“Aldo dice 26X1”, l’insurrezione di Milano
Se Milano è la città dove il fascismo è nato, Milano è anche una delle città che più ha contribuito al crollo del regime. Gli scioperi del marzo del ’43 nati alla FIAT di Torino si diffondono nel capoluogo lombardo e sono la campana a morto per Mussolini ed i suoi. Il 25 luglio il Gran Consiglio del fascismo rovescia il dittatore, ma la guerra prosegue a fianco della Germania nazista.
Nell’agosto del ’43 Milano viene ferocemente bombardata dagli Alleati.
L’8 settembre viene dichiarata la resa.
Le strutture dello Stato (tra cui l’esercito) collassano in preda allo smarrimento ed alla mancanza d’ordini.
Il Re e la sua corte si coprono di ignominia con la fuga di Pescara.
In questo desolante panorama di sfascio i tedeschi non stanno a guardare e dal pomeriggio del 10 settembre Milano viene occupata dalla famigerata divisione Leibstandarte Adolf Hilter delle Waffen SS. A metà settembre le SS si installano all’Hotel Regina ed iniziano la caccia ad ebrei ed antifascisti. Aldo Resega diventa Federale di Milano e viene fondata la tristemente nota formazione fascista Ettore Muti che verrà impegnata nella guerra anti-partigiana in Lombardia e Piemonte.
Se nazisti e fascisti si muovono, i combattenti per la libertà non stanno a guardare. Nascono i Gruppi d’Azione Patriottica (Gap) che tra la fine del ’43 ed i primi mesi del ’44 mettono a segno alcune azioni clamorose come l’eliminazione di Aldo Resegna e l’assalto alla Case del Fascio di Sesto San Giovanni. Azioni cui seguirono dure rappresaglie.
Nel dicembre del 1943 ci fu un lungo sciopero dei trasporti che paralizzò la città.
Nel marzo del ’44 scoppiarono nuovi scioperi nelle fabbriche.
Fu certamente il più vasto movimento di massa che abbia avuto luogo in Europa durante la guerra, nei territori occupati dai tedeschi.
Lo sciopero fu un indubbio successo politico, ma lasciò l’amaro in bocca in molti milanesi che vi avevano riposto aspettative insurrezionali. In aggiunta a ciò diverse operazioni poliziesche portarono al quasi totale smantellamento della rete gappista in città (cui seguì una sanguinosa scia di fucilazioni).
Moltissimi operai furono inoltre deportati.
L’arrivo di Giovanni Pesce da Torino diede nuova linfa al movimento partigiano con la formazione delle Sap (Squadre d’Azione Patriottica) organizzate soprattutto nelle grandi fabbriche come la Pirelli, la Breda, la Falck e la Marelli e costituite in gran parte da operai comunisti.
In difficoltà militare contro gli Alleati e colpiti dalle operazioni dei partigiani, i Nazisti, nell’estate del ’44 risposero con ferocia. L’episodio più noto è la fucilazione di 15 antifascisti in Piazzale Loreto il 10 agosto 1944, ma gli episodi di strage sono molti di più.
Il freddissimo inverno del 1944 fu durissimo per la Resistenza. Gli Alleati fermarono la loro avanzata, i rastrellamenti furono devastanti e così l’attacco alle zone liberate come la Repubblica dell’Ossola e quella d’Alba.
In città si susseguirono una scia di arresti, torture e fucilazioni.
Già nel febbraio del ’45 si evidenziava una ripresa con l’assalto simultaneo a colpi di mitra e bombe a mano di 22 sedi nazifasciste.
Ad aprile i tedeschi disponevano ancora di 9 divisioni nella Valle del Po per un totale di 100.000 uomini disposti a vender cara la pelle. La Repubblica Sociale, tra Guardia Nazionale Repubblicana, Brigate Nere, X MAS ed Ettore Muti disponevano di altri 100.000 uomini.
L’offensiva alleata riprendeva il 9 Aprile ed il 19 partiva l’insurrezione.
Di fatto, a Milano, la rivolta iniziò spontaneamente il 24 aprile. La prima vittima, a Niguarda, fu Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia, dei Gruppi di Difesa della donna.
Tra mezzogiorno e le prime ore del pomeriggio del 25 aprile tutte le principali fabbriche milanesi e sestesi vennero occupate dai vari sappisti che dovettero respingere puntate nemiche alla Motomeccanica, al deposito Atm di Viale Molise, alla Cge dove i fascisti, per intimorire gli scioperanti, fucilarono due patrioti davanti ai cancelli della fabbrica, e alla Om, dove giellisti, matteottini e garibaldini sostennero quattro ore di combattimenti.
Mentre Mussolini, con al mediazione del Cardinale Schuster, terrorizzato dallo spettro dell’insurrezione comunista, fuggiva da Milano venivano occupate le sedi dei giornali che venivano utilizzate per stampare le copie dei giornali del Comitato di Liberazione Nazionale.
Le colonne naziste (in fuga o in ingresso) furono attaccate con duri combattimenti a Ronchetto sul Naviglio, a Trenno, in via Novara, in viale Padova ed in corso Vercelli con molti morti e feriti tra gli insorti (ma anche tra gli occupanti).
Il 26 Milano era di fatto liberata.
Ingenti forze tedesche barricate nelle loro sedi si arresero il 28 aprile con l’arrivo in città delle grosse formazioni partigiane tra cui quella di Cino Moscatelli. Proprio il 28 si svolgeva in Duomo una grande manifestazione che festeggiava la Liberazione.
Il 29 i corpi di Benito Mussolini, Claretta Petacci e 15 gerarchi giustiziati a Dongo vennero portati e esposti in piazzale Loreto, dove alcune ore dopo fu fucilato anche Achille Starace. Lo stesso giorno gli Americani entravano in città trovandola, di fatto, già liberata.
I caduti per la libertà a Milano sono stati 2.800.
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Giusto cosi.. ma forse il lavoro non è finito….che tristezza