Musa Balde, 23 anni: un’altra morte di Stato

28 maggio, ore 18 @ piazza San Babila.

Musa Balde, 23 anni: un’altra morte di Stato.

Considerate se questo è un suicidio.

Togliersi la vita facendo “la corda” (come la chiamano nei CPR), annodandosi al collo le lenzuola del letto dopo aver chiesto invano aiuto, nella cella di isolamento di un Centro di Permanenza per il Rimpatrio, dove lo Stato lo aveva in custodia.

Musa Balde, 23 anni, della Guinea, era finito nel CPR di Torino dopo essere stato massacrato a sprangate e bastonate a Ventimiglia, meno di due settimane prima, da tre cittadini italiani, che lo accusavano di un tentativo di furto di un cellulare, lo scorso 9 maggio.

Si dice che Musa, trovato nell’occasione sprovvisto di documenti, sia stato portato in ospedale, e da lì poi prelevato e portato direttamente in via Brunelleschi.

“Perchè mi hanno rinchiuso qui?” chiedeva gli ultimi giorni Musa al suo avvocato, incredulo che i suoi aggressori fossero a piede libero e lui rinchiuso.

Come lui si saranno probabilmente chiesti il perché anche i circa 30 morti degli ultimi 20 anni di CPT-CIE-CPR.

Ed è giunto il momento di chiedersi tutti e tutte: perché esistono, e perché tollerare ancora che esistano questi lager per persone innocenti, dove ancora nel 2021 (senza alcun processo perchè non hanno commesso alcun reato) esseri umani vengono reclusi, isolati con il sequestro dei telefoni ed abbandonati a loro stessi, solo perché stranieri e privi di documenti, come se fosse normale l’esistenza nelle nostre città di un porto franco dei diritti alla difesa, alla salute, alla dignità umana?

La risposta è che esistono perché sono la prova muscolare della Fortezza Europa, il monito di quel che accade a chi si azzarda a bussare alle sue porte dopo essere sopravvissut* ai lager appaltati ai dittatori, il deterrente per chi osa attraversare il Mediterraneo orfano delle ONG o la rotta balcanica, per chi è scampato alle guardie di frontiera armate di strafottente discrezionalità, per chi ha superato il degrado dei campi profughi o degli hotspot o il sequestro-trappola delle navi quarantena dove ti convincono a rinunciare al diritto di asilo.

Ed esistono perché una volta entrato nella Fortezza Europa una è la prospettiva: l’invisibilità della clandestinità imposta da leggi che favoriscono irregolarità e sfruttamento. O, in fondo al baratro, l’umiliazione del CPR e la deportazione del rimpatrio.

Giorni, settimane, o mesi: l’importante è che giunga forte è chiaro che una volta varcata la soglia sei in mano allo Stato, che nell’indifferenza generale può isolarti, alienarti, annullarti, abbrutirti, e disperarti, e che non hai alcun diritto che tenga, neppure di vivere.

Considerate quindi tutto questo.

E CONSIDERATE SE ALLORA QUESTO E’ DAVVERO UN SUICIDIO. O SE PIUTTOSTO QUELLO DI MUSA NON SIA L’ENNESIMA MORTE DI STATO.

Tutto questo accade anche a Milano, dove in via Corelli ormai da settimane la situazione è fuori controllo. Sono in corso scioperi della fame, scioperi dei tamponi, e tutti i giorni si compiono atti di autolesionismo e tentativi di suicidio.

Ormai il re è nudo.

L’hanno ammesso anche i gestori: è un girone infernale lasciato alla deriva da un gestore dissennato ormai a fine mandato, ed una Prefettura che, non ancora soddisfatta, rilancia, e sta concludendo proprio in queste ore il nuovo bando di gestione al ribasso sulla pelle dei trattenuti, con un aumento della capienza dei posti del 50%.

QUESTE SONO MORTI DI STATO.
E CHI GESTISCE E’ COMPLICE.
CHI E’ INDIFFERENTE ANCHE. FERMIAMOLE!

I CPR NON SI GESTISCONO: VANNO CHIUSI TUTTI E SUBITO.

Prima che accada il peggio anche a Milano, CHIUDIAMO IL CPR DI VIA CORELLI!

STOP AL BANDO DI APPALTO DI GESTIONE DEL CPR DI MILANO!

L’appuntamento è per
venerdì 28 maggio, ore 18, a Milano in piazza San Babila

Mai più lager – No ai Cpr

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