Convegno sionista annullato, attacco alla democrazia o calcolo politico?

Molto ha fatto discutere ieri l’annullamento del convegno “L’unica democrazia del Medioriente. Israele fra storia e diritto internazionale” che avrebbe dovuto tenersi in Statale il 7 maggio. La notizia si è conquistata pagine e pagine sui social con alte grida su una supposta “fine della democrazia” e altre amenità a cui siamo ormai abituati. Poi, lentamente, con la presa di parola del Rettore e della stessa Questura, ci si è resi conto che, letteralmente, gli organizzatori avevano fatto tutto da soli: convocato il convegno per poi cancellarlo. Ma tanto le prime pagine dei giornali erano conquistate. Ed era questo l’importante. Del resto secondo alcuni nelle società occidentali bisognerebbe permettere a Israele di fare tutto quello che vuole senza proferir parola, pena essere definiti antisemiti, una definizione ormai buona per qualsiasi cosa.

Qui la presa di posizione del collettivo universitario Rebelot che qualche settimana fa si era reso protagonsita dell’occupazione del Rettorato della Statale proprio in solidarietà col popolo palestinese.

Dall’inizio del massacro della popolazione civile palestinese le università sono state, globalmente, protagoniste di azioni e iniziative di forte solidarietà verso chi soffre la violenza coloniale perpetrata da Israele. Studenti e studentesse hanno infatti chiesto da subito di interrompere ogni complicità delle università con il progetto sionista: non un soldo, non una ricerca, non uno scambio con chi fa di un regime di apartheid la base della sua legittimità ad esistere. Le mobilitazioni sono scaturite dalla necessità concreta di interrompere la catena mortifera che lega gli atenei italiani alle industrie belliche e agli atenei israeliani.

I media e i politicanti hanno da subito tacciato le proteste studentesche come “antidemocratiche” e “antisemite”, facendo una grossa confusione tra la legittima contestazione di una ideologia politica genocida e paradigmi che evidentemente non ci potranno mai appartenere.

In questo clima si inserisce la notizia dell’annullamento di un incontro promosso dall’Associazione Italia-Israele di Savona, programmato per il 7 maggio in Statale. Da subito i sinceri democratici urlano all’attacco alla democrazia, al fascismo degli antifascisti, scadendo nel ridicolo e nella banalità di un copione trito e ritrito. Dov’era, chi attacca ora l* student* che manifestano, quando Israele bombardava scuole e ospedali? Ancora una volta denunciamo l’uso di due pesi e misure: da una parte chi protesta sbaglia sempre, dall’altra Israele può commettere un genocidio nel silenzio generale, può persino difendersi e raccontarsi come vittima nelle università.

Si può parlare veramente di “attacco alla democrazia” quando l’evento è stato annullato su pressioni della Questura e su timori politici delle istituzioni universitarie? Certamente ci sarebbero state contestazioni, l* student* avrebbero espresso con determinazione il proprio dissenso, ma la domanda dovrebbe essere un’altra: in un’istituzione pubblica che non riesce a prendere posizione davanti a un genocidio, fino a che limite si spinge questa fantomatica democrazia e libertà di parola?

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