Ocalan libero per un Medioriente democratico

«Quando la Turchia guarda al Rojava e vede che arabi, curdi, assiri, turkmeni costruiscono insieme un sistema democratico, capisce che lo stesso potrebbe avvenire sul proprio territorio e ne ha paura. Vede che i curdi si avvicinano di un altro passo alla libertà. Per questo i caccia turchi attaccano Rojava, Shengal e il campo di Makhmour anche se lì non ci sono militanti del Pkk: ci sono i popoli e la loro autodifesa».

Così Yilmaz Orkan, responsabile di Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia, organizzatore degli eventi di ieri a Roma e Milano insieme a Rete Kurdistan e al Comitato per la libertà di Ocalan) spiega che cosa sta accadendo in Medio Oriente, nei giorni in cui la prigionia del fondatore e leader del Partito del lavoratori del Kurdistan, Abdullah Ocalan, compie 23 anni.

«Il tempo della libertà è arrivato», così è stato ribattezzato il doppio corteo, quello romano e quello milanese, che ieri pomeriggio ha visto sfilare migliaia di persone. Con tre obiettivi: la liberazione di Ocalan, catturato il 15 febbraio 1999 dai servizi segreti turchi a Nairobi e da allora detenuto nell’isola-prigione di Imrali, sul Mar di Marmara; la rimozione del Pkk dalla lista dei gruppi terroristici, alla luce degli sforzi politici e pratici per la democratizzazione delle società mediorientali e per la pacificazione interna alla Turchia; e infine, ce lo spiega Alessandro Orsetti, «il riconoscimento da parte del governo e del parlamento italiani dell’Amministrazione democratica della Siria del nord-est, l’unica realtà che può condurre alla democratizzazione e la convivenza di diverse etnie e religioni».

Orsetti, sulle spalle la kefiah con i colori della bandiera del Kurdistan, ricorda le parole di suo figlio Lorenzo, ucciso mentre combatteva l’Isis al fianco delle Forze democratiche siriane nella città di Baghouz, l’ultima battaglia nella Siria del nord-est, quella che portò alla fine dello Stato islamico come entità territoriale: «Lorenzo diceva che quelli erano territori dove l’Isis era ancora molto forte, presente con cellule dormienti. La mano della Turchia lo rafforza».

Sotto il sole romano, migliaia di persone da Piazza dell’Esquilino si sono mosse in corteo verso San Giovanni, tra le bandiere del Kurdistan, quelle delle unità di difesa curde Ypg e Ypj e i vessilli gialli con al centro il volto di Apo Ocalan. In contemporanea a Milano il corteo raggiungeva la sede del Comune in piazza della Scala.

Tantissime le adesioni: partiti, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo; sindacati, Cobas, Cub e Fiom-Cgil; associazioni, Giuristi democratici, Arci, Assopace Palestina, Cisda; centri sociali e comitati.

Ayse Gul è una donna curda, vive in Italia da tre anni. Attiva nel movimento delle donne in Turchia, il suo lavoro a tutela dei diritti di genere le ha attirato le attenzioni della polizia, costringendola a lasciare il suo paese: «Come donna curda, posso dirvi che noi non guardiamo a Ocalan solo come persona. Per noi è un pensiero, un’ideologia politica. Rappresenta il popolo curdo ma anche il resto del Medio Oriente che, attraverso la sua libertà, sogna la liberazione dei popoli».

«Per questo – aggiunge – non credo nella politica degli Stati, hanno interessi politici ed economici. Noi crediamo nei popoli e dei popoli abbiamo bisogno: la democrazia piena non c’è nemmeno in Occidente, più che diritti esistono privilegi per gruppi ristretti di persone. Sono i movimenti, le reti di persone in diverse parti del mondo a poter cambiare le cose».

C’è chi prova a farlo, tra isolamento e attacchi esterni, in Siria e in Iraq. «Nel Kurdistan siriano e turco ho visto il riconoscimento di una lotta lunga 40 anni: ne hanno fatto propri valori e pratiche – ci dice Michele Rech, Zerocalcare, che con i fumetti ha raccontato i viaggi tra Rojava e Shengal – Nel caso del popolo ezida di Shengal, parliamo di una società con una cultura diversa. Ma è interessante vedere come popolazioni che hanno conosciuto la figura di Ocalan più di recente provino a inserirsi nel sistema del confederalismo democratico».

Per rendere quel progetto politico più accessibile, è da qualche giorno in rete il sito freeapo.org, realizzato da una rete di attivisti, con l’obiettivo di ricostruire la storia del popolo curdo: «Quella vicenda è seppellita nella memoria – spiega il videomaker Manolo Luppichini – C’è una generazione giovane che ne ignora la storia».

«Con il sito e con il video che abbiamo realizzato, vogliamo diffondere e ricostruire pezzi di memoria, ricominciare da zero per fornire informazioni dettagliate su quella parte di mondo». Intanto una banda colorata tiene il tempo degli slogan gridati dal camion che accompagna il corteo.

di Chiara Cruciati

da il Manifesto del 13 febbraio 2022

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