L’onda lunga della repressione – Arrestato in Francia Andrea

Arrestato oggi in Francia dai Carabinieri un militante italiano condannato anche per gli scontri del Primo Maggio 2015.

E’ sempre estremamente difficile seguire le conseguenze che scaturiscono sul piano penale da giornate di conflitto di piazza. Gli anni passano, le realtà politiche si evolvono o cessano di esistere, avviene un ricambio generazionale (o più ricambi) tra i militanti e così via. Purtroppo però, capita spesso che lo Stato, la cui memoria è lunghissima, presenti il conto anni dopo i fatti contestati.

Ci tocca quindi leggere oggi nelle pagine dei giornali mainstream dell’arresto eseguito in Francia su mandato di cattura internazionale di Andrea “Casper” Casieri. Leggendo di un’operazione del genere il lettore sarebbe portato a pensare a chissà quali gravissimi reati siano stati contestati ad Andrea. L’immaginazione va immediatamente ai militanti della lotta armata italiana rifugiatisi in Francia negli anni Ottanta grazie alla dottrina Mitterrand. E invece no! I reati contestati sono molto più “banali”: resistenza e violenza a pubblico ufficiale e travisamento. Ordinaria amministrazione insomma. Per rimpolpare gli articoli e fare un po’ di colore si citano i fatti del Primo Maggio NoExpo del 2015 per i quali Andrea ha subito una carcerazione preventiva ed è stato condannato, ma con la caduta in appello del pesantissimo reato di devastazione e saccheggio.

Cercando di leggere tra le righe di quello che sembra a tutti gli effetti il copiaincolla di una velina dell’Arma dei Carabinieri sembra di capire che l’ordine di carcerazione, partito nel 2021, sia dovuto alla sommatoria (4 anni e 9 mesi di carcere) di alcune condanne diventate definitive per fatti di piazza che vanno dal 2010 al 2015, un periodo piuttosto caldo dal punto di vista delle mobilitazioni di piazza in città.

Va ricordato che a seguito degli incidenti del Primo Maggio di sette anni fa, esclusi gli arresti in flagranza durante la giornata, fu avviata dalla Procura di Milano una gigantesca inchiesta giudiziaria con ben 45 indagati accusati a vari titolo di una quantità svariata di reati alcuni dei quali molto gravi come appunto devastazione e saccheggio o associazione a delinquere finalizzata agli scontri della giornata. Quell’inchiesta vide da un lato un gran numero di archiviazioni e dall’altro un’operazione di Polizia scattata all’alba del 12 novembre 2015 che portò all’esecuzione di 4 arresti in Italia (più uno irreperibile) e 5 in Grecia sempre in base al famigerato mandato di cattura internazionale. L’accusa era quella legata all’articolo 419 del Codice Penale: devastazione e saccheggio. Per quanto riguarda i militanti greci il loro paese dopo l’iniziale fermo non concesse l’estradizione poiché nel diritto greco la responsabilità penale è personale e non collettiva come previsto invece da un reato “concorsuale” come il 419. A seguito delle lievi condanne emesse in patria proprio per i fatti del 2015 in Italia i cinque greci sono stati prosciolti a Milano nel 2019. Il militante italiano risultato irreperibile durante l’ondata di arresti dell’autunno 2015 era stato anche lui arrestato in Francia nel giugno 2018 vedendosi contestato l’articolo 419 salvo poi essere condannato, nell’aprile del 2021, a “solo” 2 anni per il semplice reato di resistenza.

Come potete leggere voi stessi la vicenda giudiziaria legata al NoExpo è molto complicata ed essendosi divisa in mille rivoli, estremamente difficile da ricostruire. A questo vanno poi ad aggiungersi le decine e decine di procedimenti con centinaia di imputati messi in piedi a Milano tra l’esplosione dell’Onda nel 2008 e il 2015.

Va ricordato che, sempre in relazione alla Francia, tra pochissimi giorni la Corte di Cassazione di Parigi delibererà in relazione alla vicenda di Vincenzo Vecchi, uno dei condannati per i fatti di piazza del G8 di Genova del luglio 2001 per il quale l’Italia ha chiesto l’estradizione.

Per quanto riguarda la vicenda di Andrea cercheremo di racimolare maggiori informazioni nelle prossime ore.

* in copertina lo striscione appeso sul tetto del Tribunale di Milano durante il processo per i fatti di corso Buenos Aires dell’11 marzo 2006.

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