputo fare di meglio che tirare fuori il trito e ritrito e ritrito ritornello del rischio infiltrazioni.

A livello internazionale sembra essere in corso una situazione di stallo. Le truppe israeliane hanno diminuito il ritmo della mattanza a Gaza e pur continuando a bombardare e uccidere non hanno ancora fatto partire l’attacco in grande stile contro Rafah. Gli Stati Uniti al di là delle dichiarazioni di facciata mantengono il loro ferreo supporto a Netanyahu e soci anche se i governi occidentali, anche se solo a parole, si sono espressi contro l’attacco alla città a Sud della Striscia. All’ONU invece un voto non vincolante, ma simbolicamente importante ha riconosciuto che la Palestina è qualificata per l’adesione alle Nazioni Unite. Un voto non vincolante che ha comunque scatenato le ire di Israele.

Domani, con partenza da Palestro alle 15 e finale in largo Richini si terrà un nuovo corteo cittadino contro il genocidio.

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