UE assassina – Complici di Erdogan e dei nazisti
Nella notte tra il 7 e l’8 marzo un grande striscione sul tema della drammatica situazione al confine tra Grecia e Turchia è stato appeso sul cavalcavia Bussa a firma Fuoriluogo.
Questo il testo che ha accompagnato l’azione:
“La recente crisi migratoria che, nonostante l’emergenza COVID-19, sta negli ultimi giorni conquistando le prime pagine di diverse testate giornalistiche, affonda le sue radici in processi storici e decisioni politiche complesse che non sono certo venuti a configurarsi nell’ultima settimana. Il nostro intento è quello di fornire una spiegazione globale che faccia intuire quali e di chi siano le responsabilità di ciò che sta accadendo a Lesbo e Evros, e di esprimere una forte condanna nei confronti di coloro che hanno favorito il dramma a cui stiamo assistendo.
Per fare ciò si rende indispensabile un breve excursus storico, necessario ad inquadrare i principali avvenimenti ed attori geopolitici. Operando una forte semplificazione iniziamo dal 2011, con lo scoppio delle prime rivolte in Siria volte a rovesciare il regime di Bashar al-Assad. A difesa del regime si schierano immediatamente Russia, Cina e Iran, mentre i ribelli vengono sostenuti da Turchia, USA, Francia, Regno Unito e dai paesi sunniti del golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar. A partire dal 2011 dunque comincia a crescere il numero degli sfollati interni alla Siria, in un contesto di guerra civile che diventa sempre più tragico, e in cui nessuno sembra riuscire a prevalere. Nel 2012 viene a costituirsi l’esperimento confederale democratico del Rojava, nel nord del paese, che prova a svincolarsi dalle dinamiche del conflitto, non appoggiando né il regime di Assad né la lotta armata dei ribelli. Il 2015 risulta un anno fatale, in quanto dopo quattro anni di conflitto in Siria 11 milioni di persone avevano dovuto abbandonare le proprie abitazioni e di queste quasi 4 milioni lasciarono il paese. Si venne così a creare un’imponente ondata migratoria che portò in Europa, tra Grecia e Italia oltre un milione di profughi, la metà dei quali provenienti dalla Siria. La risposta dell’Unione Europea fu quella di stanziare 6 miliardi di euro (dilazionati in tre rate) a Erdogan affinché chiudesse le frontiere ed impedisse il passaggio di ulteriori persone migranti. Nonostante non siano mai stati effettuati reali controlli su come il sultano turco abbia effettivamente utilizzato quei soldi, la situazione sembrava essere stata contenuta e i flussi migratori lungo quella specifica rotta sono drasticamente diminuiti. Il problema è che la guerra civile siriana non si è mai placata e la Turchia ha accolto sul suo territorio 3 milioni di profughi. Ad ottobre del 2019 Erdogan ha invaso il Rojava, con l’obiettivo di creare una zona cuscinetto in cui creare campi profughi e collocare i richiedenti asilo presenti in Anatolia. A seguito di questo attacco anche Assad è tornato con una furia spietata a combattere i ribelli e i gruppi jihadisti, supportati dalla Turchia, nella regione nord occidentale della Siria, precisamente a Idlib, ultima roccaforte di milizie anti governative, provocando la fuga di quasi un milione di persone verso il confine turco. Erdogan in risposta ha rafforzato la presenza di militari turchi sul territorio siriano, e come se non bastasse a condurre offensive nei confronti dell’esercito di Assad e dei suoi alleati russi. Il 27 febbraio una postazione turca è stata bombardata, provocando la morte di 34 militari turchi. Erdogan si trova dunque ora a condurre una doppia offensiva: contro i curdi nella regione nord orientale e contro il regime di Assad nella zona nord occidentale. Di pochi giorni fa è la notizia che egli avrebbe invitato tutti i migranti presenti sul territorio turco ad avviarsi verso l’Europa, con la promessa che gli avrebbe lasciati passare. A questo punto restano pochi dubbi: Erdogan sta usando le persone migranti come moneta di scambio per ottenere una posizione di forza nei confronti dell’Unione Europea.
Gli ultimi avvenimenti si inseriscono in una cornice istituzionale che ha inizio con la nascita dell’UE. Nel 1993, con il trattato di Maastricht, si è reso comunitario l’accordo di Schengen del 1985, che diventa quindi parte integrante della costruzione europea, mutilata di un profondo processo di ingegneria costituzionale, ed è, ad oggi, uno dei capisaldi del pensiero del vecchio continente, che si traduce in una duplice concezione di frontiere: aperte tra gli Stati membri (soprattutto per la circolazione di forza lavoro) e fortemente chiuse e militarizzate verso l’esterno. Questi sono stati i presupposti per la nascita della cosiddetta ‘fortezza Europa’.
È quindi importante sottolineare come la gestione dei confini e delle relative politiche migratorie odierne abbiano come punto di partenza il primo trattato UE. Essendo l’accordo di Schengen un elemento cardine, quando si rivolgono critiche alle politiche migratorie promulgate dagli stati membri e dalle istituzioni comunitarie è impossibile non porre una condanna feroce nei confronti dell’intero apparato dell’Unione Europea, che ha dimostrato la precisa volontà politica di limitare la libertà di movimento delle persone. Sulla base di questi presupposti sono stati conclusi diversi accordi di respingimento nei confronti dei migranti. Tra questi, frutto di questa impostazione securitaria, esiste l’accordo UE-Turchia, fortemente voluto dalla cancelliera Angela Merkel nel 2015, attraverso l’erogazione di 6 miliardi a Erdogan, come spiegato sopra. Un patto che ha permesso al sultano turco di ottenere ingenti risorse economiche non vincolate e ai governanti europei, nonché all’opinione pubblica, di trattare in modo diverso la questione migratoria. Infatti non si è mai discusso nel concreto di come veramente le persone possono arrivare in Europa. Solo chi ha soldi o ha la possibilità di vivere in uno Stato che può dargli il visto può venire nel continente altrimenti è costretto a venire irregolarmente. Un altro aspetto importante è che lo stato turco è considerato dalla legislazione comunitaria come “paese terzo sicuro” e quindi può accogliere e gestire in maniera autonoma e ottimale, almeno secondo le istituzioni europee, le richieste di asilo.
Un altro accordo di contenimento, sempre nella stessa logica di esternalizzazione delle frontiere, è quello tra Italia e Libia, avallato dall’UE nel 2017 e stipulato dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, in forza al Partito Democratico. Questo concordato permette di far deportare le persone appena scappate dalla Libia e spiana la strada ai trafficanti di esseri umani che lucrano sulla vita dei migranti e li lasciano morire nei lager di cui tutti, ormai, conosciamo l’esistenza.
Tutto questo per dire come invocare l’Unione Europea come salvatrice dei diritti umani sia una cosa vana e ingenua. È essa stessa artefice del disastro umanitario ora presente, non solo in Grecia ma in tutto il territorio europeo, ed è sbagliato dire che è un’entità istituzionale che è morta in Grecia negli ultimi giorni, semplicemente perché, in realtà, non è mai nata. Un progetto politico federale europeo che abbia al centro i bisogni reali delle popolazioni europee non è mai stato previsto né tanto meno elaborato. L’UE è sì un gigante economico, ma un nano politico, un’entità nata con il solo scopo di tutelare le dinamiche di mercato che accentrano le ricchezze nelle mani di pochi a scapito di molti. Basta ricordare, sempre riguardo alla Grecia, la gestione del suo debito negli ultimi anni. L’UE, dunque, è la vera responsabile di quello che sta succedendo al confine greco-turco e ha le mani sporche del sangue dei migranti che muoiono nel Mediterraneo, nell’Egeo, nei campi profughi e negli hotspot come quello di Moria, dove le condizioni di vita sono a tal punto critiche che perfino i bambini si tolgono la vita. Come se non bastasse, le istituzioni europee non stanno muovendo un dito per fermare l’onda nera creata dai movimenti nazifascisti di tutto il continente e che sta convergendo a Lesbo per fermare gli approdi sui nostri confini, dare la caccia ai migranti in fuga e ostacolare l’operato dei solidali che si sono mobilitati per aiutarli a sopravvivere. Questa Europa non ci rappresenta, questa Europa è un’assassina ed è per noi un nemico da abbattere come lo sono le frontiere.”
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