Amazon, rider e logistica. In arrivo una settimana di scioperi
Quella che inizia sarà una settimana di scioperi che coinvolgeranno i settori simbolo dell’economia di questo nuovo secolo, quel mondo del lavoro che qualcuno ha soprannominato il “Quinto stato dei precari” (Il Quinto Stato, Hernán Chavar).
Si inizia oggi con lo sciopero di Amazon, una novità a livello planetario perché a essere coinvolta sarà l’intera filiera della multinazionale americana: dai magazzini fino ai driver. Ai tempi in cui la FIAT era un colosso avremmo parlato dell’intero indotto. Sì, perché i lavoratori e le lavoratrici potenzialmente coinvolti/e saranno circa 40.000. Dimensioni ancora lontane da quelle fordiste del colosso torinese dell’auto dei tempi migliori, ma è evidente che, se la crescita del commercio online (favorita dalla pandemia) continuerà ai ritmi attuali, ben presto i numeri saranno simili o superiori a quelli dell’azienda degli Agnelli.
Lo sciopero Amazon, scaturito dalla rottura sul tavolo della contrattazione integrativa, è in qualche modo un azzardo. Ma un azzardo coraggioso. Questo perché è risaputo che il colosso di Jeff Bezos non ama i sindacati, ma anche perché, tranne alcuni magazzini come quello di Castel San Giovanni in provincia di Piacenza (già epicentro di alcuni scioperi), il livello di sindacalizzazione è ancora piuttosto basso. Difficile poi fare intervento sindacale nella giungla rappresentata dalle migliaia di driver che consegnano i pacchi Amazon con ritmi forsennati. A onor del vero, va detto che negli ultimi anni ci sono stati alcuni scioperi a macchia di leopardo che hanno coinvolto i driver su alcuni territori, ma è evidente che uno sciopero a livello nazionale ha tutt’altra portata.
I sindacati hanno anche lanciato un appello agli utenti Amazon perché solidarizzino con gli e le scioperanti. Ripreso da il Manifesto, riportiamo qui i passaggi più significativi:
“Scioperano le persone che, mai come in questo ultimo anno, ci hanno permesso di ricevere nelle nostre case ogni tipologia di merce in piena comodità. Quelli e quelle che consegnano i pacchi, quelli e quelle che ancora prima lo preparano per la spedizione. Un esercito composto da circa 40 mila lavoratori e lavoratrici che non si ferma mai. Quelli e quelle che hanno consentito il boom di ordini e conseguentemente portato alle stelle i profitti di Amazon. Lavoratori e lavoratrici indispensabili, così vengono continuamente definiti da tutti, ma come tali non vengono trattati. I driver che consegnano la merce arrivano a fare anche 44 ore di lavoro settimanale e molto spesso per l’intero mese, inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita né tanto meno quelli del traffico. Si toccano punte di 180, 200 pacchi consegnati al giorno. Dentro i magazzini si lavora 8 ore e mezza con una pausa pranzo di mezz’ora, ma nessuna verifica dei turni di lavoro, nemmeno nei magazzini di smistamento. Nessuna contrattazione, nessun confronto sui ritmi di lavoro e per il riconoscimento dei diritti sindacali. Nessuna clausola sociale né continuità occupazionale, per i driver, in caso di cambio fornitore. Nessuna indennità contrattata per covid-19, in costanza di pandemia. È una questione di rispetto del lavoro, di dignità, di sicurezza per loro e per voi. Per vincere questa battaglia di giustizia e civiltà abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le clienti e i clienti di Amazon”.
Ma non è finita. Se la settimana si apre con uno sciopero simbolicamente importante come quello Amazon, si chiude venerdì 26 con uno sciopero altrettanto emblematico, quello dei rider, e anche qui si parla di una mobilitazione di respiro nazionale. Sembra passata un’era geologica dal primo sciopero dei rider di Foodora a Torino nell’ottobre 2016. Quell’incredibile sciopero ebbe la capacità di alzare il sipario su un mondo fatto di sfruttamento selvaggio e abusi continui, quello delle piattaforme di delivery. Da lì è partita un’onda lunga che ha portato a un crescere costante di mobilitazioni, che ha toccato l’apice l’anno scorso, al tavolo rider a Roma convocato dal Governo e anche a tante inchieste della magistratura, soprattutto milanese, sui vergognosi episodi di sfruttamento e caporalato.
Le piattaforme, nella loro arroganza, stanno tentando in tutti i modi di vendere cara la pelle per non riconoscere ai lavoratori gli elementari diritti di base. Per questo hanno inventato il vero e proprio “contratto bidone” firmato tra Assodelivery e UGL. C’è da dire, però, che il fronte padronale si è rotto con l’annuncio dell’intenzione di Just Eat di assumere i propri ciclofattorini. Nel vergognoso e pavido silenzio della politica istituzionale, la riuscita dello sciopero di venerdì potrebbe essere un passaggio decisivo per dare un’ulteriore spallata alle piattaforme nella concessione dei diritti ai lavoratori. Del resto si sa, soprattutto in Italia i diritti si conquistano a spinta.
Ultimo, ma non ultimo per importanza, lo sciopero della logistica convocato da Si.Cobas e Adl Cobas, i cui due scopi sono opporsi al peggioramento del contratto nazionale e contrastare l’ennesima operazione repressiva contro le lotte nel campo dei corrieri messa in campo, questa volta, dalla Procura di Piacenza. La logistica è da ormai più di un decennio un vero e proprio campo di battaglia, agitato da lotte durissime e che meriterebbero un’analisi e una narrazione completa ed esaustiva per vedere riconosciuta la dignità di migliaia di lavoratori e lavoratrici, ma prima di tutto esseri umani.
Nella palude del draghismo qualcosa, anzi molto, si muove. Cercheremo di seguire tutte le vicende.
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