Il Ministero della Sanità alla Regione: 120 giorni per riformare la sanità lombarda
Mentre nella giornata di ieri la Lombardia raggiungeva i 24.165 morti per Covid (un migliaio meno dei morti totali della Germania coi suoi 83 milioni di abitanti) una notizia è passata sostanzialmente sotto silenzio: il fatto che il Ministero della Salute abbia mandato una comunicazione al Governatore Fontana e alla sua giunta nel quale viene segnalato che la Regione ha 120 giorni per modificare l’ormai famigerata riforma Maroni della sanità lombarda del 2015.
Come MilanoInMovimento, già cinque anni fa, ovvero in tempi non sospetti, scrivevamo in modo assai critico verso la riforma voluta dall’ex-Presidente leghista.
Il “modello lombardo” non ha retto alla prova dei fatti ed è stato travolto dalla pandemia con un livello di mortalità mostruoso.
Ormai abbiamo imparato a memoria tutti i difetti e le falle del nostro sistema sanitario, ma giova ricordarli perché sono elementi fondamentali che la dicono lunga sulla mentalità di fondo che guida la nostra società: la salvaguardia, costi quel che costi, del profitto.
-Abbiamo un servizio sanitario che è composto da sanità pubblica e privata convenzionata e accreditata. Il 40% della spesa sanitaria pubblica corrente in Lombardia va alle strutture private. La sanità privata quindi si convenziona con quei settori della medicina che danno più alti profitti. Non è interessata a gestire dipartimenti d’emergenza e pronto soccorsi.
-Mentre per la sanità privata la prevenzione è un “avversario” perché gli sottrae malati per quella pubblica è un risparmio di spesa. Ma nonostante questo, negli ultimi 20 anni, la sanità pubblica lombarda ha avuto gli stessi paradigmi e obiettivi di quella privata. E’ quindi stata distrutta la sanità territoriale.
–In Lombardia, secondo le leggi, dovremmo avere 200 USCA, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale che avrebbero dovuto seguire a casa le persone. Al momento ne abbiamo meno di 50. A Milano ne dovremmo avere 27, ma non arriviamo a 10. E’ chiaro che allora i pazienti vanno in pronto soccorso. E’ evidente che, in caso di epidemia, un sistema basato solo sulla gestione ospedaliera e non su quella diffusa sul territorio collassa.
Per riassumere e sintetizzare le patologie della sanità lombarda sono state e sono:
-le privatizzazioni.
-l’aver centrato la medicina sulla cura e non sulla prevenzione.
-l’aver devastato la sanità territoriale.
Da ormai più di 20 anni la sanità è un vero e proprio feudo della destra in Regione.
Prima regno incontrastato di Formigoni e di CL e successivamente, una volta crollato l’impero formigoniano, della Lega.
Una sorta di maccanismo infernale che produce profitti e consenso politico e che è difficilissimo mettere in discussione.
Ecco perché, nonostante una petizione in cui i cittadini e le cittadine lombarde chiedevano di commissariare la sanità e che ha raggiunto l’incredibile quota di 100.000 firme raccolte, il Ministro Speranza non ha ritenuto di passare all’azione commissariando il moloch lombardo. La lettera di questi giorni però, nonostante tutto, è un segnale evidente. Un segnale cui Fontana, in evidente difficoltà sul quel fronte dove è pressato dalla rabbia dei lavoratori e dall’insoddisfazione di chi amministra i territori (in moltissimi casi sindaci del suo stesso partito), ha risposto in modo tutto sommato moderato promettendo collaborazione.
In un interessante articolo del Fatto Quotidiano del 14 dicembre viene spiegato che la discussione attuale in Consiglio regionale verte sul nodo delle tariffe. A ogni prestazione infatti corrisponde una tariffa. Le tariffe lombarde sono molto vecchie e spesso incoerenti rispetto alle richieste della popolazione. E’ evidente infatti che se il rimborso per una prestazione è basso la sanità privata, che gioca un ruolo da protagonista in Lombardia, non avrà interesse a offrire quella prestazione mentre, al contrario, se il rimborso è alto, ci sarà un’eccesso di offerta di interventi spesso superflui e inutili.
A fine novembre, Radio Lombardia e FanPage hanno rivelato quali sarebbero le linee guida dei diversi gruppi di lavoro che sono stati messi in campo per ridisegnare la sanità. Sarebbe comunque in corso una ripensamento complessivo di tutto il sistema.
Ve però detto che, senza una mobilitazione dal basso (di cui alcune scintille si sono viste in questi giorni con i blitz davanti alle strutture e lo sciopero del San Paolo-San Carlo) sarà molto difficile assistere a un cambiamento radicale del paradigma che ci guida da circa 25 anni. Il rischio concreto, citando “Il Gattoprado” è cambiare tutto perché nulla cambi.
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Urgente assunzione di nuovo personale per le USCA e per il funzionamento migliore dei Dipartimenti di prevenzione Asst. Senza gambe nessuna proposta può andare avanti. Né per tracciamenti , né per cure domiciliari immediate. Usare soldi UE per questo e rendere stabile personale assunto.