Poesie dall’inferno di Gaza
Sembra impossibile, ma nella situazione di fame e massacro quotidiano c’è chi ancora, nella Striscia di Gaza, riesce a dare spazio alla bellezza. Ecco due componimenti in versi giuntici da quei luoghi di dolore infinito.
Sul Precipizio della Morte
Cos’è la nostra vita se non uno spettacolo malinconico
su un palco di sangue
e un pubblico di occhi sonnolenti.
Sullo sfondo,
musica blues insegue le macchine.
Passi sfrecciano avanti e indietro,
come un arco sulle corde del violino.
Tetre folle risuonano di pianti:
Dove dovremmo fuggire
dagli instancabili droni.
Persone scappano come ombre,
sulla loro schiena, il macigno di Sisifo.
Stanno scalando il precipizio della morte.
Le loro dita si allungano,
alla ricerca di rami sporgenti,
dall’abisso scuro.
Morte allunga una mano di redenzione,*
con un potente strattone.
Quando tiro indietro la mano,
lui mi afferra la testa e mi fissa negli occhi,
spingendomi a percorrere il suo cammino.
Sul precipizio della morte,
mi vedo sospesa da un cappio,
dondolare con grazia nel vento.
Sono libera come una lucciola che splende in una caverna,
un sorriso sul mio volto azzurro.
Le mie mani sono sciolte,
come un antica quercia,
ballando un tango con la brezza.
La mia anima è una nave di migranti,
dove morte attende in mare,*
bramoso di più visitatori.
Sull’altra sponda del precipizio,
Morte sta da solo.*
E’ vestito in un completo bianco,
mentre con cura meticolosa sistema un bouquet,
per dare il benvenuto alla sua nuova sposa.
* nel testo originale la morte viene chiamata esplicitamente al maschile (he seizes, he is dressed). Si è scelto di tradurre al maschile anche dove non è esplicitato e di omettere l’articolo davanti “alla parola morte per armonizzare i versi.
Non Ancora Primavera
Non è ancora Primavera,
il gelo avanza lentamente
sulla terra ferita,
mormorando storie di guerra.
La pioggia è mescolata alle lacrime.
La soffice luce del sole accarezza
le mie mani venate di blu
che tremano dalla paura e dal freddo.
Non è ancora Primavera,
e l’inverno è crudele.
Ma i viticci dei giacinti si aprono
tra i muri crepati e
fuori da sotto le tombe,
guidando i piedi sfiniti verso casa.
Non è primavera,
e la guerra non è ancora finita
io desidero scrivere versi d’amore,
del tocco tenero di mani calde,
delle labbra delle ragazze che sorridono timidamente,
e il trillo allegro del canarino,
dove la brezza vortica
dei segreti degli amanti.
e lettere al profumo di orchidea
per i defunti.
Inseguivamo
i nostri riflessi sul mare di cristallo
mentre i pescatori catturavano il pesce
e i bambini ridevano sulla spiaggia.
La mia città è come un marinaio,
alla ricerca di un porto per attraccare.
Con il pennone rotto,
sta aspettando che arrivi la Primavera.
Ma, come potrà sbocciare la Primavera,
nella nostra terra dilaniata dalla guerra?
Haya Abu Nasser
Gaza, febbraio 2024
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La poesia è bella e intensa come la vita. Incredibile!