Milano, l’allarme sicurezza e i problemi sociali mai affrontati

“Allarme sicurezza”, una scena già vista.

Esattamente un anno fa aprivamo il 2021 con un articolo intitolato “Non succede più niente” dedicato alla siderale distanza tra il senso di insicurezza percepito da una parte della cittadinanza e i dati reali sulla criminalità che parlano di un calo costante dei reati in corso da molti anni. In quell’articolo, in qualche modo, smontavamo la frase fatta “Milano era meglio prima” tanto cara alla memoria selettiva di molti cittadini milanesi ricordando, dati alla mano, come la nostra metropoli, tra gli anni Settanta e gli anni Novanta fosse una città realmente violenta rispetto a quella relativamente pacificata di oggi.

Gli episodi di inizio 2022 sembrerebbero, a prima vista, smentire quell’articolo.

Abbiamo, in rapida successione assistito a:

Le terribili aggressioni di genere avvenute a Capodanno in piazza Duomo e zone limitrofe ai danni di molte ragazze e su cui Non Una Di Meno Milano ha preso parola scrivendo tra l’altro:

La violenza di genere è pervasiva, sistemica, strutturale: il 31,5% delle donne in Italia ha subito violenza e il 70,5% dei femminicidi avviene in ambito familiare. Palpare, molestare, violare è ancora considerata goliardia se sei italiano, occidentale, cristiano e bianco. Violenza se invece non lo sei. La cultura dello stupro è una cosa seria e riguarda tutt_: pretendiamo educazione all’affettività, sessuale e al consenso nelle scuole, nelle comunità per giovani, nei tribunali, negli ospedali, in tutti i luoghi istituzionali e di socialità.

La sparatoria dell’8 gennaio in piazza Monte Falterona, zona San Siro, a pochi passi dallo stadio per motivi ancora poco chiari che ha portato all’arresto di un 51enne italiano e al ferimento di un 29enne di origini egiziane.

I giornali si sono buttati sulla succulenta notizia mescolando storie di spaccio, storie di rap e scontro tra diverse generazioni criminali per il controllo della zona quando ancora la dinamica dell’accaduto non è per nulla spiegata.

Ormai sparare a zero su San Siro è diventato una sorta di “moda” per i media mainstream soprattutto dopo i fatti dell’aprile 2021 dove l’intervento in forze della Polizia per disperdere coloro che stavano partecipando al girato di un video musicale tra le strade attorno a piazza Selinunte aveva scatenato la reazione di giovani e giovanissimi finita in prima pagina sui giornali con tanto di perquisizioni di massa.

-L’ultima vicenda invece è del week-end scorso ed è accaduta in viale Coni Zugna (zona Darsena) con lo strano scontro tra un vigile in borghese armato di Beretta d’ordinanza col colpo in canna e un gruppo di ragazzi.

Gli uomini in borghese della Polizia Locale sarebbero stati due in missione di controllo anti-movida viste le lamentele dei cittadini contro un gruppo di ragazzi intenti a vandalizzare delle macchine. Secondo la Locale il vigile circondato dai ragazzi avrebbe prima esploso un colpo in aria e poi, durante l’aggressione, un altro colpo (che fortunatamente non ha colpito nessuno) sarebbe partito accidentalmente. Alcuni dei ragazzi identificati però sostengono che l’agente non si sia qualificato e che l’aggressione altro non fosse che un tentativo di disarmare una persona armata non identificata come tutore dell’ordine. Ad avvallare questa ipotesi sarebbe il fatto che in realtà non ci sarebbe stato nessun pestaggio, ma una volta disarmato il vigile, la pistola sarebbe stata buttata sotto una macchina e i ragazzi scappati via.

Tutte queste vicende sommate ad alcune di questa estate accadute in tra le Colonne di San Lorenzo e la Darsena hanno scatenato il dibattito.

La Lega, uscita sconfitta dalle elezioni dello scorso autunno con poco più del 10% dei voti, si è buttata sulla questione come già aveva fatto per la vicenda di Macao e di viale Molise indicendo un presidio (a dire il vero assai poco partecipato) davanti a Palazzo Marino il 17 gennaio chiedendo le dimissioni dell’Assessore alla Sicurezza Granelli.

Va ricordato che proprio nel mese di gennaio del 1999 una serie di omicidi ravvicinati a Milano diede il via alla politica della “tolleranza zero” che tantissimi danni avrebbe prodotto negli anni a seguire.

articolo de La Stampa del 9 gennaio 1999

articolo de La Stampa dell11 gennaio 1999

Al momento la strategia della Lega di monopolizzare a livello di consensi la situazione come era successo 23 anni fa e come si è ripetuto, più o meno nello stesso modo negli anni successivi, sembra fallita, ma la discussione è aperta.

Il Sindaco Sala durante la seduta del Consiglio Comunale dello stesso giorno ha cercato di barcamenarsi dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Ha dichiarato che: “…il tema della sicurezza non è politico” quando invece è vero proprio il contrario e cioè che il tema della sicurezza è molto politico e dipende sempre da che lato lo si affronta. E in secondo luogo, tanto per cambiare, ha posto l’accento sull’aspetto muscolare e militare della situazione parlando dell’assunzione di 500 nuovi vigili e dell’installazione di nuove telecamere.

Sulla questione della Polizia Locale e del suo ruolo in città ci sono posizioni discordanti. Negli anni del centrodestra si è assistito a un percorso di militarizzazione del corpo con la creazione addirittura di squadre in funzione antisommossa. In una recente dichiarazione l’avvocato Mazzali, Assessore alla sicurezza del Municipio 9, sul tema dei vigili ha però dichiarato: “…più che a reprimere i reati a cui, appunto, pensano le Forze dell’Ordine deputate, dovrebbero essere vigili di prossimità: i primi punti di riferimento per la gente”.

Tornando a Sala, nel suo intervento però un punto lo ha centrato quando ha dichiarato che:

La pandemia ha avuto conseguenze sanitarie, economiche e sociali. Queste ultime, in particolare, sono le più sottovalutate. Perché, specie tra i giovani, la sospensione della vita comunitaria e il prolungamento dell’isolamento ha prodotto enormi danni. 

Niente di più vero.

Come non ci stanchiamo mai di ripetere, di fronte alla narrazione autocompiaciuta della Milano metropoli di successo internazionale ci sono ampi settori della città sostanzialmente abbandonati a loro stessi dove la pandemia non ha fatto altro che accelerare una situazione di crisi e disagio già pesantemente presente.

Ci sono quartieri dove intere fasce giovanili vedono con sospetto (per usare un eufemismo) le divise perché sono sempre e solo l’unico modo in cui le autorità e lo Stato si palesano in quelle zone.

Quindi, oltre a parlare dei problemi: il disagio delle periferie e l’aumento delle diseguaglianze, sarebbe forse il caso di iniziare a fare qualcosa per risolverli.

Come si dice…le chiacchiere stanno a zero.

 

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