Milano non è una città modello, giù le mani dall’urbanistica!
Lo diciamo ormai da tempo ed è la ragione per la quale siamo nati, inutile girarci intorno, questo modello di città non ci rappresenta e non è quello che vogliamo. Parlare di città significa soprattutto parlare degli abitanti e dei cittadini che la vivono. Che modello di città è una città che sceglie di privilegiare gli affari di pochi per lasciare indietro il ceto medio, le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie, i suoi giovani?
Le inchieste della Procura e tutta la vicenda del Salva Milano ce lo dimostrano chiaramente: a Milano si è passato il segno. Ma ce lo dimostrano ancora meglio i numeri sulla città. Il caro affitti che dilaga. I prezzi inaccessibili ai più. I numeri degli sfratti. Il costo di un posto letto in uno studentato privato convenzionato che è superiore al canone di una stanza sul mercato privato. Non ci vogliamo focalizzare sulla questione giudiziaria, naturalmente, anche se ci interessa moltissimo (e farà il suo corso). Seguiremo anzi con molta attenzione.
D’altra parte sarebbe strano il contrario visto che sta coinvolgendo l’amministrazione del Comune di Milano, il sindaco e la sua giunta, e alcuni dei principali attori economici e politici della città, come Stefano Boeri o il Ceo di Coima Manfredi Catella, che a detta di molti sarebbe il sindaco ombra della città, sicuramente il principale ispiratore e beneficiario di questo modello predatorio di governance urbana e di sviluppo sociale.
Ci teniamo anche a dire che la questione del Salva Milano, e tocca ribadirlo, oltre ad avere assunto carattere paradigmatico per la discussione urbanistica nazionale, rischiando di inguaiare tutto il paese, è partita dagli esposti dei cittadini e dei comitati civici e di quartiere, non dobbiamo mai dimenticarcelo. Perché anche noi abbiamo un ruolo. E possiamo averlo. È il bello della democrazia.
Quello che però di più ci interessa è proiettarci nel presente verso il futuro, e il futuro è già domani. Le responsabilità politiche e sociali evidenti da tempo tra gli addetti ai lavori, adesso sono sotto gli occhi di tutti, e non si possono più negare.
Chi vuole costruire un modello alternativo di città, inclusivo, accessibile e per tutti deve prendere parola, assumersi le proprie responsabilità e fare la sua parte. Fare di più magari, rischiando anche di fare di meno ma meglio.
Serve creare sulla base delle alleanze sociali attive dal basso un orizzonte partecipativo reale per arrivare a presentare una alternativa di governo credibile, capace di rompere con la storia politica recente della città. È il tempo di cambiare visione e di dirci che vogliamo una città nuova che sia un luogo per tutti.
Piazzale Loreto è bloccato. Non si farà. Il progetto è fermo. Ed è una vittoria, ce lo possiamo dire. Quel progetto non ha mai creato consenso – se non sotto forma di rendering patinato come intervento che prometteva l’innalzamento dei valori immobiliari ai proprietari di casa in zona – e si basa su un piano di intervento che non teneva conto degli impatti ambientali e sociali, delle ricadute reali sui quartieri e sul territorio, accelerando con violenza la corsa della speculazione che sta causando l’espulsione e l’esclusione di molti cittadine e cittadini, spingendoli fuori città, deportando di fatto famiglie, anziani e molti giovani.
Crediamo che lo stesso discorso potrebbe e dovrebbe valere per San Siro e tutti i piani di riqualificazione in programma, che non fanno pianificazione di sistema a partire da chi ci abita, senza considerare le esternalità negative. Ormai non si può pensare di procedere come se nulla fosse. È tempo di cambiare la città e definitivamente lo sguardo che abbiamo su di essa. In questo senso un primo segnale concreto potrebbe essere quello di bloccare la vendita delle case popolari in viale Lombardia 65, di proprietà di MM (società comunale), con la messa a disposizione dei 130 appartamenti vuoti, come strumento immediato di contrasto alla precarietà abitativa in città. Invertiamo la tendenza. Facciamolo ora. Facciamolo subito.
Chiediamo casa e una città per tutt*.
Vogliamo e pretendiamo un’altra Milano:
città pubblica e case per tutt*.
Cerchiamo Casa
Abitare in via Padova
AttivaMi
* foto in copertina Gianfranco Candida
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