Una lenta guerra civile

Intervista a Mark Bray su Trump e il movimento Antifa USA.

Abbiamo chiesto a Mark Bray di commentare le recenti dichiarazioni di Trump contro il movimento Antifa in reazione all’omicidio di Charlie Kirk. Mark Bray è un ricercatore e attivista statunitense, autore di “Azione Antifascista”, https://www.redstarpress.it/mark-bray/ che abbiamo già intervistato per avere uno sguardo lucido e militante sulle trasformazioni della destra statunitense e dei movimenti sociali.

1) Dall’Italia, o meglio dalla periferia dell’Impero, osserviamo con estrema attenzione e crescente preoccupazione la situazione negli Stati Uniti. Nel contesto della crisi egemonica degli Stati Uniti e, più in generale, delle democrazie liberali occidentali, la leadership di Trump sta imponendo una svolta autoritaria interna molto pesante. Questo processo è diffuso anche in Europa, come abbiamo visto ad esempio nella repressione delle mobilitazioni di massa contro il genocidio in Palestina e l’opposizione sociale. Ma negli Stati Uniti sembra essere particolarmente grave, colpendo le stesse fondamenta della democrazia liberale, a cominciare dalla libertà di espressione. Puoi descrivere cosa sta succedendo?

Sì, è corretto. In breve, Trump e i suoi alleati stanno sfruttando la paura reale e l’indignazione di molti conservatori bianchi cristiani per un decennio di progressi sociali in termini di genere, razza, sessualità, ecc., nel tentativo di cancellare generazioni di vittorie (incomplete) ottenute dai movimenti sociali e di “rendere di nuovo grande l’America” riportandola a un passato immaginario in cui gli uomini bianchi cristiani detenevano il potere in tutti gli ambiti della vita. Non si dichiarano apertamente contro la democrazia in sé, ma affermano che “la sinistra” ha barato e rubato le elezioni e quindi, per salvare la democrazia, occorre distruggere “la sinistra”.

I movimenti sociali sono entrati nell’amministrazione Trump già indeboliti dalla repressione subita per il loro sostegno alla Palestina. Quella repressione è stata portata avanti sia da Repubblicani che da Democratici al potere.

2) L’inasprimento drastico delle politiche dell’ICE e poi l’omicidio di Charlie Kirk sembrano aver accelerato questo processo di regressione autoritaria. L’attribuzione della responsabilità della sua morte alla sinistra radicale, indipendentemente dal fatto che non ci siano certezze sul movente politico reale, ha portato Trump a classificare il movimento Antifa come “organizzazione terroristica.” Cosa ti aspetti da questo annuncio? Ci sono già stati provvedimenti persecutori (nelle scuole, università, luoghi di lavoro, spazi pubblici)?

È difficile dire cosa significhi davvero questo. Trump e altri leader repubblicani hanno fatto dichiarazioni simili diverse volte negli ultimi anni, in particolare durante le grandi mobilitazioni del movimento Black Lives Matter nel 2020, quando Trump cercò di attribuire quella che forse fu la più grande rivolta dagli anni ’70 ad “antifa”. Ma da tutto ciò non è scaturito nulla di concreto. Questo anche perché non esiste un meccanismo legale per designare ufficialmente gruppi interni come organizzazioni terroristiche. All’epoca sembrava un modo per Trump e i suoi alleati di mostrarsi come uomini duri, amanti dell’“ordine e legalità.” Questa volta potrebbe finire allo stesso modo, ma potrebbe anche andare diversamente. Il rischio, naturalmente, è che si crei una nuova categoria utile a sopprimere il dissenso in generale.

Quattro giorni dopo l’ordine esecutivo che etichettava “antifa” come “organizzazione terroristica”, il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha pubblicato una dichiarazione che condannava la violenza “allineata ad antifa”. In pochissimo tempo, quindi, hanno già iniziato ad allargare il significato del termine, trasformandolo in uno spauracchio utile a reprimere chiunque vogliano. In quella dichiarazione venivano attribuiti atti di violenza a individui senza un orientamento politico definito, classificandoli comunque come “violenza di sinistra.”

Inoltre, pare che la/il partner convivente del presunto attentatore sia una persona transgender. Se fosse stato un partner cis, nessuno avrebbe detto nulla, ovviamente. Ma la destra sta usando questo dettaglio per inserirlo nella propria campagna di demonizzazione, cercando di presentare le persone trans come membri di una setta nichilista, squilibrata e di estrema sinistra. Il figlio di Trump ha pubblicato un post parlando di “Trantifa”, per unire i due concetti (ovviamente, gli antifascisti non hanno problemi con le persone trans, ma l’obiettivo è incitare alla violenza contro di loro).

Ci sono stati casi di persone licenziate o sanzionate per aver criticato il famoso suprematista bianco Charlie Kirk o per non averlo commemorato “come si deve”. È tutto molto assurdo e profondamente inquietante.

3) Qual è la situazione attuale del movimento Antifa negli Stati Uniti? Esiste qualche forma di organizzazione che coordina il movimento? E che potrebbe essere soggetta direttamente alla repressione?

Poiché l’estrema destra ha in gran parte (con poche eccezioni marginali) rinunciato al suo obiettivo di stabilire una presenza nelle strade come aveva fatto nel 2017 con il raduno “Unite the Right” a Charlottesville, anche la presenza pubblica dei gruppi Antifa è in gran parte scomparsa. La destra ha trovato il proprio spazio — anche se non senza conflitti — all’interno del campo di Trump. Quindi, mentre i gruppi Antifa esistono ancora e sono attivi, ad esempio nella ricerca e nel monitoraggio dell’estrema destra, non hanno più la stessa visibilità pubblica. Questo rende ancora più assurdo il fatto che Trump li prenda di mira, visto che “antifa” non è nei titoli dei giornali da anni ormai.

Alcuni gruppi partecipano al Torch Network, ma molti altri no. È una rete che serve più che altro al coordinamento, ma suppongo che Torch e i suoi capitoli possano essere presi di mira.

4) Qual è la reazione dei movimenti Antifa e dei settori progressisti in generale al clima creato da MAGA e Trump?

C’è naturalmente molta preoccupazione, ma non è del tutto chiaro cosa fare. Ci sono state grandi manifestazioni. A livello locale, c’è stato molto attivismo contro l’ICE. Quello di cui ci sarebbe davvero bisogno è uno sciopero generale, ma la percentuale di lavoratori sindacalizzati non è alta come in altri paesi e la leadership sindacale non è abbastanza radicale per fare questo passo.

L’antifascismo militante del dopoguerra è stato storicamente una politica e una strategia per fermare piccoli e medi gruppi di estrema destra prima che arrivassero al potere. Ma cosa fare quando al potere ci sono già arrivati?!? Non conosco alcun precedente storico davvero comparabile a questa situazione.

5) Visto dall’Europa, con le narrazioni mainstream sull’argomento, sembra che il progetto MAGA stia avanzando senza incontrare ostacoli nella società statunitense. È davvero così?

Non è del tutto vero. La resistenza contro l’ICE, ad esempio, è stata significativa in alcune città, come Los Angeles. Inoltre, diverse iniziative di Trump sono state bloccate, in tutto o in parte, dai tribunali. A differenza di molti liberali, non credo che i tribunali ci salveranno, ma per ora stanno almeno rallentando l’avanzata, anche se la Corte Suprema è palesemente dalla parte di Trump, come dimostrato dalla sua decisione che impedisce ai tribunali federali di emettere ingiunzioni contro politiche presidenziali.

Il Partito Democratico, nella sua maggioranza, cerca ancora di prendere il tè con i Repubblicani e insistere su un’illusoria “amicizia bipartisan”, mentre i Repubblicani progettano di distruggerli. Non sono una vera opposizione, anche perché la politica americana tradizionale ragiona in termini di cooperazione, non di opposizione.

Statisticamente parlando, ci sono state molte proteste, ma poche hanno superato il livello simbolico arrivando a interferire concretamente con l’avanzata della macchina fascista.

6) Alcuni commentatori della sinistra radicale statunitense definiscono già questo periodo storico come “gli anni di piombo americani”, riferendosi (come nella “Strategia della tensione” in Italia negli anni ’60 e ’70) all’uso della paura e del terrore per determinare uno spostamento a destra della società e rassicurare le élite e i miliardari. Qual è la tua opinione?

Probabilmente è ancora troppo presto per dirlo con certezza, ma potrebbe anche essere vero, almeno in parte. Per ora, però, la violenza armata proviene quasi esclusivamente dalla destra o da individui apolitici ma mentalmente instabili. Un mio amico, Jeff Sharlet, ha scritto un libro intitolato The Undertow: Scenes from a Slow Civil War. Penso spesso a quell’espressione: “guerra civile lenta”. È proprio questa la sensazione, ma la sinistra “mainstream” non se ne è ancora resa davvero conto.

La mia paura è che, in caso di vera emergenza — una crisi economica, un disastro naturale o un attentato — Trump possa usarla come un nuovo incendio del Reichstag (alcuni hanno parlato della sparatoria di Kirk in questi termini, anche se non ci siamo ancora) per instaurare una dittatura vera e propria. A quel punto, la guerra civile potrebbe non essere più così “lenta”.

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