Al Shifa Hospital, iniziano a circolare le testimonianze degli orrori. Persone giustiziate a sangue freddo e stupri

Il ferocissimo assedio ad Al Shifa Hospital sta andando avanti ormai da una settimana, con le truppe di occupazione sguinzagliate all’interno del complesso e cecchini, accompagnati da elicotteri militari, che prendono di mira chiunque cerchi di fuggire dal luogo.
Nel totale silenzio dei governi occidentali, israele ha trasformato un ospedale in una zona di morte e tortura dove fino a poche ore fa era impossibile sapere che cosa stesse succedendo, soprattutto a causa dell’incapacità persino per la Mezzaluna Rossa, di raggiungere il luogo accerchiato.
Lunedì 18 marzo, infatti, le forze israeliane pesantemente armate hanno assaltato l’ospedale per la seconda volta da ottobre, ma paradossalmente in maniera più feroce, violenta, sadica e priva di scrupoli, sparando contro migliaia di pazienti, personale medico e civili sfollati.

Il portavoce militare israeliano ha dichiarato che “terroristi anziani di Hamas stanno utilizzando la struttura per condurre e promuovere attività terroristiche”. Ma anche questa volta saremo certi che il governo di Nethanyahu non sarà interessato a diffondere le prove di queste accuse; questo perchè ormai è chiaro che gli ordini impartiti all’esercito d’istanza ora a Gaza, sono di diffondere il terrore e di soggiogare la popolazione civile. Bambin*, anziani, donne, persone bisognose di cure speciali, chiunque respiri a Gaza può essere eliminato in nome della guerra ad Hamas, e nemmeno gli ospedali o le sedi di organizzazioni umanitarie vengono risparmiati da tale logica.
Finora, il governo di Benjamin Nethanyahu ha ucciso almeno 32.226 palestinesi, per lo più donne e bambini, e ne ha feriti oltre 80.000.Sabato scorso, dopo cinque giorni di black out mediatico intorno a Al Shifa, alcune persone palestinesi sono riuscite a fuggire e a rilasciare le prime testimonianze oculari di ciò che stava succedendo: hanno affermato che i carri armati e i bulldozer corazzati israeliani fuori dall’ospedale sono passate sopra almeno quattro corpi e a tutte le ambulanze rimaste intatte.
Almeno 800 uomini, tra cui giornalisti e operatori sanitari, sono stati spogliati, legati, incappucciati e deportati in un luogo sconosciuto.
Non si conosce il numero di persone giustiziate sia dentro che nei pressi del complesso ospedaliero, ma tra di loro ci sono anche medici e infermieri che non ha voluto abbandonare i propri pazienti.

Jamila Al-Hissi, una donna palestinese rimasta per giorni intrappolata in un edificio confinante con l’ospedale Al-Shifa, ha rivelato resoconti strazianti sulle aggressioni portate avanti dalle forze israeliane contro le donne e i loro familiari; la testimone, le cui parole sono state riprese solo da alcuni media nel mondo arabo, ha dichiarato di aver assistito a scene di stupri e di uccisioni di donne sia nel complesso medico che nei suoi dintorni.  
C’è qualcosa di più terrificante che sentire le donne chiedere aiuto?” ha dichiarato a MME: “Quando abbiamo provato a raggiungerle, ci hanno sparato”.
Le hanno violentate, hanno rapito donne, hanno giustiziato donne, hanno tirato fuori cadaveri da sotto le macerie e hanno scatenato su di loro i cani per mangiarli.”
Ancora oggi, la portata dell’assedio militare a questo ospedale – uno dei più grossi di Gaza – non è misurabile.

Mentre si ergono le prime timide voci che chiedono chiarezza su ciò che sta succedendo all’interno e nei dintorni dell’ospedale, bisogna chiarire un dato: gli stupri e le violenze nei confronti delle donne in zone di guerra sono le armi più antiche in possesso dell’uomo.
Soggiogare, umiliare, spezzare le donne in zone di guerra non sono purtroppo pratiche nuove per gli ideali che rafforzano le file degli eserciti, dove il colonialismo e il patriarcato contribuiscono alla de-umanizzazione e alla sottomissione delle figure femminili presenti nel territorio che si occupa.

A proposito di ciò, riprendiamo le parole di Fatima (nome di fantasia), palestinese di Gaza:
“Come attivista femminista a Gaza, provo rabbia perché nessuno dall’estero ha parlato di quello che è successo.
Anche quando ho chiesto perché nessuno ne scriveva, mi è stato risposto: “Non abbiamo visto la notizia”.
È possibile che se fossi stata al posto di una delle donne ora a Gaza, e fossi stata sul punto di essere stuprata, nessuna delle istituzioni per i diritti delle donne avrebbe condannato o parlato apertamente del crimine di guerra che stavo subendo.
Perché lo stupro, si sa, è uno degli strumenti che maggiormente vengono utilizzati contro le donne – in tempo di guerra o di pace, in tutto il mondo; questo nel tentativo di umiliare, sottomettere, soggiogare coloro che sono in una posizione di vulnerabilità, incapaci di difendersi e ora anche incapaci di far sentire l’urlo di dolore in questa violenza.
Il mondo deve sorgere, il mondo deve sorgere. Chi porta avanti ideali femministi deve parlare ad alta voce e senza paura, chiedere che venga fatta chiarezza su questa vicenda e dare lo spazio a chi ha subito e assistito a questi stupri, riceva giustizia.
Non solo. A Al Shifa hospital stanno assassinando e deportando centinaia di persone, sia malate che personale medico. Anche questo sembra non scatenare una indignazione abbastanza forte che riesca a fermare la furia omicida dell’esercito sionista.
Se i governi dei paesi occidentali hanno deciso di voltarsi dall’altra parte, la nostra responsabilità è quella di denunciare a voce ancora più alta, il genocidio e il tentativo di soggiogamento del popolo palestinese di Gaza da parte del regime criminale sionista”.

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