[DallaRete] Europa, costituzioni, sicurezza e diritto penale (del nemico). Appunti dal Convegno di Roma
Sempre nel quadro del contrasto da parte dello Stato del dissenso radicale nel paese e nel solco dell’approfondimento sul reato di devastazione e saccheggio riprendiamo un articolo di Globalproject sul Convegno tenutosi a Roma a metà Gennaio inerente proprio queste tematiche.
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Venerdì 15 si è tenuta una giornata di studio sullo stato d’eccezione come regola negli Stati d’Europa. Commento di Italo di Sabato e sintesi della relazione del costituzionalista Giovanni Russo Spena.
Gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 e la conseguente proclamazione dello stato d’emergenza intervengono tracciando un nuovo quadro alle modifiche delle leggi fondamentali in Europa. Non solo lo sviluppo e l’applicazione del diritto penale, ma le riforme costituzionali stesse assumono un nuovo significato se pensate ed attuate in un contesto di guerra: inevitabilmente tendono a tratteggiare il ritratto di un nemico, anche interno, che va distrutto per preservare lo statu quo ante e ripristinare l’integrità e supremazia dello Stato. Il conflitto sociale già sta sperimentando una situazione di questo tipo: la revivescenza di alcuni reati, primo tra tutti la devastazione e saccheggio e le imputazioni di terrorismo a carico di attivisti possono essere inquadrate nella cornice del “diritto penale del nemico”. Gli attivisti dei movimenti sociali quindi non sono più cittadini che forzano la legalità sfidando il codice penale, ma nemici della collettività da combattere e sconfiggere. I materiali prodotti nell’interessante giornata di studio Europa: dallo Stato di diritto allo stato d’eccezione stanno a poco a poco uscendo sul sito dell’ Osservatorio sulla Repressione. Riportiamo di seguito il commento di Italo di Sabato, animatore della giornata, e la sintesi dell’intervento del costituzionalista Giovanni Russo Spena che traccia le possibili linee di modificazione delle carte fondamentali nelle democrazie europee.
Sintesi della relazione di Giovanni Russo Spena
In queste note, che alludono alla torsione autoritaria dell’Unione Europea (dal “diritto comune europeo” del manifesto di Ventotene all’attuale “stato di eccezione permanente”) parto dalla marxiane critica dell’economia politica. Il capitale, infatti, permanentemente riorganizza lo sfruttamento rendendo più feroce il suo dominio. Riorganizzando, in direzione autoritaria l’intera società.
Dahl parla di fuga dalla democrazia che è nelle viscere della globalizzazione liberista. Il mercato assoluto, abbattendo la sovranità popolare, diviene esso stesso produttore di norme giuridiche. E’ il fondamento del contemporaneo sovversivismo dei ceti proprietari.
Lo “stato di eccezione”, in secondo luogo, è dentro l’escalation della guerra permanente. Guerre non convenzionali, dirette a massacrare le popolazioni, per motivi imperiali e geopolitici.
Le lobbies militari/industriali/poliziesche si integrano con le lobbies finanziarie globali. Tutti i paesi europei, non a caso, aumentano spese militari e, soprattutto, di polizia. I territori vivono un assedio permanente, retto dalla legge marziale ,in nome della “crociata antiterrorismo”. Le popolazioni sono costrette a rinunziare a diritti e libertà in nome della difesa della nostra presunta “civiltà”. Potremmo risalire all’art. 48 della Costituzione di Weimar del 1919 che, nella articolazione repressiva del concetto di “sicurezza”, fu fondamento giuridico del regime nazional-socialista.
Penso alle tecnologie securitarie, ai dispositivi biometrici, alle impronte digitali, alla videosorveglianza. È la deriva biopolitica del potere contemporaneo, che pretende non cittadini ma sudditi, corpi docili ed ordinati.
Siamo allo “stato del controllo”. All’Europa della deportazione dei migranti delle misure naziste della spoliazione dei beni dei migranti. Le galere etniche e i campi di concentramento diventano le nuove istituzioni frontaliere interne (anche come imbrigliamento e controllo della forza lavoro, nelle forme del “modello tedesco”). Cresce la recrudescenza autoritaria di tutte le segregazioni, che coinvolge migranti e movimenti anticapitalistici e border line. Nessuno si salverà da solo. Se permetteremo che esistano, girando lo sguardo dall’altra parte, campi di concentramento che recludono i migranti contribuiremo a costruire l’ingabbiamento anche del nostro antagonismo e della nostra critica del potere.
Vi è, mi pare, una stretta connessione tra la guerra come nuovo principio ordinatore e pratiche del controllo sociale diffusione del comando poliziesco sul territorio. I popoli, in un contesto di “rivoluzione passiva” (così l’avrebbe descritta Gramsci ),soggiacciono per lo più passivamente (o, peggio, con vandeane attitudini l lepeniste, leghiste, renziane, grilline) alla simbiosi tra scenari di guerra e immaginario indotto della “sicurezza”.
Nelle aree metropolitane il ghetto si militarizza e diventa prigione ed il carcere tracima nel territorio. Il rapporto tra statualità e cittadinanza è travolto dal populismo oligarchico ed autoritario. Per questo credo alla necessità di una campagna politica europea sull'”amnistia sociale” e sull’abrogazione di quell’insieme di norme vecchie e nuove (a partire dai reati fascisti di “devastazione e saccheggio”) che formano un arsenale repressivo dispiegato contro i movimenti (a partire dai “no Tav”).
Pestaggi, denunce, schedature di massa, fogli di via, domicilio coatto, Daspo, applicazione alle avanguardie di norme che erano state applicate solo a mafiosi. Le “zone rosse”, da Genova 2001 alla Val Susa sono considerate, dal governo, aree di interesse strategico nazionale, difese, quindi, da soldati e non solo da poliziotti.
Vi è un secondo tema di gravissima incostituzionalità. Sempre più spesso, nello spazio giuridico europeo, polizia e magistratura motivano azioni e condanne sulla base della cosiddetta “pericolosità sociale” di chi protesta. Vi è, cioè, un passaggio gravissimo dall’imputazione del reato alla imputazione del reo (come nel caso emblematico del migrante rinchiuso nelle galere etniche senza che abbia commesso alcun reato). Il diritto penale subisce, insomma, una torsione: da sistema giuridico fondato sulla responsabilità personale a sistema fondato sulla ragion di Stato.
Dobbiamo rivendicare il diritto di resistenza, basandone la legittimazione forte nella Costituzione, aprendo, finalmente, di fronte alle nostre coscienze troppo fievoli una critica radicale della società penale.
L’UE, dopo Parigi e Colonia, sta, strumentalmente, costruendo la base di massadello “stato di eccezione”.
La Francia, costituzionalizzando lo “stato di emergenza” si mostra con il volto di Hobbes. I socialisti francesi rivotano i crediti di guerra. Ricordo il precedente del regime di Vichy quando Petain, abrogando i decreti che avevano concesso la nazionalità francese agli ebrei, favorì la deportazione. Penso ai tribunali speciali istituiti per gli anarchici e i comunisti. Perciò temo l’assuefazione di massa ad un regime di semilibertà. Dovremo riflettere sulla connessione sempre più stretta tra conflitti, rivolte e lotte democratiche.
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