Curdi e palestinesi sotto attacco. Quelle Resistenze dimenticate dall’Occidente

L’estensione del sostegno popolare in Occidente per l’Ucraina e le denunce quasi unanimi della comunità internazionale sull’invasione della Russia, insieme ad una valanga di sanzioni e boicottaggi imposti all’aggressore, dimostrano il doppio standard nella risposta determinata e forte dell’Occidente alla Russia, rispetto alla risposta, o mancanza di essa, all’occupazione israeliana dei territori palestinesi e all’occupazione turca di territori in maggioranza curda.
Secondo i media nostrani, e in generale i media occidentali, bisogna diversificare chi combatte gli oppressori e chi deve essere marchiato come “terrorista” anche quando si tratta di difendere il proprio diritto alla vita, il proprio diritto alla terra.
Le violazioni delle leggi e delle norme internazionali non hanno tutte lo stesso significato, né sono trattate allo stesso modo. Quando una grande potenza come la Russia attacca un altro stato sovrano e ne minaccia altri nelle sue vicinanze, ha conseguenze geopolitiche destabilizzanti che sono profonde e di vasta portata. Non è così quando si tratta delle azioni di Israele nei confronti dei palestinesi, che non hanno più grandi ripercussioni regionali, figuriamoci globali. E lo stesso purtroppo vale anche per il popolo curdo.
Non sono mancati gli accademici della teoria della guerra giusta, gli stessi che sostennero, a suo tempo, che l’invasione e l’annientamento dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003 fu una guerra per esportare la democrazia, nonostante l’uccisione di centinaia di migliaia di persone, per lo più civili, e la fuga forzata di milioni di persone.
Oggi più che mai vediamo Stati-Nazione forti che tormentano i deboli. I palestinesi, i curdi e molti altri popoli che si vogliono autodeterminare sono particolarmente consapevoli e sensibili all’occupazione, all’oppressione, agli arresti mirati, ai profughi, alla guerra.

Come il Primo Ministro israeliano Neftali Bennet, anche il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan sta cercando di svolgere il ruolo di mediatore nella guerra in Ucraina e di presentarsi come un pacificatore; il 17 aprile ha lanciato una rinnovata offensiva militare su larga scala contro il Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale), un’altra campagna non provocata dalle forze armate turche per invadere, spopolare e occupare più aree. Ancora una volta, il vero volto di Erdogan, quello di aggressore e occupante, si mostra in Kurdistan. La politica di negazione e guerra contro il popolo curdo è un principio centrale dello stato turco e della leadership di Erdogan, e gli sforzi trasparenti di Erdogan per agire come mediatore sulla scena interna servono solo a distrarre dal ruolo distruttivo che Erdogan continua a svolgere in Turchia, in Kurdistan e in tutta la regione.
Erdogan sta affrontando molte crisi interne, inclusa una terribile situazione economica, e sta disperatamente cercando di evitare la sua caduta intensificando la guerra dello stato turco contro i curdi per raccogliere il sostegno nazionalista in patria, mentre lavora per rafforzare la posizione della Turchia nell’arena diplomatica internazionale tramite il tentativo di svolgere il ruolo di mediatore nella crisi ucraina e rivendicare una posizione geostrategica unica tra NATO e Russia.
Resta il dolore di chi non ha cittadinanza in stati di apartheid. Di chi non ha mai visto l’occupante sanzionato, nonostante le tante risoluzioni ONU calpestate, nonostante lo sfregio del diritto internazionale e di quello umanitario, nonostante centinaia di rapporti delle più autorevoli agenzie delle Nazioni Unite e di ONG internazionali, che hanno documentato punizioni collettive inflitte dall’occupante alla popolazione dei territori occupati, punizioni che confliggono anche con la Convenzione di Ginevra sulla guerra. Resta il dolore dei curdi e dei palestinesi.
Se il mondo continua a chiudere gli occhi di fronte ad alcuni dei più terribili massacri ai danni di popoli che ogni giorno lottano per vivere in un mondo libero, assisteremo a un continuo aumento degli spargimenti di sangue, degli sfollamenti e dell’instabilità in tutto il Kurdistan e in Medioriente.

Nassi LaRage

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